Guerra in Medio Oriente
Che cos’è e cosa prevede la ‘pausa tattica’ annunciata da Israele nella Striscia di Gaza
Sono previste 11 ore al giorno di tregua ma il premier Bibi si scontra con l'esercito: "Avanti a Rafah". Intanto ieri, a causa dell'esplosione di un blindato dell'Idf, hanno perso la vita 11 soldati israeliani. Resta molto grave la crisi che ha colpito i civili palestinesi.
Esteri - di Redazione Web
Una finestra umanitaria di 11 ore al giorno, dalle 8 alle 19 locali (le 7 e le 18 in Italia), nell’area Sud di Gaza, fino a nuovo avviso, per consentire l’ingresso di aiuti umanitari nel territorio palestinese devastato da più di otto mesi di guerra e minacciato dalla carestia. La decisione è stata resa nota stamane all’alba dall’Idf e all’indomani della morte di 11 soldati israeliani, di cui otto nell’esplosione di una bomba nella Striscia e altri due oggi. La zona interessata è quella che va da Kerem Shalom, attraversando il sud di Israele e poi verso il nord del territorio palestinese attraverso la strada Salaheddine. La pausa, si legge in una nota dell’esercito, è stata decisa per consentire “un aumento del volume degli aiuti umanitari che entrano a Gaza” dopo discussioni con l’Onu e con le altre organizzazioni che hanno più volte fatto sapere che gli aiuti che entrano a Gaza attraverso il valico di Kerem Shalom sono molto difficili da trasportare e distribuire alla popolazione che non ha acqua, cibo e medicine, a causa dei bombardamenti e dei combattimenti.
La ‘pausa tattica’
Dal 6 maggio al 6 giugno, le Nazioni Unite hanno ricevuto una media di 68 camion di aiuti al giorno, secondo i dati dell’ufficio umanitario delle Nazioni Unite, noto come Ocha. Questo numero è sceso rispetto ai 168 camion al giorno di aprile e molto al di sotto dei 500 camion al giorno che i gruppi umanitari ritengono necessari. Il flusso di aiuti nel sud di Gaza è diminuito proprio mentre cresceva il bisogno umanitario. Più di un milione di palestinesi, molti dei quali erano già sfollati, sono fuggiti da Rafah dopo l’invasione, affollandosi in altre parti della Gaza centrale e meridionale. La maggior parte ora languisce in tendopoli fatiscenti, utilizzando trincee come latrine, con liquami a cielo aperto nelle strade. Il Cogat, l’ente militare israeliano che sovrintende alla distribuzione degli aiuti a Gaza, ha affermato che non ci sono restrizioni all’ingresso dei camion. Si dice che più di 8.600 camion di tutti i tipi, sia umanitari che commerciali, siano entrati a Gaza da tutti i valichi dal 2 maggio al 13 giugno, una media di 201 al giorno. Ma gran parte di questi aiuti si sono accumulati ai valichi di frontiera e non hanno raggiunto la destinazione finale.
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Gli aiuti umanitari
Da quando i camion degli aiuti hanno iniziato a entrare a Gaza dall’Egitto attraverso Kerem Shalom, è arrivato un “rivolo” di aiuti, ha detto recentemente Matthew Hollingworth, direttore per i Territori palestinesi del Programma alimentare mondiale (WFP). “Ma questo deve trasformarsi in un fiume di aiuti se vogliamo evitare che le forme più acute di fame aumentino“, ha avvertito, chiedendo che “i corridoi del sud siano completamente aperti“. La Striscia di Gaza, assediata da Israele, è preda di una grave crisi umanitaria, dove il 75% dei circa 2,4 milioni di abitanti sono sfollati a causa della guerra e dove secondo l’Onu la popolazione è minacciata di carestia. La buona notizia arriva però mentre le speranze di un cessate il fuoco sembrano affievolirsi a causa delle richieste contraddittorie di Israele e Hamas che lasciano poche possibilità di vedere realizzato il piano annunciato il 31 maggio dal presidente americano Joe Biden.
Nessun cessate il fuoco
Biden ha presentato questo piano come proveniente da Israele. Ma Benjamin Netanyahu lo ha ritenuto incompleto, riaffermando la determinazione del suo governo a continuare la guerra finché Hamas non sarà sconfitto. Biden ha accusato soprattutto Hamas di aver bloccato l’offerta che prevede, in una prima fase, un cessate il fuoco di sei settimane accompagnato dal ritiro israeliano dalle zone densamente popolate di Gaza, dalla liberazione di alcuni ostaggi detenuti a Gaza e dal rilascio dei palestinesi imprigionati da Gaza. Hamas ha inviato una prima risposta ai mediatori del Qatar e dell’Egitto, che secondo una fonte vicina alle discussioni, contiene “modifiche” al piano, tra cui “un calendario per un cessate il fuoco permanente e il ritiro totale delle truppe israeliane da Gaza“. Richieste che Israele ha sempre respinto. Intanto il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha fatto sapere che si recherà presto a Washington, su invito del suo omologo americano Lloyd Austin, per discutere della guerra a Gaza, ha detto il Pentagono.
Il no di Netanyahu e lo scontro con l’esercito
Intanto, l’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu ha fatto sapere che “quando il primo ministro ha sentito domenica mattina la notizia di una pausa umanitaria nei combattimenti per 11 ore al giorno, ha detto al suo segretario militare che ciò era inaccettabile“. Lo riporta Haaretz aggiungendo che dopo il chiarimento “il primo ministro è stato informato che non vi è alcun cambiamento nella politica dell’Idf e che i combattimenti a Rafah continueranno come previsto“.