Gogna e servilismo

Consip e dossieraggio, quando i giornalisti diventano i camerieri di Pm e 007

Il giornalismo deve riconquistare la sua dignità. È possibile rinunciare ad essere i camerieri agli ordini delle Procure, o della polizia giudiziaria o degli 007? È possibile immaginare che ogni tanto qualcuno (politico, imprenditore, rom o migrante) sia innocente?

Cronaca - di Piero Sansonetti

13 Marzo 2024 alle 17:30 - Ultimo agg. 13 Marzo 2024 alle 18:14

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Consip e dossieraggio, quando i giornalisti diventano i camerieri di Pm e 007

Oggi vi mostriamo una decina di prime pagine dei grandi giornali pubblicate il 2 marzo del 2017. Sette anni fa. Il giorno successivo all’arresto di Alfredo Romeo. Date un’occhiata.

Vedete se in quei titoli riuscite a scorgere un dubbio, un’incertezza, un piccolo sospetto di innocenza. Non credo che ci riusciate. Osservate i caratteri, la collocazione, l’uso spregiudicato dell’imperfetto indicativo (Romeo faceva, diceva, tramava, prometteva…). Poi riflettete un attimo: ma il mestiere del giornalista, secondo voi, è questo? E i giornali vanno fatti così?

Prima di continuare con queste domande, e prima di provare a dare delle risposte, vorrei accennare a una possibile carrellata delle prime pagine dei giornali di ieri. Cioè il giorno dopo l’assoluzione di Romeo e la fine ingloriosa dello scandalo Consip. La maggior parte di queste pagine non riporta la notizia.

Chi la riporta la relega in un trafiletto ( Il Corriere, il Fatto), nei titoli e nei sommari per lo più si accenna alle assoluzioni di Tiziano Renzi e di Luca Lotti e nessuno fa cenno al nome di Romeo.

Direte: ma il nome di Romeo non è celebre come quello di Lotti o di Tiziano Renzi. Benissimo: però allora spiegatemi come mai meritava quel nome di essere sbattuto nei titoli di testata sette anni fa? (Poi se mi spiegate anche perché fu arrestato e tenuto sei mesi in cella e sei mesi ai domiciliari, completate il miracolo).

 

Ma torniamo sul giornalismo. È possibile che qualcuno risponda alla mia domanda sulla natura e la funzione del giornalismo sostenendo che sì, il giornalismo, almeno il giornalismo giudiziario, consiste nel copiare le ordinanze di arresto, nel corrompere magistrati o guardie che ti diano atti segreti, nel considerare un indagato colpevole perché se è vero che la legge dello Stato prevede la presunzione di innocenza, la legge del giornalismo prevede la presunzione di colpevolezza.

E prevede questa presunzione per due ragioni: la prima è che si vendono più copie coi mostri che coi possibili innocenti. La seconda è che spesso l’editore, o il partito di riferimento, può avere un vantaggio nella demolizione dell’imputato, anzi dell’indagato, perché l’indagato è un suo avversario o concorrente. E va messo alla gogna.

Probabilmente pochi colleghi giungerebbero fino a teorizzare che le cose stanno così. “È la stampa, bellezza”. Ma la maggioranza di loro lo pensa.

Quando l’altro giorno, parlando alla radio (la trasmissione su Rai 1 di Marcello Foa) cercavo di spiegare a che punto di bassezza fosse giunto il giornalismo giudiziario italiano (riferendomi al caso-dossier) Peter Gomez, il direttore del “Fatto online”, mi ha gridato contro intimandomi di fare i nomi dei giornalisti che prendono ordini o notizie riservate dalle guardie o dai Pm.

Se dovessi fare i nomi non mi basterebbe questa pagina. Credo che tra i colleghi che fanno la giudiziaria, sì e no una decina non lavorano col copia-incolla delle Procure o della polizia giudiziaria. E sono degli eroi, maltrattati nelle redazioni. Non sta a me fare i nomi.

Qualche nome ogni tanto esce dalle indagini. Raramente perché le Procure tendono a proteggere i giornalisti, perché i giornalisti gli servono e sono le stampelle del loro potere.

In quest’ultimo caso, mi dispiace per Gomez, qualche nome è scritto addirittura in una sentenza (appunto la sentenza che assolve Romeo e condanna gli uomini del Pm Woodcock che hanno indagato), nella quale si parla dei rapporti illegali tra alcuni carabinieri e alcuni giornalisti proprio del suo giornale.

E già, Peter, purtroppo ci sono alcuni giornalisti del tuo giornale che sono abbastanza abituati a ricevere notizie coperte dagli investigatori. E in genere se ne gloriano.

E allora? Cosa vogliamo fare? Chiudere il caso Consip, magari chiudere anche il caso dossier che ha investito e travolto “Il Domani” e continuare come prima?

Io non credo alle scuse. Non chiedo a nessuno di chiedere scusa a Romeo per come in modo irresponsabile fu trattato dai miei colleghi. Le scuse non vanno mai pretese. Se uno ha voglia di chiederle, benissimo, vuol dire che è una brava persona.

Altrimenti poco male. Si può perdonare anche senza una richiesta. E se conosco un po’ Romeo, e il suo spirito guascone e napoletano, perdonerà senza impancarsi.

(Mi chiedo casomai come si possano sentire gli autori di quei titoli, dopo aver letto la sentenza Consip: ma questa è una questione che riguarda le coscienze individuali, non l’etica giornalistica).

Quello che propongo, però, è di mettere un punto. Decidere che nel giornalismo c’è una gigantesca questione morale che va affrontata e risolta.

Riguarda il linciaggio dei politici, degli imprenditori, dei soccorritori delle Ong, dei rom, dei migranti, dei ragazzi accusati di piccoli reati, e di tante altre persone. Questa questione morale è la più grande di tutte le questioni morali.

Io trovo che sia molto più grave un titolo che travolge calunniosamente una persona di qualunque traffico di influenze, di qualunque finanziamento illecito di un partito. di qualunque reato finanziario. Nel titolo calunnioso c’è una quantità devastante di cinismo. Che è una cosa molto più infame della furbizia, dell’ipocrisia.

Vogliamo ripartire da zero? Accettare l’idea che il giornalismo è onestà intellettuale, ricerca della verità, racconto, ricerca, denuncia dei mali sociali, delle sopraffazioni, e non è il semplice esercizio di una azione servile verso il potere giudiziario o della polizia?

Accettare anche l’idea che il giornalismo d’inchiesta non è la raccolta delle buste gialle passate da un Pm o da un esponente dei servizi segreti? E che quello non è giornalismo d’inchiesta ma piuttosto giornalismo spazzatura?

È ragionevole questa mia domanda, e questa modesta proposta? O si scontra in modo irrisolvibile con gli interessi degli editori, della categoria, dell’Ordine, del sindacato? Temo che anche stavolta Corrado Guzzanti direbbe: la seconda che hai detto, amico mio…

13 Marzo 2024

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