Parla Abu Salmiya
Gaza, torna libero dopo 8 mesi di carcere in Israele il direttore dell’ospedale al Shifa: “Prigionieri torturati”
Dopo una reclusione durata otto mesi, lunedì è stato rilasciato da una prigione israeliana Muhammad Abu Salmiya, il direttore dell’ospedale al Shifa di Gaza. Si tratta, o per meglio dire si trattava, della più grande struttura sanitaria presente nella Striscia: dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre scorso e la brutale offensiva israeliana, l’ospedale aveva di fatto smesso di funzionare tra bombardamenti e operazioni militari dell’IDF al suo interno.
Con Salmiya sono stati liberati altri 54 prigionieri palestinesi dalla prigione di Sde Teiman: la struttura, situata nel deserto ad una ventina di chilometri dalla Striscia di Gaza, è nota perché i suoi “ospiti” hanno da sempre denunciato che al suo interno vi siano stati torture e e abusi da parte delle forze israeliane.
Perché Abu Salmiya era stato arrestato
Di ritorno nella Striscia, intervistato dai reporter ancora presenti nel territorio controllato da Hamas, Abu Salmiya ha denunciato che durante la detenzione nella prigione di Sde Teiman gli è stato impedito di incontrare gli avvocati, mentre nessuna organizzazione internazionale ha fatto visita a lui o ad alcuno degli altri prigionieri in carcere.
Il direttore di al Shifa ha poi accusato le autorità di Israele di esser stato a tortura e privazione di cibo: sia lui che gli altri prigionieri non hanno ricevuti farmaci. Come riferisce Al Jazeera, Abu Salmiya ha denunciato che “molti prigionieri sono stati martirizzati nelle celle degli interrogatori” e “medici e infermieri israeliani picchiano e torturano i prigionieri palestinesi e trattano i corpi dei detenuti come se fossero oggetti inanimati”. “Ogni prigioniero ha perso circa 30 chili tra il cibo negato e le torture”, ha affermato aggiungendo che i detenuti “sono stati aggrediti quasi ogni giorno. Non abbiamo incontrato avvocati, né alcuna istituzione internazionale ci ha fatto visita”.
🚨Israel releases Shifa hospital’s Director, Mohammed Abu Salmiya, after 7 months of kidnapping & detention.
Releasing him without any charges or trial destroys Israel’s claim of al-Shifa being used as a Hamas headquarters for tunnels, weapons, hostage keeping & hiding leaders. pic.twitter.com/TspkAs4gWs
— Muhammad Shehada (@muhammadshehad2) July 1, 2024
Muhammad Abu Salmiya venne arrestato nel novembre dello scorso anno dall’esercito di Israele: venne fermato mentre stava viaggiando verso sud lungo il corridoio umanitario di Gaza. Secondo le autorità israeliane Abu Salmiya era a conoscenza e aveva permesso ad Hamas l’installazione di un centro di comando militare sotto l’ospedale che guidava.
L’esercito israeliano ha ripetutamente attaccato l’ospedale e ha condotto due lunghe operazioni militari al suo interno, una a novembre e una seconda a marzo: l’IDF aveva poi pubblicato dei video che avrebbero dovuto dimostrare la presenza di una base di Hamas nei tunnel sotto alla struttura, in realtà non sufficienti a dimostrare la presenza di una base così imponente da giustificare due operazioni che di fatto hanno costretto la struttura sanitaria a fermarsi e non prestare più soccorso ai civili palestinesi.
Lo scontro in Israele su Abu Salmiya
La liberazione di Abu Salmiya ha avuto come effetto quello di far deflagrare la polemica politica in Israele, in un “tutti contro tutti” che ha coinvolto governo, opposizione, esercito e Shin Bet, l’agenzia per i servizi di sicurezza israeliani.
Il premier Benjamin Netanyahu ha ordinato un’indagine sul rilascio del direttore dell’ospedale al Shifa, supportato dal ministro della Difesa Yoav Gallant, per tentare di placare l’ira del ministro della Sicurezza nazionale, l’ultraortodosso Itamar Ben-Gvir.
Quest’ultimo aveva infatti chiesto la testa di Ronen Bar, il capo dello Shin Bet. L’agenzia si è a sua volta difesa sottolineando come la scelta di liberare Abu Salmiya e gli altri 54 prigionieri palestinesi sia stata “forzata” per “la mancanza di spazio” nelle carceri israeliane e per la scelta di chiudere gradualmente l’uso del centro di detenzione di Sde Teiman.
Al tempo stesso ha ricordato di aver avvisato da molto tempo “in ogni consesso possibile sulla crisi carceraria e sulla necessità di aumentare il numero delle (celle) alla luce della necessità di arrestare i terroristi in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza”. “Sfortunatamente, queste richieste, inoltrate a tutte le parti interessate, primo fra tutti il ministro della Sicurezza nazionale, che ne è responsabile – ha spiegato lo Shin Bet riferendosi proprio a Itamar Ben-Gvir – sono rimaste inevase”.