La sentenza della Cassazione
Il saluto romano forse è reato, affogare i naufraghi no…
Di rischi di fascismo ce ne sono parecchi. Ma non vengono da quattro ragazzi che salutano romanamente i loro morti. Il rischio di fascismo c’è nelle stragi di migranti, nei suicidi in carcere, nell’aumento delle disuguaglianze, nel disinteresse per la povertà, in un ministro che dice al Parlamento che se un po’ di gente si impicca in prigione non c’è da allarmarsi, è routine…
Editoriali - di Piero Sansonetti
La Corte di Cassazione ha preso una decisione un po’ indecisa sull’esistenza o meno del reato di saluto fascista. Ha detto che sì, è un reato, ma non sempre. Se lo fai per sollecitare la ricostruzione di una formazione o di una forza di tipo fascista, allora è un reato.
Se lo fai nel corso di una commemorazione, allora no. E con questa indicazione di principio, un pochino vaga, ha cancellato la decisione di una Corte d’appello che aveva condannato alcuni fascisti per aver salutato a braccia tese, otto anni fa, alla commemorazione di Sergio Ramelli.
Ha chiesto che la Corte d’Appello torni a giudicare, ma non più sulla base della legge Mancino, che in teoria potrebbe determinare la condanna, ma sulla base della legge Scelba, del 1952, che era molto meno rigorosa e lasciava più margini alla libertà di espressione. La Corte d’Appello, in sostanza, dovrà decidere se quei saluti fascisti in onore di Ramelli erano semplicemente un omaggio alla vittima di un omicidio, oppure erano un programma politico concreto. E se minacciavano l’ordine pubblico.
Il caso giudicato dalla Cassazione a sezione riunite è molto simile all’episodio di qualche giorno fa ad Acca Larenzia. Dove un migliaio di fascisti ha salutato romanamente durante la commemorazione delle tre vittime (di fede fascista) di un attacco terroristico avvenuto nel gennaio del 1978 davanti alla sezione del Msi del quartiere Appio, a Roma.
La Cassazione invece ha giudicato il caso Ramelli: qualche centinaio di fascisti si esibì (nel 2016) nel saluto romano per ricordare un ragazzino fascista di 19 anni barbaramente ucciso nel 1975 a colpi di chiave inglese da un gruppetto di militanti folli di Avanguardia Operaia.
In sostanza ora la Corte d’Appello di Milano dovrà decidere, secondo le indicazioni fornite ieri dalla Cassazione, se la cerimonia di Acca Larenzia fosse una semplice cerimonia o qualcosa in grado di turbare l’ordine pubblico.
La questione diventa sempre più complicata. Forse, nel chiedersi se i fascisti abbiano o no commesso reati di violazione dell’ordine pubblico, la Corte dovrà anche tener conto del fatto che questi reati sono stati introdotti nel codice dai fascisti. È un bel rompicapo, no? Ancora più grande se si considera che il Procuratore generale, nella sua requisitoria, ha parlato di “democrazia giudiziaria”. C’è da saltare sulla sedia.
Dunque noi non viviamo in una democrazia liberale ma in una democrazia giudiziaria? E siamo certi che le due parole non siano un ossimoro? Comunque a noi resta una certezza. Che comunque non è reato lasciare affogare i naufraghi. Per il naufragio del 14 dicembre nel quale morirono 61 persone umane non è stata aperta nessuna inchiesta. Effettivamente in quell’occasione nessuno mise in discussione l’ordine pubblico né espose gagliardetti.
Perché ho fatto questa battuta finale? Perché di rischi di fascismo ne vedo parecchi. Ma non vengono da quattro ragazzi che salutano romanamente i loro morti. Il rischio di fascismo c’è nelle stragi di migranti, nei suicidi in carcere, nell’aumento delle disuguaglianze, nel disinteresse per la povertà, nell’aumento dei reati e delle pene, nei bambini di due anni in cella, nel razzismo e nella xenofobia, in un ministro che dice al Parlamento che se un po’ di gente si impicca in prigione non c’è da allarmarsi, è routine…