Anm sul piede di guerra
Riforma della giustizia: Nordio promette la separazione delle carriere, ma l’Anm insorge
Oltre alle carriere separate, nel ddl costituzionale anche il sorteggio per l’elezione dei togati del Csm e l’Alta corte disciplinare. Critico Costa: “Così si riparte da zero”
Giustizia - di Paolo Comi
Ad una settimana dalle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, la premier Giorgia Meloni ha tirato fuori dal cilindro la riforma della giustizia.
Il Consiglio dei ministri ha approvato ieri il tanto atteso disegno di legge costituzionale che introduce la separazione delle carriere fra pm e giudici e modifica la composizione del Consiglio superiore della magistratura.
Tre i punti principali del testo composto da otto articoli.
Il primo è, come detto, la separazione delle carriere tra giudici e pm, con due diversi percorsi professionali.
Il secondo è il sorteggio per l’elezione dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura al fine di ridurre l’influenza delle correnti dell’Associazione nazionale magistrati.
Il terzo è la creazione di una Alta corte disciplinare composta da quindici giudici, dei quali tre nominati dal presidente della Repubblica tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno 20 anni d’esercizio, e dodici estratti a sorte. In particolare, tre da un elenco di soggetti indicati dal Parlamento, sei dai giudici, tre dai pm.
Si tratta di una riforma con la quale “finisco di rendere omaggio a due grandi personalità, Giovanni Falcone che era favorevole alla separazione delle carriere e Giuliano Vassalli che aveva voluto il codice accusatorio al quale ci siamo ispirati”, ha dichiarato il Guardasigilli Carlo Nordio in conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri.
La separazione delle carriere, ha aggiunto, “è una tesi che sostengo da 25 anni”, sottolineando di aver voluto dare rilevanza costituzionale alla magistratura requirente che “deve essere e resterà indipendente da qualsiasi interferenza del potere esecutivo, da qualsiasi pressione di altri organismi, e gode e godrà delle stesse garanzie di indipendenza della magistratura giudicante”.
“Il Csm – ha continuato il Guardasigilli – negli ultimi anni, non solo a detta mia o della maggioranza, non ha dato una buona prova di sé: scandali come quello di Palamara e altri hanno eccitato le proteste di molti giornalisti anche equilibrati, ma rimedi alla degenerazione correntizia non sono stati approntati”.
“Oggi i magistrati stanno alle correnti come i parlamentari ai partiti”, ha ricordato il ministro della Giustizia, felice di avere interrotto tramite il sorteggio “il legame tra elettore ed eletto, che ha portato a una serie di anomalie”.
E sul fatto che nel testo non ci sia nessuno accenno all’obbligatorietà dell’azione penale, Nordio ha affermato di aver “accolto le osservazioni fatte dall’Anm” sul fatto che essa “sia una garanzia di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Anche se sappiamo che questa obbligatorietà molto spesso si trasforma in discrezionalità o addirittura in arbitrio”.
Ovviamente soddisfatta la premier Meloni che ha anche diffuso un video in cui ricorda che questa riforma è “un altro impegno rispettato: nel programma del centrodestra avevamo scritto che avremmo riformato la giustizia, e il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge”.
“Noi vogliamo che avvocati e pubblica accusa siano messi sullo stesso piano, che il pm dia del ‘lei’ e non del ‘tu’ al giudice, che non siano compagni, che il pm quando si rivolge al giudice debba bussare alla porta come fa l’avvocato”, ha dichiarato invece il senatore Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in Commissione giustizia a Palazzo Madama.
“Il troppo collateralismo ha dimostrato di non perseguire i fini veri della giustizia. Il cittadino ha bisogno di sentirsi rassicurato”, ha quindi aggiunto Zanettin.
La riforma passa ora alle Camere dove, vista la contrarietà delle opposizioni al testo, solo Italia viva ed Azione si sono dichiarate a favore, lo spauracchio del referendum costituzionale è quanto mai reale.
“Non darei così per scontato il fatto che si arrivi al referendum, perché se vi sarà un confronto nel merito in Parlamento di fronte a un testo che non è blindato, non è così certo al cento per cento che vi si arrivi”, ha dichiarato il sottosegretario Alfredo Mantovano. Scontate, infine, le critiche dell’Anm che ha minacciato lo sciopero.
In questa giornata di giubilo merita però di essere raccontato un “piccolo” dettaglio. Dall’inizio dell’anno scorso è in discussione presso la Commissione affari costituzionale di Montecitorio il ddl numero 806 che, a parte l’Alta corte, prevede sostanzialmente la stessa identica riforma sulla separazione delle carriere contenuta nel ddl approvato ieri a Palazzo Chigi.
Ad oggi sul testo presentato dai forzisti Tommaso Calderone, Alessandro Cattaneo, Pietro Pittalis, Annarita Patriarca, sono state effettuate ben 14 sedute e circa 40 audizioni fra giuristi, magistrati, docenti universitari.
L’approvazione del ddl governativo avrà l’effetto di azzerare tutto il lavoro svolto dalla Camera in questi 15 mesi che dovrà così ricominciare daccapo.
“Questa riforma è solo propaganda elettorale che costringerà a ripartire da zero e a non fare la riforma in questa legislatura”, è stato a tal riguardo il laconico commento del deputato di Azione Enrico Costa. Il prossimo Csm, quasi certamente, sarà eletto con il noto sistema Palamara. Non proprio un bel risultato.