Il giochetto delle 24 miglia
Acque territoriali e zona Sar: così la Libia ruba mare per impedire i soccorsi
Una finzione come lo è la zona Sar libica (suggerita da Roma ai tempi di Minniti) che solo un altro stato costiero potrebbe mettere in discussione
Editoriali - di Luca Casarini
Il governo fantoccio di Tripoli vuole che l’International maritime organization (Imo) dichiari la sua “zona di contiguità”. Si tratta di una porzione di mare che si estende fino a 24 miglia dalla costa, sulla quale lo stato di riferimento può esercitare il controllo sulle navi che lo percorrono.
Le acque territoriali, estensione in tutto e per tutto della sovranità di terra, arrivano fino a dodici miglia. Con questa mossa i libici puntano a raddoppiare la loro possibilità di coercizione sugli assetti che si trovano a navigare al largo delle loro coste.
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La dichiarazione di “zona di contiguità” prevede che “lo stato costiero possa esercitare il controllo necessario al fine di prevenire le violazioni delle proprie leggi e regolamenti doganali, fiscali, sanitari e di immigrazione entro il suo territorio o mare territoriale, punire le violazioni delle leggi, e regolamenti di cui sopra, commesse nel proprio territorio o mare territoriale.” E’ quanto previsto dall’art.33 della Convenzione di Montego Bay.
Peccato che la Libia, o il cosiddetto governo che è stato insediato a Tripoli dall’Occidente, non l’abbia nemmeno mai sottoscritta. Si ripete dunque, la farsa della dichiarazione della “zona Sar libica”, una vera e propria finzione funzionale alle attività di cattura e deportazione dei profughi che tentano di fuggire da quel paese, e dai suoi lager, via mare.
Allora furono i funzionari del Ministero degli Interni italiano retto da Marco Minniti, a suggerire alle autorità libiche di autoattribuirsi la zona Sar, che solo un altro stato costiero potrebbe mettere in discussione.
Ovviamente non è mai esistita fin dalla sua istituzione, nel 1979 ad Amburgo attraverso l’omonima Convenzione internazionale, una zona Sar attribuita ad un paese che non è in grado di soddisfarne i requisiti, come il rispetto dei diritti umani e l’operatività in mare per quanto riguarda le operazioni di salvataggio dei naufraghi.
Ma la Libia, non essendoci nessuno degli stati interessati a sollevare il problema, continua a servirsi di questo paravento giuridico, per tentare di giustificare l’attività di polizia di frontiera illegale, operata attraverso bande paramilitari camuffate da “guardia costiera”.
Il problema però è che l’autodichiarazione di “zona Sar” – peraltro la più estesa del Mediterraneo – non prevede, a differenza della “zona di contiguità”, nessuna possibilità di intervento coercitivo su navi che solcano acque internazionali.
Con il giochetto delle 24 miglia invece, gli assetti libici, che sono motovedette fornite dal governo italiano e dall’Unione europea, potranno intervenire anche sequestrando navi di soccorso intervenute per salvare la vita delle persone in mare.
Se ciò avviene dentro le 24 miglia, e in nome di operazioni di contrasto alle violazioni di leggi libiche, gli ufficiali della cosiddetta guardia costiera, e magari proprio quelli ricercati dal Tribunale penale internazionale per gravi crimini contro l’umanità, potranno arrembare navi, prenderne il controllo manu militari, dirottarle a Tripoli, arrestare gli equipaggi e fare nuovamente prigionieri i naufraghi a bordo.
L’unico motivo che ha spinto i funzionari italiani ed europei a far fare questa dichiarazione ai loro “colleghi” di Tripoli, è quello dell’azione militare di controllo sui migranti che scappano e tentano di salvarsi in Europa.
L’anomalia del Mediterraneo, il cui spazio di mare continua ad essere in gran parte regolato dal diritto internazionale e sul quale gli stati non possono esercitare sovranità diretta, continua a registrare i tentativi di introdurre la violazione dei diritti umani come “norma”.
Per fare questo, in ogni parte del mondo e ad ogni frontiera di mare, come in questo caso, o di terra, si istituiscono no man’s land, vere e proprie fasce di territorio sul quale non vigono gli stessi diritti per chi si trova ad attraversarli, siano essi operatori dei soccorsi o viaggiatori forzati in cerca di asilo.
E dunque si allarga, a partire dalla costa, la sovranità nazionale degli stati che tende a comprimere lo spazio di diritto internazionale, in modo da poter abolire quelle garanzie minime ancora previste dalla legislazione.
Nel caso della Libia, la completa abolizione della Convenzione di Ginevra sui profughi e rifugiati, che impedirebbe ciò che quotidianamente accade, cioè respingimenti di massa, passa attraverso lo stravolgimento della Convenzione di Amburgo sul soccorso in mare e oggi anche sull’uso illegale della Convenzione di Montego Bay sulle acque di contiguità.
L’obiettivo dell’Unione europea e dell’Italia, è risolvere l’anomalia del Mediterraneo, che in questi anni ha mantenuta aperta la contraddizione dell’irriducibile conflitto tra i diritti umani e la sovranità statuale.
Tra gli interessi degli stati, dei loro apparati e quelli degli esseri umani che si organizzano per non essere costretti a morire. Questo tentativo di superare la contraddizione, per poter esercitare il potere di vita o di morte in maniera perfettamente legale, si riconosce anche nell’ultimo patto europeo per le migrazioni e l’asilo.
L’istituzione alle frontiere dell’Unione, di centri di detenzione per l’”esame veloce” delle richieste d’asilo, e lo stesso patto tra Italia e Albania che funge da apripista al piano di deportazione in paesi extra Ue di richiedenti asilo e migranti, ha una chiara direzione di marcia.
Il respingimento degli esseri umani, la deportazione, la consegna del loro internamento a paesi dalle inesistenti strutture di garanzia del rispetto dei diritti umani, sono sul piatto.
E’ uno degli aspetti di questa guerra civile globale nella quale il mondo è sprofondato, in questo caso la guerra contro le persone povere che sono costrette a mettersi in cammino verso l’Europa per tentare di sopravvivere.
Ma il Mediterraneo continuerà ad essere una contraddizione, ed è proprio dentro di essa che continueranno a nascere gli errori della matrice. E’ continuando a percorrerlo, in lungo e in largo, disfacendo di notte i muri che loro ereggono di giorno, che troveremo i modi e il senso di disertare e sabotare questa guerra civile.