La sentenza
Femminicidio Agata Scuto, ergastolo all’ex compagno della madre: aveva una relazione con lei ed era rimasta incinta
Ci sono voluti quasi 12 anni, ma per l’omicidio di Agata Scuto c’è un colpevole. La terza Corte d’assise di Catania, presieduta da Sebastiano Migmeni, ha condannato all’ergastolo Rosario Palermo per la morte e l’occultamento del cadavere della 22enne figlia della sua compagna dell’epoca.
Angela scomparve il 4 giugno del 2012 da Acireale: secondo l’accusa l’omicidio sarebbe stato commesso da Palermo per evitare che si scoprisse che la giovane, con la quale avrebbe avuto una relazione segreta, era rimasta incinta. La sentenza pronunciata oggi dai giudici di Catania, che ha accolto integralmente le richieste del pubblico ministero Francesco Puleio, ha anche disposto l’isolamento diurno per un anno nei confronti di Palermo, che dovrà risarcire le parti civili con un importo ancora da quantificare in separata sede.
La Corte d’assise ha assolto invece la ex convivente dell’uomo, che era accusata di favoreggiamento personale nei confronti dell’imputato.
La segnalazione a “Chi l’ha visto?”
Agata Scuto, 22enne con problemi di disabilità, fisica e psichica, scompare nel nulla il 4 giugno di 12 anni fa. Per otto anni ad Acireale il caso viene trattato come un allontanamento o una fuga della giovane, fino ad un nuovo e decisivo imput alle indagini arrivato grazie ad una segnalazione anonima nel 2020 alla trasmissione di Rai3 “Chi l’ha visto?”.
Una voce femminile segnala al programma condotto da Federica Sciarelli che Agata “non è mai uscita di casa, si trova in cantina”. Una segnalazione che si rivelerà falsa, ma che avrà il ruolo chiave di far ripartire le indagini tra perquisizioni e audizioni.
La riapertura delle indagini
Nel mirino finisce in particolare l’allora compagno della madre di Agata, Rosario Palermo, “in ragione del rapporto particolare che egli aveva instaurato nell’ultimo periodo con la ragazza, la quale non usciva mai di casa da sola, né intratteneva rapporti con altre persone”, spiegò la Procura di Catania nell’annunciare il suo arresto due anni fa, il 17 gennaio del 2022. Palermo avrebbe fornito agli inquirenti “notizie false” sui “suoi spostamenti il giorno della scomparsa di Agata”: in particolare “non si era recato né a raccogliere lumache nella piana di Catania né a raccogliere origano sull’Etna, come dallo stesso sostenuto negli interrogatori”.
Non solo. Palermo avrebbe cercato di farsi fornire un falso alibi da un testimone, che lo ha contraddetto sulla tempistica, collocando la gita sull’Etna nel 2014 e non nel 2012. Avrebbe anche nascosto una sbarra di ferro per spiegare la ferita che aveva alla gamba il giorno della scomparsa di Agata Scuto. L’indagato è stato anche accusato anche di avere “cercato di inquinare le prove” dicendo di avere visto la giovane il pomeriggio della scomparsa e alcuni giorni dopo ad Acireale assieme a una persona e che aveva detto di “volere essere lasciata in pace“. Per questo la famiglia aveva poi ritirato la denuncia. Anche perché la madre, lo stesso giorno, aveva ricevuto la telefonata della figlia che le ha detto di “non cercarla“.
Le intercettazioni contro Napoli
Secondo quanto ricostruito Napoli avrebbe quindi ucciso Agata strangolandola e poi appiccando il fuoco al cadavere in un casolare delle campagne di Pachino, nel Siracusano. Nonostante le ricerche il corpo della ragazza non è mai stato ritrovato.
A inchiodarlo come “prova regina” le intercettazioni ambientali captate nella sua auto. Nei giorni più difficili, con l’indagine riaperta e l’attenzione dei media sul caso di Agata, lui si sfogava così nella vettura mentre era da solo: “La ragazza che dovevo fare sparire, mi spavento se la trovano… impazzisco… hanno mandato il Ris… dove devo metterla che mi spavento… questa disgraziata mi sta facendo cadere la faccia a terra”, le sue parole ricordate oggi da Repubblica.
Napoli si è sempre dichiarato innocente. I suoi legali quasi certamente presenteranno appello contro la sentenza dopo aver letto le motivazioni.