Il premier sempre più isolato
L’esercito di Israele scarica Netanyahu: “Impossibile battere Hamas”
Il portavoce dell’Idf, il controammiraglio Daniel Hagari, finisce nell’occhio del ciclone. La replica: “Parlava dell’ideologia, non del gruppo terroristico”
Esteri - di Umberto De Giovannangeli
Da quel tragico 7 ottobre, è diventato, suo malgrado, una “star” mediatica. Ogni giorno, più e più volte, è entrato, in tv e radio, nelle case degli israeliani che pendevano dalle sue labbra per sapere dell’andamento della guerra. Più di un portavoce, il controammiraglio Daniel Hagari. Per questo ha fatto clamore la sua affermazione per cui il movimento islamista palestinese Hamas non può essere eliminato. Apriti cielo! Le parole del portavoce dell’Idf provocano una reazione immediata da parte del governo, che ha ribadito il suo impegno a distruggerlo. «Hamas è un’ideologia, non possiamo eliminare un’ideologia. Dire che faremo sparire Hamas significa gettare sabbia negli occhi della gente», ha dichiarato Daniel Hagari all’emittente israeliana Channel 13. «Se non offriamo un’alternativa, alla fine avremo Hamas» al potere a Gaza, ha aggiunto Hagari, in un momento in cui il governo israeliano è diviso sul futuro della Striscia una volta finita la guerra.
I suoi commenti sono stati rapidamente contestati dall’ufficio del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, il cui gabinetto ha dichiarato che la sua offensiva a Gaza non finirà finché Hamas non sarà sconfitto: «Il gabinetto politico e di sicurezza guidato dal primo ministro Netanyahu ha definito come uno degli obiettivi della guerra la distruzione delle capacità militari e governative di Hamas», ha detto in un comunicato. L’esercito ha rilasciato un altro comunicato in cui sottolinea che Hagari ha parlato «della distruzione di Hamas come ideologia e idea». Le sue parole erano «chiare ed esplicite», ha affermato. «Qualsiasi altra dichiarazione sarebbe quella di togliere le cose dal contesto», ha insistito. Sul fronte opposto, un alto dirigente di Hamas ha sostenuto che la dichiarazione del portavoce dell’Idf sono una «franca confessione». Ghazi Hamad, membro dell’ufficio politico di Hamas, spiega in un’intervista all’emittente al- Jazeera che dopo nove mesi di guerra, è chiaro che «Hamas non può essere eliminato anche se Israele utilizza centinaia di volte più munizioni di noi».
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Ciò «cambierà il corso della storia e convincerà la comunità internazionale che il movimento di Hamas rimarrà sulla scena politica e sarà una parte permanente del tessuto sociale e della resistenza», Hamad, fuggito da Gaza poco prima di ottobre 7, sostiene che i commenti di Hagari sono «la prova della discordia all’interno del governo israeliano e che gli israeliani stanno dicendo al primo ministro Benjamin Netanyahu di fermare la guerra». “Se ci comportiamo come (i nostri nemici), allora diventeremo come loro. I valori non sono qualcosa che tieni solo quando ti fa comodo. Valori e principi sono pensati proprio per i momenti difficili. Se rinunciamo ai nostri valori, questo Paese è in pericolo esistenziale”. Lo ha affermato il leader dell’opposizione israeliana Yair Lapid, partecipando alla conferenza Democracy Under Fire dell’Università di Reichman. Secondo il leader di Yesh Atid, Israele è in pericolo “esistenziale” perché i suoi alleati occidentali non credono più che sia “l’unico rappresentante affidabile dei valori democratici e liberali in Medio Oriente”. “Il governo americano, l’Unione Europea e i Paesi liberali non credono più che siamo una nazione sana, seria e liberale”, “vincolata dal diritto internazionale”.
Nonostante “abbiamo intrapreso la guerra più giusta nella storia”, “non riusciamo a portare il mondo dalla nostra parte”, ha aggiunto Lapid, ricordando i Paesi che di recente hanno riconosciuto ufficialmente lo Stato di Palestina. Si tratta di “un disastro politico” e “si sarebbe potuto prevenirlo”, ha proseguito, accusando il governo di aver sperperato il credito “quasi infinito” post-7 ottobre. Polemiche che fanno da sfondo alla tragedia umanitaria che da oltre otto mesi sconvolge la Striscia di Gaza e i suoi due milioni di abitanti. La crisi umanitaria nel sud di Gaza sta «rapidamente peggiorando» per decine di migliaia di sfollati stipati in un’area lungo la costa in mezzo al «calore estivo ardente» e dove «il conflitto attivo e l’illegalità» rendono quasi impossibile per gli operatori umanitari far fronte alle necessità e ai bisogni crescenti. È quanto si legge nell’ultimo rapporto sulla situazione a Gaza dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Unocha). L’agenzia Onu riferisce inoltre che nei campi per sfollati nella zona centrale e meridionale di Gaza, l’accesso all’acqua è estremamente scarso e vi è una grave carenza di cibo, nonché di latte e latte artificiale per i bambini. «Molte famiglie riferiscono di consumare un solo pasto al giorno, e alcune di consumarne uno ogni due o tre giorni», afferma il rapporto. I vincoli imposti da Israele continuano a «minare gravemente la fornitura di assistenza e servizi umanitari essenziali in tutta Gaza, compresa la fornitura di cibo e assistenza nutrizionale, assistenza medica, protezione e sostegno per l’alloggio, e servizi idrici, igienico-sanitari a centinaia di persone. migliaia di persone», aggiunge il rapporto dell’Unocha.