Il dramma migranti
In salute e con le scarpe: ecco l’identikit dell’invasore
Glielo dobbiamo per il dovere che ci compete. Il dovere di trattarli da esseri umani e non da negri.
Cronaca - di Iuri Maria Prado
Glielo dobbiamo. Glielo dobbiamo perché sono stati messi in catene. Glielo dobbiamo perché sono stati venduti e comprati. Glielo dobbiamo perché mentre se ne faceva compravendita si scriveva che erano cose senza anima, perché mentre erano incatenati si spiegava che erano come animali. Glielo dobbiamo perché le donne e le bambine erano stuprate nelle baracche e nelle stalle benedette dal prete bianco.
Glielo dobbiamo perché nelle notti della modernità occidentale splendevano i roghi che li bruciavano vivi. Glielo dobbiamo perché hanno visto gli scavi della frusta sulla schiena dei loro figli, perché incolonnati dai guardiani verso i campi di lavoro hanno visto i piedi nudi dei loro compagni impiccati. Glielo dobbiamo perché hanno ascoltato i discorsi dei padroni che ne rivendicavano la proprietà, e le teorie che proclamavano la giustizia e l’irrevocabilità divina di quel dominio.
Glielo dobbiamo perché appartengono a una parte dell’umanità cui l’altra parte ha negato tutto. Glielo dobbiamo perché non è estinto, e anzi si riafferma, il pregiudizio che li condanna, e perché questo pregiudizio è il peccato che ci condanna. Glielo dobbiamo per il dovere che ci compete. Il dovere di trattarli da esseri umani e non da negri.