Il bis di von der Leyen

Meloni a un passo dal fallimento: così è crollata la strategia europea perseguita da oltre un anno

Giorgia è a un passo dalla sconfitta. Non una sconfitta come tante ne capitano in politica ma molto di più: il fallimento di una strategia perseguita da oltre un anno, lo sgretolarsi del risultato sbandierato infinite volte in comizi e interventi parlamentari

Politica - di David Romoli

17 Luglio 2024 alle 09:00 - Ultimo agg. 17 Luglio 2024 alle 10:02

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Meloni a un passo dal fallimento: così è crollata la strategia europea perseguita da oltre un anno

Giorgia è a un passo dalla sconfitta. Non una sconfitta come tante ne capitano in politica ma molto di più: il fallimento di una strategia perseguita da oltre un anno, lo sgretolarsi del risultato sbandierato infinite volte in comizi e interventi parlamentari. Insomma, la sfida europea. La premier non ha ancora deciso come voterà domani, quando il Parlamento europeo si esprimerà sulla candidatura di Ursula von der Leyen di nuovo presidente della Commissione. Sa che non votarla significherebbe ammettere che l’intera politica che mirava a spostare a destra l’asse di Bruxelles e anche ad assegnare proprio a lei un ruolo chiave è franata. Sa anche che votarla senza alcun risultato politico concreto da vantare sarebbe probabilmente anche peggio. Al momento è orientata per il voto contrario, sotto forma di astensione, che nel concreto non cambierebbe nulla, oppure di un voto apertamente contrario, che la metterebbe in linea con il grosso della destra europea ma in posizione subalterna rispetto ai leader “trumpiani”: Orbàn, Le Pen, l’amico/nemico Salvini.

Ieri FdI ha disciplinatamente votato a favore del nuovo mandato alla presidenza del Parlamento per Roberta Metsola, che dovrebbe restare in carica solo per due anni e mezzo e poi cedere il posto a un socialista. Ma in materia non c’erano mai stati dubbi. Metsola è stata plebiscitata con 562 sì su 699 votanti, un record. Aveva contro solo la candidata della Sinistra, Irene Montero di Podemos. Nessuno immaginava che ci fosse partita e infatti non c’è stata: ha raccolto solo 61 voti. Ma sarebbe un errore interpretare il voto di ieri come segnale in vista quello di domani, quando sarà il turno di Ursula. Sono tavoli distinti e senza punti di contatto. Ieri la delegazione dei Conservatori ha incontrato la candidata. “È stata un’ora molto intensa” ha commentato von der Leyen al termine e più non ha concesso. La reticenza nasconde un sostanziale fallimento. Le diverse delegazioni di Ecr, con la sola eccezione di quella più numerosa, FdI, aveva deciso in anticipo la propria posizione. I cèchi e i fiamminghi, 6 voti in tutto, appoggeranno la presidente uscente. Tutti gli altri, a partire al Pis polacco, avevano già stabilito di non votarla prima dell’incontro. In bilico c’era solo il partito italiano, che con 24 eurodeputati è il più numeroso tra i Conservatori. È rimasto in bilico ma ormai sbilanciato più verso il pollice verso.

Sul fronte immigrazione e sicurezza la candidata ha offerto tutte le rassicurazioni del caso. La linea sul tradizionale cavallo di battaglia della destra, il muro contro i migranti, combacia quasi alla lettera con quella di Meloni. Ma sul Green Deal, l’altro fronte essenziale per la destra quella interna al Ppe, la presidente non ha potuto fare alcun passo sostanziale gradito ai Fratelli tricolori. Ha evitato di parlare di “Patto Verde”, formula peraltro coniata dalla sua Commissione, ha assicurato che l’approccio sarà “pragmatico”. Ma sono solo parole. I Popolari hanno concordato l’appoggio dei Verdi e se Ursula si sbilanciasse con una retromarcia sostanziale quell’appoggio verrebbe meno. I Popolari, che erano partiti con il progetto di allargare la maggioranza Ursula a destra, cioè proprio a FdI, hanno cambiato strategia in corsa. In piccola parte perché i Verdi portano in dote il doppio dei voti di FdI, 50 contro 24. Ma soprattutto perché questo reclamavano i Socialisti e i Liberali, che hanno fatto delle porte chiuse in faccia alla premier italiana una pregiudiziale. Weber e von der Leyen si sono adeguati e per la leader di FdI votare a favore di quella che è stata negli ultimi mesi la sua principale alleata è diventato molto difficile. Proverà probabilmente ad aprire un varco trattando direttamente con Ursula, al telefono, ma le possibilità di successo sono limitate. Non per la estenuante partita sul “commissario di peso”, che ci sarà di sicuro perché l’Italia non può essere trattata come un Paese di serie b, ma perché mancano le contropartite politiche che potrebbero giustificare una divisione vicina alla rottura con il grosso della destra europea.

Grazie ai Verdi, von der Leyen dovrebbe contare su una ampia maggioranza. Solo i partiti di Ursula, Popolari Socialisti e Liberali, ne portano 399, più i 6 Conservatori già conquistati e i 50 Verdi. Ma la certezza non c’è e non ci sarà fino a scrutinio terminato. La candidata ha promesso qualcosa a tutti sperando di raggranellare più voti possibile. Ma in questo modo, se tutti (tranne i due gruppi della destra radicale) hanno qualcosa per cui essere soddisfatti, per tutti c’è anche qualche cosa di indigesto. Per i socialisti, e in particolare per il Pd, votare il programma della candidata sull’immigrazione non sarà facile. Per buona parte degli stessi Popolari sarà altrettanto doloroso votare un programma concordato con i Verdi. Ufficialmente lo faranno tutti. Ma il voto è segreto e la percentuale di franchi tiratori, a Strasburgo, è solitamente altissima comunque.

17 Luglio 2024

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