Fuggiti dalla Libia
Naufragio “fantasma” nel Mediterraneo, si teme altra strage: 40 in balia delle onde e irreperibili, fermate le ricerche
Presentata alla Camera interrogazione parlamentare da Marco Grimaldi (Avs) sull’omissione di soccorso nella strage del 14 dicembre e sulla deportazione dei 25 sopravvissuti
Cronaca - di Angela Nocioni
Non si trovano le 40 persone fuggite dalla Libia giorni fa su una barchetta di legno per cui Alarm Phone ha lanciato un Sos venerdì. Delle ricerche di Frontex e della Guardia costiera italiana non si conosce l’esito.
Sergio Scandura di Radio Radicale, che monitora costantemente gli spostamenti su quell’area di mare, ha segnalato “ricerche a tappeto, 17 ore di voli, tre missioni, tre velivoli Frontex” tra le 3,30 a.m. alle nove di mattina di ieri.
Quello segnalato venerdì pomeriggio appare ormai sempre più come un “naufragio fantasma”: dopo quattro giorni di ricerche è stato deciso infatti di interrompere le operazioni condotto fino ad oggi.
Il naufragio del 14 dicembre
È stata intanto depositata alla Camera una interrogazione a risposta scritta, a firma del deputato Marco Grimaldi del gruppo Alleanza Verdi Sinistra, rivolta al ministero dell’interno e al ministero delle infrastrutture in cui si chiede conto dell’omissione di soccorso da parte del Comando delle capitanerie di porto (Mrcc) di Roma nel naufragio del 14 dicembre in acque internazionali al largo della Libia (61 morti, 25 sopravvissuti deportati).
L’interrogazione chiede tra l’altro “se i ministri non intendano chiarire per quale motivo i soccorsi sarebbero stati avviati in ritardo rispetto alla prima segnalazione ricevuta, se il rimorchiatore Asso Trenta, presente in zona, sia stato coinvolto nelle operazioni di soccorso (…) e se aver permesso che i superstiti venissero ricondotti in Libia non si configuri come una pratica di respingimento collettivo vietato dalle norme internazionali”.
La posizione esatta Gps del gommone sgonfio stracarico era stata comunicata all’Mrcc di Roma dalla piattaforma di aiuto ai migranti Alarmphone quattro ore prima che l’Mrcc avviasse i soccorsi.
Perché la Guardia costiera italiana abbia aspettato tanto, cosa abbia fatto nel frattempo, perché quando si è decisa a inviare un allarme Inmarsat alle navi in area l’abbia fatto, dice, “a nome della guardia costiera libica” – come se si potessero coordinare soccorsi evitando di esser responsabili di dove vengono portati i sopravvissuti – il Comando delle capitanerie di porto di Roma si rifiuta di dirlo da ormai più di un mese.
Noi glielo abbiamo chiesto più volte. Non spiega nemmeno se sia stato qualcuno dalla Libia a chiedergli di inviare l’Inmarsat, né se l’abbia fatto perché i libici non sono in grado di mandare un messaggio Inmarsat da soli. In tal caso, come pensare di potergli affidare un soccorso e quindi una zona Sar (zona soccorso) di competenza?
D’altronde il report di Alarmphone spiega chiaramente che, al solito, i libici non rispondevano al telefono quel giorno. Che quando alla fine qualcuno ha risposto non era in grado di comunicare in inglese. E che comunque le motovedette non le hanno mandate (le motovedette che l’Italia ha dato alla Libia insieme a tanti soldi).
Il rimorchiatore Vos Triton, battente bandiera di Gibilterra e spedito sulla scena del naufragio dall’Mrcc di Roma quattro ore dopo che l’Mrcc di Roma aveva avuto l’allarme con la posizione Gps del gommone, ha portato i 25 sopravvissuti in Libia.
Lo ha deciso il comandante del rimorchiatore o ha obbedito a un ordine? Di chi? Era Roma che coordinava i soccorsi. In quattro ore davvero non era passata nessuna nave in quell’area di mare trafficatissima di solito? Perché non sono state mobilitate altre navi prima della Vos Triton?