L'ex Presidente della Camera

Intervista a Laura Boldrini: “Da questa destra oscurantista, una becera campagna elettorale. E sui migranti solo slogan”

“Non abbiamo visto uno straccio di documento, il piano per l’Africa è uno slogan vuoto”. La dem è reduce da una missione in Tunisia: “Vanno aiutati i tunisini non l’autocrate Saied"

Interviste - di Umberto De Giovannangeli

24 Settembre 2023 alle 14:30

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Intervista a Laura Boldrini: “Da questa destra oscurantista, una becera campagna elettorale. E sui migranti solo slogan”

Le sue considerazioni sono il portato di una storia personale che l’ha vista sui teatri più esplosivi del pianeta, prima nella sua venticinquennale esperienza nelle Agenzie delle Nazioni Unite, e successivamente nell’impegno politico-parlamentare che l’ha portata ad essere Presidente della Camera dei Deputati e oggi Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo. La parola a Laura Boldrini.

La presidente del Consiglio che rilancia la linea securitaria sui migranti, e dalla tribuna del Palazzo di Vetro invoca una guerra planetaria all’immigrazione clandestina. Il vice premier Salvini che abbraccia Marine Le Pen e evoca l’utilizzo della Marina militare nel Mediterraneo per combattere la guerra all’immigrazione clandestina. Sulla pelle dei migranti a destra si è aperta la campagna elettorale in vista delle europee?
La destra ha fatto una becera campagna elettorale promettendo blocchi navali, porti chiusi, espulsioni di tutti gli irregolari, stop agli arrivi sulle nostre coste. Poi si sono dovuti scontrare con la realtà, ben più complessa, dei loro slogan e quelle terrificanti promesse non solo sono state disattese, ma sono diventate un boomerang. E questo nonostante due decreti legge: uno contro le ONG e l’altro cosiddetto “decreto Cutro” in cui hanno azzerato la protezione speciale e inventato un nuovo reato di cui non c’era davvero bisogno. Ad aprile hanno anche dichiarato lo stato d’emergenza che, normalmente serve a sveltire le procedure e facilitare la logistica in caso di arrivi consistenti. Abbiamo visto tutti come erano “pronti”: migliaia di persone lasciate per giorni a Lampedusa senza un riparo né l’assistenza necessaria. Sono stati i lampedusani che hanno sopperito, dando ai migranti acqua e cibo. Abbiamo dato l’immagine di un Paese allo sbando e incapace di accogliere dignitosamente donne, bambini e uomini in cerca di pace, sicurezza e di un futuro. Quindi c’è da chiedersi se tutto questo dipenda dalla loro incapacità o dalla cinica volontà di creare il caso per attirare l’attenzione sulla pelle degli immigrati e sulle spalle dei lampedusani. Nel frattempo, Salvini, che ha visto erodere il suo consenso a vantaggio di Giorgia Meloni, non ha trovato nulla di meglio che invitare Marine Le Pen a Pontida per fare uno sgarbo alla premier. Una situazione veramente sconfortante.

Ma con il “Piano Mattei” per l’Africa, Giorgia Meloni ha assicurato che la situazione si risolverà. Cosa prevede questo piano tanto sbandierato dalla premier?
Mi piacerebbe sapere cos’è il “Piano Mattei” di cui il governo parla continuamente. Ma non lo sappiamo. Ho chiesto ripetutamente, in aula a Montecitorio e in Commissione Affari Esteri, di leggere un progetto, una proposta finanziaria, uno straccio di documento, degli appunti su questo fantomatico piano, ma non ho mai ottenuto alcuna risposta. Il “Piano Mattei”, ad oggi, è uno slogan vuoto. Ritengo che sia molto grave che, dopo un anno, si parli di uno slogan vuoto: è una questione di rispetto verso i cittadini e le cittadine, verso il Parlamento e verso le istituzioni internazionali.

La presidente del Consiglio non è andata alla riunione dei capi di Stato e di Governo sullo stato dell’agenda 2030 che si teneva a New York. Come leggere politicamente questa assenza?
Questa assenza testimonia tutto il disinteresse del governo Meloni per il futuro dell’umanità, cioè per gli obbiettivi dell’Agenda 2030 che di questo si occupa. Parliamo della lotta alle disuguaglianze, della crisi climatica, della parità di genere, del diritto all’istruzione di milioni di bambine e bambini e di tante altre questioni di primaria importanza. Temi che, evidentemente, non sono stati ritenuti prioritari dalla premier. La crisi climatica, ad esempio, è una realtà drammatica. Lo abbiamo visto nei nostri territori, penso ad esempio all’Emilia Romagna e alle Marche, ma anche in Libia con il dramma di migliaia di morti. Una tragedia che, va sottolineato, ha e avrà ripercussioni pesantissime pure sui flussi migratori. Questo è un esecutivo sostanzialmente negazionista del cambiamento climatico. Basti pensare che solo due giorni fa e grazie alle pressioni della società civile è stata approvata la nuova Strategia nazionale di sviluppo sostenibile (SNSvS), mentre il governo ancora si oppone al Green Deal europeo. Questo significa che non c’è una visione né alcun interesse a salvaguardare il futuro dell’Italia, del Pianeta e delle nuove generazioni. Non quelle che arriveranno tra 50 anni, ma quelle che adesso riempiono le piazze chiedendo ai governi di tutto il Mondo di agire subito. Perché è già troppo tardi.

