L'analisi dei filmati
Bombe americane sugli sfollati di Rafah, la CNN smaschera l’orrore senza fine: “Gaza cimitero dei bimbi”
Il video geolocalizzato mostrava la coda di una “bomba di piccolo diametro GBU-39 di fabbricazione Usa”, scoperta verificata esperti di armi esplosive
Esteri - di Umberto De Giovannangeli
A colpire è stata l’aviazione militare israeliana. Ma con bombe “made in Usa”. Munizioni prodotte negli Stati Uniti sono state dispiegate da Israele durante il loro attacco contro un campo di sfollati a Rafah in cui sono stati uccisi 45 palestinesi.
Lo riferisce la Cnn, citando l’analisi dei filmati dell’attacco. La Cnn aggiunge che il video geolocalizzato mostrava la coda di una “bomba di piccolo diametro GBU-39 di fabbricazione statunitense”, una scoperta verificata da quattro esperti di armi esplosive.
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L’emittente statunitense ha aggiunto che i numeri di serie visti sui resti delle munizioni corrispondevano a quelli di un produttore californiano.
A Rafah, nell’intera Striscia di Gaza, l’orrore è senza fine. “Ho visto tanti bambini morti sotto le macerie, i corpi coperti di sangue. Altri portati in braccio dalle loro madri che chiedevano aiuto. Gaza è diventata il cimitero dei bambini”.
È la testimonianza al QN di Jonathan Crickx, belga, funzionario dell’Unicef che opera a Gaza, di ritorno da Rafah. “Lavoro con Unicef da dodici anni e non ho mai visto nulla del genere, neanche in posti come l’Afghanistan o Haiti. Colleghi che lavorano in aree di crisi da 30-35 anni, che sono stati nei luoghi delle più drammatiche catastrofi, tutti, tutti, dicono di non aver visto nulla del genere, con questa scala, per questa lunghezza”.
“Manca strutturalmente il cibo, l’acqua era già poca – spiega ancora – e ora per i profughi che sono costretti a spostarsi da Rafah è anche meno. E manca anche il carburante” che serve “per i generatori degli ospedali”.
Mentre si intensificano gli attacchi israeliani su Rafah, la risposta umanitaria a Gaza è sull’orlo del collasso. Una realtà resa ancor più tragica visto che gli aiuti internazionali – pur aumentati nelle ultime settimane – non riescono a entrare nella Striscia.
È l’allarme lanciato ieri da Oxfam, Save the Children, Medici Senza Frontiere e altre 17 organizzazioni umanitarie che lavorano per rispondere all’emergenza, sottolineando in una nota che secondo i dati Onu, tra il 7 e il 27 maggio solo 1.000 camion sono arrivati dentro Gaza, “un numero del tutto insufficiente a soccorrere oltre 2,2 milioni di persone allo stremo”.
Il rischio concreto in questo momento – avvertono le organizzazioni – è un rapido aumento delle morti causate da fame, malattie e mancanza di assistenza medica.
I punti di accesso a Gaza, sia marittimi che terrestri, sono ancora chiusi all’ingresso di aiuti e di carburante, mentre si stanno intensificando gli attacchi nelle aree dove hanno trovato rifugio i civili.
Uno status quo, che unito al prolungato blackout delle telecomunicazioni, ha ridotto il volume degli aiuti che riescono a entrare nella Striscia (tra cui cibo e forniture mediche) ai livelli più bassi degli ultimi 7 mesi. Il sistema sanitario di Gaza è stato di fatto smantellato, secondo le Ong.
“Praticamente tutti gli ospedali hanno ricevuto ‘ordini di evacuazione’, sono sotto assedio israeliano o saranno presto a corto di carburante e rifornimenti. Il più grande ospedale di Rafah, Abu Yousef al-Najjar, è stato chiuso a seguito di un ‘ordine di evacuazione’ emesso da Israele, mentre ad ora nessun ospedale nel nord di Gaza è accessibile”, denunciano le organizzazioni.
In questo contesto, per le organizzazioni è prioritario un cessate il fuoco immediato e duraturo e che vengano garantiti percorsi sicuri e prevedibili per l’ingresso di aiuti a Gaza e per la loro distribuzione all’interno dell’enclave.
Le parti in conflitto devono poi garantire l’accesso umanitario alla popolazione e la consegna degli aiuti, rispettando le norme del diritto umanitario internazionale.
Israele in particolare deve rispettare le sentenze della Corte Internazionale di Giustizia, incluso il recente ordine che impone uno stop all’offensiva militare su Rafah.
La comunità internazionale, inclusi i Paesi terzi e i membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – concludono le organizzazioni – allo stesso modo sono tenuti a rispettare quanto previsto dal diritto internazionale umanitario e dalle sentenze della Corte internazionale di giustizia, e hanno l’obbligo di garantire la sicurezza della popolazione palestinese.
Ma Israele non intende fermarsi. “La guerra proseguirà a lungo. I combattimenti a Gaza continueranno per altri 7 mesi”. Lo ha detto il Consigliere per la sicurezza nazionale di Israele Tzachi Hanegbi.
In una intervista a Canale 2 – ripresa dai media – Hanegbi ha anche aggiunto che “l’Idf controlla al momento il 75% del ‘Corridoio Filadelfia’”. Il Corridoio è una striscia di terra che corre a Gaza lungo il confine tra Israele e l’Egitto.
Intanto, è salito ad almeno 36.171 palestinesi uccisi e 81.420 feriti il bilancio degli attacchi sferrati da Israele sulla Striscia di Gaza dal 7 ottobre.
Lo ha reso noto il ministero della Sanità di Gaza City aggiungendo che, solo nelle ultime 24 ore, 75 persone sono state uccise e 284 ferite. E la mattanza continua.