La risoluzione dei conflitti

Come risolvere tutti i conflitti: aboliamo le nazioni, i confini sono causa di guerre

I confini sono la causa dei conflitti. Lo sono sul piano pratico e su quello teorico, due piani connessi che il maldestro tentativo di accantonare le ideologie ha sconnesso portando sugli altari il primo e nascondendo sotto il tappeto il secondo.

Esteri - di Roberto Rampi

19 Ottobre 2023 alle 13:00

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Come risolvere tutti i conflitti: aboliamo le nazioni, i confini sono causa di guerre

Il conflitto ucraino e quello mediorientale sono le drammatiche e palesi punte dell’iceberg del fallimento del nuovo ordine mondiale, e mettono in luce la crisi (irreversibile?) delle Nazioni Unite così come si sono strutturate, ma anche della funzione dell’Europa come soggetto pacificatore del mondo, almeno di quello della sua naturale sfera di influenza.

Anche per questo nella discussione politica verso le prossime elezioni di rinnovo del Parlamento Europeo va tematizzata l’Europa come strumento federale della kantiana Pace Perpetua, come orizzonte di Pace e Giustizia per i popoli oltre i confini delle Nazioni.
I confini sono la causa dei conflitti. Lo sono sul piano pratico e su quello teorico, due piani connessi che il maldestro tentativo di accantonare le ideologie ha sconnesso portando sugli altari il primo e nascondendo sotto il tappeto il secondo.

L’idea stessa che persone diverse non possano convivere è il problema. Confini e Stati la rafforzano. La base teorica dello Stato nazionale come lo conosciamo oggi si è sviluppata sulla teoria di unire tutti coloro che parlavano la stessa lingua e praticavano la stessa religione. Qualcosa che già allora prevalentemente non esisteva nella realtà. Una pericolosa idea di purezza che conteneva in nuce una potente dose di violenza, con potenzialità genocidarie. Che si fa con chi non corrisponde al profilo? Alla maggioranza? Che si fa con gli altoatesini in Italia, coi baschi, i catalani, con gli armeni in Turchia, i curdi, gli uiguri e chi più ne ha più ne metta? E naturalmente che si fa se il confine non è condiviso, in Alsazia e Lorena ieri, lungo la linea Russia-Ucraina oggi?

Per non parlare di quei luoghi dove i confini sono stati ancor più violentemente tracciati sulla pelle delle comunità locali, come in Afghanistan per fare un esempio, fino alla inestricabile matassa mediorientale. I confini, linee di sangue. Proprio l’Europa dopo le tragedie delle due guerre mondiali è nata come unico esperimento di indebolimento dei confini. E insieme ad essi delle ragioni del conflitto. Ben lungi dall’essere prevalentemente uno strumento economico come troppo spesso si rappresenta e viene rappresentata, la Comunità Europea contiene il modello possibile di organizzazione della vita delle persone alternativo a quello dello Stato Nazionale. Esattamente quello contro cui combattono i nazionalisti. La destra.

Rafforzare quel modello e tirare fino in fondo le conseguenze deve diventare la priorità delle forze progressiste. Progetto tutt’altro che facile perché prevede la rinuncia alla sovranità nazionale, il superamento di modelli teorici consolidati, la rinuncia anche dei progressisti a spazi di potere, seppur effimeri se consideriamo che nessuna delle grandi questioni del nostro tempo – dalla sfida dello sviluppo a quella della sostenibilità, del rapporto con la tecnica e con la bioetica, solo per dirne alcune – si può affrontare in scala nazionale.

Piuttosto, insieme al superamento dello Stato nazionale occorre sviluppare una forte azione di sussidiarietà e valorizzare le comunità locali, le forme della partecipazione diretta dei cittadini, le risposte di comunità del volontariato, mutualistiche e comunitarie. Comunità Europea e comunità locali. E forti autonomie a tutela delle minoranze.

Un modello che può davvero affrontare e nel tempo risolvere i conflitti, da quelli interni delle attuali nazioni europee a quelli sopiti ma non spenti dei balcani fino a quelli più drammatici: ucraini e russi insieme in un contenitore democratico che garantisce diritti e rende irrilevante la definizione dei confini, israeliani e palestinesi insieme nella garanzia dei diritti e dei doveri, senza più spazi per gli estremisti e per le violenze, il mediterraneo nuovamente mare interno con la formazione di affrontare diversamente la libertà di espressione nei paesi arabi e la gestione dei flussi migratori in un contesto di diritto.

Utopia diranno i più. Qualcuno doveva “la parola che si usa quando non si vuole realizzare qualcosa”. Utopia forse, progetto, orizzonte di senso, meta ambiziosa a cui tendere con progressività ma con tenacia. Progetto politico in grado di animare, dare speranza, proporre risposte. Far sognare.

19 Ottobre 2023

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