Le testimonianze
“Ecco cosa succede in Tunisia”, le storie dei migranti sbarcati a Lampedusa
Siamo all’interno di una rivoluzione epocale. Purtroppo, lo sguardo italocentrico non ci permette di discernere ciò che sta veramente avvenendo al di fuori del nostro paese ma che ha inevitabilmente ripercussioni in Italia.
Cronaca - di Aboubakar Soumahoro
“Onorevole, guardi questi video. Qui, i tunisini stanno violentando questa donna. Invece in questo altro video stanno picchiando questi uomini. Tutta questa violenza solo perché siamo neri. Ho filmato questi momenti terribili perché il mondo deve sapere ciò che sta accadendo in Tunisia. Per favore, parli per noi. Dica a tutti di salvare chi è rimasto giù, hanno bisogno di tutti noi”.
Mentre Ali (un nome di fantasia per proteggere la sua privacy) mi faceva vedere quei terribili video, Charles (ancora un nome di fantasia), un immigrato della Tunisia, annuiva e mi disse: “Onorevole, non sono d’accordo con ciò che sta facendo il mio governo”. Durante la mia visita ispettiva all’hotspot di Lampedusa, ho visto e ho ascoltato storie strazianti come questa di Ali che era tranquillamente a casa sua quando la polizia tunisina è venuta a prenderlo per metterlo in prigione. Purtroppo, gli accordi con la Tunisia stanno causando le stesse violazioni di diritti umani come avviene in Libia.
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I processi migratori non possono essere governati da una propaganda di stampo razzista e afrofobico. Questo può forse funzionare per vincere un’elezione ma è inefficace per governare questo fenomeno complesso. La Presidente Giorgia Meloni lo sta probabilmente realizzando. Oggi, siamo all’interno di una rivoluzione epocale. Purtroppo, lo sguardo italocentrico non ci permette di discernere ciò che sta veramente avvenendo al di fuori del nostro paese ma che ha inevitabilmente ripercussioni in Italia. Per questo, bisogna dedogmatizzare e deideologizzare il dibattito sull’immigrazione se si desidera arrivare a disegnare politiche lungimiranti.
Un vecchio adagio africano dice che “la migliore conoscenza è la conoscenza del contesto”. Ogni politica sull’immigrazione deve innanzitutto partire dalla conoscenza del contesto dei paesi di provenienza della migrazione, ovvero l’Africa. Oggi, l’Africa è attraversata principalmente da 3 tipi di rivoluzione. La prima è quella generazionale. Contrariamente all’Italia, i giovani sono la maggioranza nel continente. La seconda è quella che un operatore che ho incontrato a Lampedusa ha definito “un’umanità in rivolta”. I poveri che sono anch’essi la maggioranza si stanno ribellando. La terza è quella razziale. Ovvero, il “nero” che si ribella e non accetta più la “supremazia bianca” che nel corso dei secoli ha prodotto lo schiavismo, la colonizzazione, soprusi e deprivazioni.
Quest’ultima rivoluzione si sta espandendo nei vari continenti del mondo abbracciando tutte le categorie delle persone indipendentemente dal genere, dall’età e dalla classe sociale. Per questo occorre essere attenti ad alimentare l’afrofobia e l’odio razziale. Se si dovesse scegliere questa miope strada, con la sola finalità di tenere unito un elettorato, si correrebbe il rischio di incendiare le nostre società che necessitano coesione e scelte politiche per un futuro migliore.
Oggi, occorre aver la lungimiranza di coinvolgere gli afrodiscendenti e i paesi africani nel disegnare le politiche migratorie. In equa misura, il paternalismo di chi parla per l’immigrato invece di farlo parlare in prima persona, non può essere la soluzione. Per questo, serve urgentemente un tavolo di confronto con tutte le parti coinvolte per discutere ed elaborare una strategia a breve, medio e lungo termine.
*Deputato, scrittore e attivista per i diritti