La colpa di essere palestinesi
Il dramma dei medici di Gaza: arrestati, torturati e uccisi da Israele perché vogliono salvare vite
Le storie dei camici bianchi inghiottiti dalle carceri israeliane, massacrati durante gli interrogatori. Il reparto maternità del Nasser Hospital trasformato in una sorta di «stanza delle torture». La Bbc ha raccolto testimonianze, incrociato fonti e denunciato tutto all’Idf. Che nega
Esteri - di Umberto De Giovannangeli
Non avevano mai imbracciato un mitra. Salvavano vite umane. Ma erano palestinesi di Gaza, e dunque “terroristi” per nascita, anche se in camice bianco. Sono stati arrestati, torturati, uccisi. Alcune storie tragicamente emblematiche. Il dottor Iyad Rantisi, capo del reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale Kamal Edwan, nel nord di Gaza, è scomparso da mesi, da novembre. Alcuni suoi colleghi hanno riferito che è stato torturato in una prigione israeliana. Il quotidiano israeliano Haaretz ha scritto di essere stato autorizzato dalle autorità israeliane a pubblicare che il dottor Rants è morto in una prigione israeliana gestita dagli Shabak dove era stato interrogato una settimana dopo il suo arresto a novembre. Il dottor Iyad era in buona salute prima di essere arrestato.
Non è chiaro perché i militari israeliani abbiano continuato a nascondere la morte del dottor Iyad da novembre. Anche il dottor Adnan Albursh, primario di chirurgia ortopedica all’ospedale Al Shifa di Gaza, secondo diverse organizzazioni per i diritti umani, è stato ucciso nello stesso modo durante l’interrogatorio, ad aprile, nella prigione di Ofer, vicino a Ramallah. L’esercito israeliano ha bombardato la clinica Al Daraj a Gaza City e ha ucciso il capo dei servizi di emergenza e di primo soccorso di Gaza Hani Jafarawi. Più di 500 medici e operatori sanitari sono stati uccisi dall’esercito israeliano dal 7 ottobre. Più di 300 altri operatori sanitari sono stati arrestati e alcuni sono ancora detenuti dall’esercito israeliano. Così come sono un crimine di guerra i massacri alla scuola/rifugio Asma Unrwa nel campo profughi di Beach e a Bani Suhaila nella Striscia di Gaza: uccisi e bruciati 28 civili palestinesi, feriti 61, per lo più donne e bambini.
Altri racconti arrivano dai medici dell’ospedale Nasser, di Khan Yunis, a Gaza. Risalgono a febbraio, quando l’esercito israeliano ha fatto irruzione nella struttura ospedaliera — una delle uniche ancora funzionanti nella Striscia – con l’obiettivo di stanare i terroristi di Hamas e raccogliere informazioni sugli ostaggi rapiti il 7 ottobre dai miliziani palestinesi. «Mi hanno messo su una sedia ed era come una forca», ha detto alla Bbc Ahmed Abu Sabha, un giovane medico dell’ospedale. «Ho sentito il rumore delle corde, quindi ho pensato che sarei stato giustiziato. Dopo di che hanno rotto una bottiglia e il vetro mi ha tagliato la gamba e mi hanno lasciato sanguinare. Poi hanno iniziato a portare dentro altri medici. Sentivo i loro nomi e le loro voci», ha continuato il dottore, fornendo dettagli importanti per l’inchiesta dell’emittente inglese. Il dottor Abu Sabha ha raccontato sempre alla Bbc: “Ci hanno portato su un pezzo di terreno coperto di ghiaia, ci hanno costretto a inginocchiarci e a farci bendare gli occhi… C’era una fossa nel terreno e pensavamo che ci avrebbero giustiziati e seppelliti qui. Abbiamo iniziato tutti a pregare”.
I racconti continuano con dettagli raccapriccianti: sono stati picchiati sulle ferite che dovevano medicare, a uno dei medici hanno fatto indossare la museruola. Al dottor Abu Sabha gli è stata rotta una mano. C’erano circa 200 pazienti in cura, molti «costretti a letto», anche sei in terapia intensiva, secondo il direttore dell’ospedale, Atef Al-Hout. E, stando a diversi medici, 13 pazienti sono morti nei giorni successivi in una struttura in cui — non è possibile verificarlo in modo indipendente, precisa Bbc — mancavano anche la corrente e l’acqua. Sempre la Bbc ha ottenuto immagini girate nell’ospedale il 16 febbraio, il giorno in cui sono stati arrestati i medici, e mostrano persone messe in fila all’esterno, costrette a spogliarsi, a inginocchiarsi con le mani dietro la testa. Davanti ad alcuni di loro si vedono i camici dei medici. «Veniva colpito chiunque tentasse di muovere la testa o di fare qualsiasi movimento – ha denunciato Al-Hout – Li hanno lasciati per circa due ore in questa posizione vergognosa». La rete britannica ha avuto i nomi di 49 persone dello staff medico dell’ospedale Nasser che sarebbero state arrestate e di questi 26 sono stati fatti da più fonti, compresi medici sul campo, il ministero della Salute di Gaza sotto il controllo di Hamas, gruppi internazionali e famiglie dei `dispersi´. E il Comitato internazionale della Croce Rossa ha confermato alla Bbc di aver ricevuto decine di telefonate da persone che denunciavano di non avere più notizie di parenti, medici compresi, che erano al Nasser.
La Bbc precisa di aver indagato per settimane, di aver parlato con medici, infermieri, farmacisti e sfollati, di aver fatto controlli incrociati e di aver fornito dettagli delle denunce alle forze israeliane (Idf), che non hanno risposto direttamente alle domande sui racconti dei medici, né negato le accuse di maltrattamenti. Hanno negato sia stato fatto del male al personale medico nell’operazione. Nei racconti esce che il reparto maternità del Nasser Hospital è diventato una sorta di «stanza delle torture». Nascono senza riparo al freddo estremo, in luoghi di fortuna, spesso senza che le mamme abbiano potuto mangiare a sufficienza per allattarli. I neonati della Striscia di Gaza sono il grido di un’umanità allo stremo su cui ormai i medici in servizio nell’area devono operare scelte strazianti: “Dobbiamo decidere a quale bambino dare la priorità, quale salvare -racconta Aaliyah, dottoressa di Rafah-. Abbiamo 3 o 4 neonati per incubatrice, ad ogni turno due o tre di loro muoiono a causa di infezioni e della catastrofe sanitaria in corso a Gaza”. A raccogliere le testimonianze del personale ospedaliero della Striscia, l’organizzazione Action Aid: “Ci sono casi in cui è necessaria la respirazione artificiale – aggiunge Aaliyah- ma i dispositivi non bastano per tutti”. “Guardiamo i bambini che perdono la vita e non abbiamo nulla per aiutarli”, testimonia il dottor Ahmed Muhanna, direttore dell’ospedale Al-Awda. La dottoressa Ahaliyah, il dottor Muhanna. Salvano vite. Una colpa per chi ha trasformato Gaza nel più grande cimitero all’aperto al mondo.