Lei è da poco stata in Tunisia per una missione e, insieme al suo collega Provenzano avete scritto una lettera alla presidente Von Der Leyen: volete boicottare il memorandum con l’Unione europea?
Al contrario, noi vogliamo aiutare i tunisini e le tunisine, non certo l’autocrate Kais Saied che non fa gli interessi del Paese. In Tunisia c’è una grave crisi democratica, economica e sociale. Saied ha chiuso il Parlamento, destituito il governo e il Consiglio superiore della magistratura, perseguita giornalisti, magistrati, avvocati, attiviste e attivisti e chiunque critichi il suo potere. Il 90% dei giovani tunisini vuole abbandonare il Paese perché non vede un futuro. A febbraio scorso il presidente ha pronunciato un discorso razzista e feroce con il quale ha addossato le responsabilità della crisi economica ai migranti che arrivano dai paesi subsahariani. Su di loro, ora, si riversa tutta la rabbia sociale dei tunisini. Abbiamo ascoltato storie di persone picchiate, aggredite, cacciate dalle case in cui abitavano. Saied non ha una politica economica e questa instabilità politica scoraggia enormemente gli investimenti sia di operatori locali sia di quelli stranieri. La situazione è questa: giovani tunisini e migranti vogliono lasciare la Tunisia per andare in Europa in cerca di libertà e di un futuro. L’Europa e l’Italia non possono chiudere gli occhi davanti alle gravissime violazioni dei diritti umani solo nella speranza che Saied blocchi le partenze dei migranti. Cosa che, tra l’altro, non è successa. E’ una lezione che avremmo dovuto imparare già con gli accordi con la Libia che, evidentemente, non hanno funzionato e hanno avuto un altissimo costo umano. E’ stato un errore quello ed è un errore questo memorandum con la Tunisia. L’accordo con la Tunisia va fatto, ma ponendo condizioni chiare e tassative sul ripristino del processo democratico, del rispetto dei diritti umani e delle libertà. Solo così si aiuta il popolo tunisino e si dà stabilità al Paese, restituendo speranza ai giovani.

Proseguendo sulla linea securitaria, il Governo vuole aumentare i Cpr, almeno uno in ogni Regione, oltre che allungarne i tempi di detenzione.
Dai Cpr hanno già preso le distanze, oltre ai presidenti di regione di centrosinistra, anche Zaia e Fontana. Aumentare a 18 mesi il trattenimento, cioè la detenzione dei migranti, come vuole fare il governo Meloni, è qualcosa a cui abbiamo già assistito, ai tempi di Maroni ministro dell’Interno. E abbiamo visto che non funiona. Per procedere ai rimpatri servono gli accordi di riammissione con i Paesi di origine. Fatti gli accordi, i Paesi che aderiscono, mandano il personale diplomatico per procedere all’identificazione ed esperire le pratiche. Per fare questo, bastano e avanzano tre mesi. Tenere in detenzione per 18 mesi persone che non hanno commesso alcun crimine, vuol dire aumentare il livello di tensione all’interno dei Cpr, rivolte e morti, oltre a episodi di autolesionismo dei migranti. E il numero dei rimpatri è sempre lo stesso, intorno al 40%, non aumenta con l’aumentare dei mesi. Oggi abbiamo 10 Cpr, in passato ne abbiamo avuti 19 e abbiamo visto che non cambia niente: i rimpatri non sono mai cresciuti. Diciotto mesi di detenzione e un numero maggiore di CPR sono solo una bandiera ideologica da dare in pasto all’opinione pubblica delusa dalle politiche fallimentari di questo governo. E, per di più, si aumentano inutilmente le spese per lo Stato.

Salario minimo, riduzione delle spese militari, il rafforzamento e l’estensione dei diritti di cittadinanza, nel segno dell’inclusione. Perché affermare questa linea, crea ancora mal di pancia dentro il Pd e punture velenose nei salotti mediatici?
Il Pd è un grande partito e come succede nelle grandi comunità democratiche, ci sono dei dibattiti interni. L’importante è che la linea sia chiara ed è quella che ha vinto alle primarie, che hanno visto una larga partecipazione. E comunque, a dire il vero, non ci sono distinguo sostanziali sul salario minimo o sull’estensione dei diritti di cittadinanza. Non tutti, invece, la pensano allo stesso modo sull’opportunità di innalzare la spesa militare al 2% del PIL. Io ritengo che, in un momento in cui ci sono importanti emergenze sociali come l’inflazione che erode il potere di acquisto delle famiglie, la sanità pubblica che non è in grado di rispondere ai bisogni delle persone a causa della mancanza di adeguati finanziamenti, il lavoro povero, e potrei continuare, sia necessario concentrarsi su questo e poi puntare a istituire una difesa europea anziché aumentare le spese per i singoli eserciti nazionali.

Che destra è quella che da un anno governa l’Italia?
Una destra nazionalista e oscurantista che ci preoccupa, che vuole ridurre il nostro Paese in un’Italietta impaurita e chiusa, che teme il nuovo e conserva il peggio di sé e del passato. E’ una destra che alimenta i peggiori sentimenti sfruttando il malessere popolare, che non è in grado di gestire, al di fuori della propaganda, fenomeni epocali come le migrazioni e la crisi climatica. Una destra che ha una concezione proprietaria e autoritaria delle istituzioni, come dimostrano le vicende della Rai, le minacce di questi giorni al direttore del Museo Egizio di Torino solo per fare alcuni esempi. Davanti a tutto questo, le opposizioni devono essere compatte, in Parlamento e fuori, fare proposte concrete e sfidare il governo su ogni questione che incida sulla qualità della vita delle persone, sull’assetto democratico e sul futuro del Paese.
Lo stiamo già facendo con il salario minimo e continueremo in questa direzione.

24 Settembre 2023

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