Giornali scatenati
Cosa rivelerà Francesco Sandokan Schiavone: il circuito mediatico-giudiziario ci riprova sulla caccia ai “mandanti”
I più giustizialisti ricordano che Schiavone era stato solido alleato di Cosa Nostra e potrebbe aiutare a fare luce sulle stragi di mafia. Ecco dove si vuole andare a parare: “i mandanti”...
Giustizia - di Frank Cimini
Dal momento in cui è trapelata la notizia relativa alla decisione del boss Francesco Schiavone detto. “Sandokan” di collaborare con la procura i giornali si sono letteralmente scatenati a disegnati scenari su quello che il detenuto potrebbe rivelare.
“Sandokan, rete politica per favorire le imprese, appalti, voti e potere”, è il titolo a tutta pagina di ieri del quotidiano Il Mattino. Tutto ciò con i verbali che sarebbero secretati, il condizionale è d’obbligo. Ma con ogni probabilità lo sono pure.
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Il problema è che i media non si fermano nel creare l’attesa per rivelazioni che non potranno non essere clamorose. Stiamo parlando di Francesco Schiavone, in arte Sandokan, detenuto da 26 anni, con alcuni familiari già collaboratori di giustizia le dichiarazioni dei quali non hanno provocato gli sconquassi che vengono adesso ipotizzati con una sicumera e una dedizione degni davvero di miglior causa.
I media più giustizialisti puntano a ricordare che Schiavone era stato solido alleato di Cosa Nostra e potrebbe contribuire a fare luce sulle stragi di mafia. Ecco ci siamo. Abbiamo capito dove si vuole andare a parare.
“I mandanti” delle stragi mafiose. Cioè quelle inchieste che fino a oggi fatte e sviluppate da più procure non hanno portato risultati. Sempre archiviate. Tutte tranne quella ancora in corso a Firenze dove di recente sono stati sequestrati quattrini a Marcello Dell’Utri, rimasto unico indagato dopo la morte di Silvio Berlusconi. Una indagine destinata a essere archiviata.
Il circuito mediatico giudiziario ci riprova con Sandokan ma fa finta di non sapere di aver appena fallito con Matteo Messina Denaro, la latitanza del quale, anche dopo l’arresto e il decesso, aveva dato la stura a grandi dietrologie e complotti in relazione e alle coperture di cui avrebbe goduto.
E invece tutti gli arresti effettuati per favoreggiamenti vari e concorso esterno in associazione mafiosa dicono che ad aiutare Matteo Messina Denaro per un trentennio non erano stati fantomatici servizi segreti o apparati investigativi deviati.
Ma a operare era stata una rete di privati, parenti, amici e amanti, soprattutto amanti. Da tempo giornali generalisti pubblicano dettagliate articolesse sulle amanti del boss facendo concorrenza a chi si occupa di gossip per mestiere.
Messina Denaro era stato latitante per trent’anni a casa sua nel trapanese. Se ne prenda atto. Però aveva un sacco di amanti. A posteriori guardano nella sua camera da letto dal buco della serratura.