Il conflitto Russia-Ucraina
Guerra in Ucraina e il sogno di una Europa comune
A parte l’ottimismo di facciata, i governanti di Kiev scontano l’effettualità di un sonoro fallimento.
Esteri - di Duccio Trombadori
Sul conflitto in Ucraina i notiziari italiani sono figli della propaganda e di tutto si preoccupano fuorché di scovare notizie certe sulla condizione e sugli sviluppi possibili della situazione tanto più oggi che la controffensiva militare di riconquista sembra non fare un passo avanti e tutto lascia pensare che non ne farà in futuro.
A parte l’ottimismo di facciata, i governanti di Kiev scontano l’effettualità di un sonoro fallimento. Una dopo l’altra cadono le facili pretese avanzate di un recupero manu militari dei territori perduti, nonché batte il passo finale la cecità di chi ha mirato unicamente ad alimentare, anzi che spegnere, il fuoco acceso tra la Ue, la Nato e la Russia di Putin. Non si comprenderebbe d’ altra parte l’accento appassionato e significativo con cui Papa Francesco ha proprio in questi giorni voluto sollecitare i cattolici russi a condividere le fondamenta storiche dello spazio geopolitico della Russia di ieri e di oggi, le cui radici religiose lambiscono anche il mondo ucraino in misura dirimente.
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La situazione dell’Ucraina, da questo punto di vista, è febbricitante e potrebbe anche riservare colpi di scena. Non è puro frutto dell’immaginario ipotizzare l’eventualità di una spaccatura politica nella casta dirigente, che potrebbe far vacillare la testa di Zelensky per un cambiamento di rotta strategica e di obbiettivi militari. L’ ipotesi di favorire un possibile “25 Luglio ucraino” era già affiorata nei primi tempi della “operazione speciale”, quando Putin cercò di tirare in ballo gli alti comandi dell’esercito invitandoli alla sollevazione. L’appello cadde nel vuoto, e apparve intempestivo e maldestro: ma resta un sintomatico segnale dei piani operativi che l’interventismo russo ha previsto nell’intricata vicenda fin dall’infausta “rivoluzione” di piazza Maidan.
Non è affatto da escludere che la “vecchia talpa” di Mosca abbia infatti operato per fare emergere dall’interno della compagine istituzionale ucraina una qualche iniziativa in grado di dare il benservito a Zelensky ed al suo cerchio magico di collaboratori, magari sulla scia di un aperto malcontento di popolo (l’aggravarsi delle condizioni materiali, l’aumento del numero dei caduti, l’assenza di prospettive e risultati, la sostanziale ambiguità occidentale nel sostegno alla azione militare, ecc…).
Questo sommovimento di poteri sarebbe il preambolo di una svolta politico diplomatica per mettere in campo le premesse del cessate il fuoco e l’apertura di una trattativa di pace, basata sull’impegno preliminare di fare dell’Ucraina un territorio smilitarizzato e neutrale con una nuova costituzione e uno statuto speciale di larga autonomia alle regioni russofone. In poche parole, si tratterebbe per l’ Occidente di negoziare su basi meno vantaggiose di quelle garantite dai vecchi accordi di Minsk. Però gli Usa, la Nato e la Ue di conserva sono ormai di fronte a un vicolo cieco, cui non poteva non portare la contraddittoria politica di progressivo “allargamento della Nato” ai confini della Russia che non mettesse nel conto anche la possibilità di uno scontro bellico di proporzioni incalcolabili.
E’ proprio per scongiurare l’esito catastrofico di un simile abbaglio strategico che mondi diversi della politica e della cultura in Europa e altrove (Cina su tutti) si fanno sentire in nome di un negoziato che salvi la pace assieme all’indipendenza e la sovranità dell’Ucraina. Dalle stesse parole del Santo Padre pronunciate ai giovani cattolici russi (ma la sua ansia e trepidazione per le sofferenze imposte e subite dal popolo ucraino si è manifestata fin dall’ inizio della guerra) è affiorata chiaramente una sensibilità palpabile ad intervenire, non casualmente per l’urgenza attuale, che reclama una mobilitazione preliminare delle coscienze e la preparazione anticipatrice di una iniziativa risolutiva: fare tacere le armi e riaprire le condizioni di costruzione di quello “spazio comune europeo”, di pacifica collaborazione tra mondo occidentale e mondo russo, cui hanno sempre aspirato, dalla fine della guerra fredda, le migliori energie politiche culturali e morali dell’Est e dell’Ovest.