La grana per Ursula
Von der Leyen, la Corte di giustizia condanna la Commissione Ue alla vigilia del voto: “Poco trasparente sui contratti dei vaccini Covid
Esteri - di Redazione
Alla vigilia dell’atteso voto del Parlamento europeo sulla riconferma alla guida della Commissione di Ursula von der Leyen, sull’esponente tedesca dei Popolari a caccia di un secondo mandato piove una grossa grana giudiziaria.
La Corte di giustizia europea ha infatti accolto il ricorso presentato da privati cittadini ed europarlamentari del gruppo dei Verdi contro il rifiuto opposto dalla Commissione alla richiesta presentata nel 2021 di avere accesso ai documenti firmati tra la Commissione stessa e diverse aziende farmaceutiche in merito ai contratti di acquisto dei vaccini contro il Covid-19.
Accesso che l’esecutivo europeo non aveva concesso al pubblico, se non in una versione parziale e ampiamente oscurata a suon di omissis. Troppo secondo il Tribunale dell’Ue con sede in Lussemburgo, che ha accolto parzialmente i ricorsi e annullato decisioni della Commissione nella parte in cui contengono “irregolarità”: infrazioni che riguardano in particolare le clausole dei contratti relative all’indennizzo, nonché le dichiarazioni di assenza di conflitto di interessi dei membri della squadra negoziale per l’acquisto dei farmaci.
L’esecutivo Ue è stato condannato dal Tribunale dell’Unione Europea a pagare le spese legali. La Commissione, si legge nel testo integrale della sentenza, “è condannata alle spese, comprese quelle relative alla versione iniziale del ricorso”.
La Corte Ue contro gli accordi segreti di von der Leyen sui vaccini
Entrando nel dettaglio, come riferisce l’Adnkronos che riporta ampi stralci della sentenza, la Corte di giustizia europea quanto alle clausole relative agli indennizzi sottolinea che il produttore è “responsabile” del danno causato da un difetto del suo prodotto e che la sua responsabilità “non può essere soppressa o limitata“, nei confronti del danneggiato, da una clausola esonerativa o limitativa di responsabilità.
La Corte rileva inoltre che nessuna disposizione della direttiva vieta ad un terzo di rimborsare gli importi pagati a titolo di risarcimento da un produttore a causa della difettosità del prodotto, ricordando poi che la ragione per la quale le clausole relative all’indennizzo sono state integrate nei contratti, vale a dire compensare i rischi corsi dalle imprese farmaceutiche connessi all’abbreviazione del termine di messa a punto dei vaccini, era stata avallata dagli Stati membri ed era di dominio pubblico.
I giudici del Lussemburgo scrivono poi che la Commissione von der Leyen non ha dimostrato che un accesso più ampio e trasparente alle clausole firmate tra Ue e aziende farmaceutiche avrebbe effettivamente nuociuto agli interessi commerciali delle imprese.
Per quanto riguarda la tutela della vita privata delle persone, invocata dalla Commissione per negare parzialmente l’accesso alle dichiarazioni di assenza di conflitto di interessi dei membri della squadra negoziale per l’acquisto dei vaccini, il Tribunale ritiene che i privati abbiano “debitamente dimostrato” il fine di servire l’interesse pubblico. Infatti, osservano i giudici, è solo in possesso dei loro cognomi, nomi e del loro ruolo professionale o istituzionale che i ricorrenti avrebbero potuto verificare l’assenza di conflitto di interessi.
La replica della Commissione
La Commissione europea ha replicato con una nota alle sentenze sottolineando di aver “dovuto trovare un difficile equilibrio tra il diritto del pubblico, compresi i deputati al Parlamento europeo, all’informazione e gli obblighi giuridici derivanti dai contratti” sui vaccini anti Covid-19, “che avrebbero potuto comportare richieste di risarcimento danni a spese dei contribuenti“.
L’esecutivo Ue rivendica il rispetto “dei principi di apertura e trasparenza” e “esaminerà attentamente le sentenze“, riservandosi “le proprie opzioni legali“, conclude la nota.