La manifestazione

Il Pd scende in piazza contro il governo tra gaffe e nervi tesi con la paura del flop

Il timore di un flop, la paura di manifestanti con le bandiere palestinesi (contro i desiderata del partito) e la lite con Rama: per Schlein primo test in salita

Politica - di David Romoli

11 Novembre 2023 alle 12:30

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La segretaria dem Elly Schlein
La segretaria dem Elly Schlein

Quella di oggi pomeriggio a Roma per Elly Schlein e l’intero Pd è la prova del fuoco. La manifestazione convocata per le 14 a piazza del Popolo è la prima convocazione della piazza dell’era Schlein: sin qui i dirigenti del Pd avevano sempre partecipato a manifestazioni altrui, della Cgil ma anche dei 5S.

Conte ricambierà il favore presentandosi alla manifestazione e ci saranno anche i leader di Avs, Fratoianni e Bonelli. Ma stavolta l’importante non sono le presenze eccellenti: è la partecipazione popolare. La segretaria, un po’ a sorpresa, ha giocato tutto sul riportare il Pd alla dimensione di partito popolare e di massa, non più d’opinione e di ceti medio-alti.

Un flop su quel fronte sarebbe esiziale e verrebbe inteso come segnale funesto per l’outsider del Nazareno. Lo sforzo per garantire il successo stavolta c’è stato. La segretaria, solitamente restia a presenziare nei salotti televisivi, ha fatto per una settimana il giro delle sette chiese tv senza perdersi un talk. I circoli di Roma e del Lazio sono stati martellati perché assicurino presenza in carne e ossa a piazza del Popolo.

La piazza del resto non è stata scelta a caso. A Roma è quella preferita quando non si è certi del successo: sembra grande ma è relativamente piccola, se paragonata alla piazza delle grandi occasioni, san Giovanni, e basta portare un po’ avanti il palco per ridurre ulteriormente lo spazio. Per lo stesso motivo è stato deciso di soprassedere sull’idea iniziale di corteo: quando si sfila le dimensioni reali di una manifestazione si vedono, in piazza molto meno.

L’aver adottato questi accorgimenti non significa che il Nazareno consideri probabile un mezzo fallimento. Ha cercato, sì, di garantirsi la rete di protezione ma confida di farcela anche senza di quella. Ha preparato 75 pullman e 7 treni speciali. Ufficialmente la Cgil non partecipa ma va da sé che la richiesta di dare una mano garantendo partecipazione c’è stata ed è stata probabilmente accolta.

Lo slogan scelto per battezzare la scadenza non brilla per immaginazione e capacità di accendere gli animi, “Per un futuro più giusto. L’alternativa c’è”, ma tant’è e in fondo sono particolari. Il nervosismo, comunque, ai piani alti del partito negli ultimi giorni si è impennato. Un po’ per la meteorologia, che in questi casi ha tutto il suo notevole peso: un’estate prolungatasi di molte settimane, come mai prima era successo, e il tempo va a guastarsi proprio alla vigilia dell’appuntamento.

Ma le previsioni sono rosee: non solo non dovrebbe esserci la temutissima pioggia ma è previsto il sole, condizione ideale. Sugli umori delle nuvole il partito non può fare niente salvo incrociare le dita. Un paio di altri guai emersi proprio sul più bello in compenso avrebbe potuto evitarli. Soprattutto il primo, l’incidente diplomatico con il premier albanese di centrosinistra Rama è stato tanto goffo quanto gratuito.

Come sarà venuto in mente al responsabile Esteri Provenzano di chiedere l’espulsione dal Pse di Rama e del suo Pssh, Partito socialista d’Albania, senza prima consultare le altre forze del Pse è misterioso. L’esito è stata una ingloriosa e molto goffa retromarcia, inevitabile dato il mancato appoggio alla proposta drastica dell’intero Pse.

A peggiorare la situazione c’è la fragorosa sollevazione contro l’accordo, in Albania, dell’opposizione di destra, che rende facilissimo per Rama replicare ai compagni italiani ricordando che “accogliere immigrati è sempre stata una posizione di sinistra”. Quanto si possa parlare di accoglienza in questo caso è molto dubbio ma ciò non salva gli italiani dalla figuraccia.

Quanto a possibili ricadute sulla partecipazione di oggi, però, l’incidente non dovrebbe averne alcuna. Discorso diverso per quanto attiene alla decisione della segretaria di vietare qualsiasi bandiera salvo quelle della pace e naturalmente quelle del partito. Ufficialmente la drastica scelta è stata assunta per ovviare al rischio di ritrovarsi in piazza del Popolo le bandiere verdi di Hamas: “In quel caso tutta l’attenzione mediatica e popolare si sarebbe concentrata su quelle bandiere invece che sulla manifestazione”.

Solo che di bandiere di Hamas, anche nelle manifestazioni più radicali a favore della Palestina non se ne sono viste e la giustificazione suona come alibi accampato all’ultimo momento. Il problema reale sono le bandiere della Palestina, non quelle di Hamas. In parte perché la segretaria vuole davvero evitare che una manifestazione tutta interna al quadro italiano, convocata contro il governo, contro la legge di bilancio e per la sanità, si trasformi a furor di bandiere in un raduno propal.

E fossero solo le bandiere: se stendardi di Hamas non se ne sono visti, gli slogan truculenti in alcune manifestazioni sono stati numerosi e rumorosi. Quel rumore, che la destra non esiterebbe a sfruttare, Schlein vuole evitarlo. Ma soprattutto una manifestazione troppo schierata innescherebbe polemiche a non finire all’interno del partito. Cercando di risolvere il problema in stile Gordio, però, Schlein rischia di scontentare una parte della base che è non solo numerosa ma anche la più pronta a manifestare.

Ma soprattutto offre su un piatto d’argento la conferma del principale limite della sua leadership: una assoluta incapacità di prendere posizioni nette sulla politica estera in una fase nella quale proprio la politica estera, con due guerre combattute quasi ai confini dell’Italia, occupa quasi per intero l’agenda politica. Comunque vada oggi, senza sciogliere quel nodo con un po’ di coraggio la posizione di Elly Schlein resterà debolissima.

11 Novembre 2023

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