Parla il consigliere lombardo
Intervista a Pierfrancesco Majorino: “Il Pd vincerà la sfida sull’immigrazione”
«Lotte sacrosante come quelle per il salario minimo e il diritto alla casa hanno anche l’effetto di rompere la saldatura tra “razzisti” e persone impaurite: il terreno su cui è cresciuta la destra nazionalista»
Interviste - di Umberto De Giovannangeli
Nella segreteria Nazionale del Partito Democratico, Pierfrancesco Majorino, già europarlamentare Dem, consigliere regionale in Lombardia, è responsabile per le Politiche migratorie e Diritto alla casa.
Centri di detenzione, espulsioni di massa, riproposizione, in chiave europea, del blocco navale nel Mediterraneo. La presidente del Consiglio va alla guerra contro i migranti. Siamo ad una radicalizzazione della politica securitaria del governo?
Più che altro siamo ad una pericolosa pagina fondata su di un mix di cinismo e impreparazione. La destra, che è totalmente fallimentare nella gestione dell’immigrazione, sta sviluppando al proprio interno una competizione in chiave elettorale e lo fa sulla pelle dei migranti e alla faccia delle nostre comunità. L’esito è un annuncio di un inasprimento di strumenti già presenti, un inasprimento peraltro che recupera strade già tentate (come i famosi diciotto mesi di detenzione nei cpr). Il tutto produce un grande rumore di fondo e nessun risultato. Nemmeno sui terreni che la destra dice di voler contemplare, quelli dell’efficacia dei rimpatri. Non esiste infatti alcuna relazione tra la durata del trattenimento di una persona in un Cpr in Italia e la possibilità che questa persona venga effettivamente espulsa. Gli accordi con i Paesi d’origine sono l’unico modo per effettuare i rimpatri. Detto questo, parliamoci chiaro: la destra è un disastro pericoloso sul piano della gestione delle politiche migratorie. Lo dimostrano i morti nel Mediterraneo, la persecuzione paranoica e totalmente inutile delle Ong, l’aumento degli arrivi irregolari, e la condizione nella quale si trovano diversi amministratori locali e Sindaci sentendosi palesemente ignorati. Poi ovvio che siamo di fronte ad un paradosso: è un fallimento perseguito. Perché a un bel pezzo della stessa destra alla fine fa comodo il migrante per strada, che mette paura, per nulla integrato: è la benzina per far crescere l’incendio del rancore.
Il discorso alla nazione di Meloni, “tolleranza zero” verso l’immigrazione irregolare, viene dopo le bordate del vice premier Salvini, in totale sintonia con Marine Le Pen, arrivato a evocare l’intervento della marina militare italiana e a parlare di “atto di guerra” contro l’Italia. Sulla pelle dei migranti si è aperta la campagna elettorale, non solo per le europee, tra gli alleati di governo?
Sì. Il risultato è questo. Il problema è che nel mezzo ci sono donne, uomini, bambine, bambini. Persone e vite vera. Storie di umanità svenduta sull’altare dell’ultimo sondaggio effettuato. E poi lo ripeto ci sono le nostre comunità. Che la destra gode a destabilizzare. Lo aveva già fatto Salvini, ora lo rifà il governo Meloni: gestire male l’accoglienza per alimentare la paura. Buttare le persone fuori dai circuiti dell’accoglienza per poter dire “visto? C’è un sacco di gente per strada!”.
La presidente del Consiglio chiama in causa l’Europa. Ma quale?
Giorgia Meloni oscilla tra il solito discorso della destra neo-nazionalista e la necessità di stringere intese con i vertici di una parte dell’establishment. In Europa spero che questa oscillazione non sfugga e che però vinca un’impostazione che sin qui non si è vista. Perché non basta difendere l’Europa così com’è. Le politiche sull’immigrazione sono state infatti segnate da una forza indirettamente egemonica della destra. Ciò avviene colpendo l’operato di una Commissione Europea molto illuminata su altri terreni, basti pensare al Green Deal o a Next Generation EU da cui arrivano i fondi del PNRR e assolutamente invece deludente proprio sul terreno dei diritti umani. Infatti se penso all’immigrazione l’Europa deve scoprire il coraggio di un discorso nuovo. Innovativo e solidale. Lo diciamo nelle proposte del Partito Democratico: si ricominci dalla riforma di Dublino, per non lasciare soli i Paesi di primo approdo, quella riforma sostenuta o ignorata dalla destra proprio quando i Socialisti e i Democratici lottavano, allora guidati da Elly Schlein, al Parlamento europeo perché venisse cambiata. E ancora: ci sia l’obbligo alla redistribuzione interna, si faccia una Mare nostrum europea. E soprattutto, questione che chiama direttamente in causa quel che si deve fare in Italia partendo dal richiamo forte del Presidente Mattarella, si investa sui canali d’accesso legali. L’immigrazione legale deve essere il cuore di ogni politica sul tema. Questo poi, va da sé, deve portare l’Italia al superamento della Bossi Fini.
Dal Parlamento europeo è giunto un segnale forte: cancellare il Memorandum Europa-Libia, quel patto che Meloni ha sempre indicato come un modello da replicare. E’ questo il “Piano Mattei” per l’Africa?
Il Piano Mattei mi pare uno slogan. All’inizio è stato propagandato come uno strumento utile ad aiutare lo sviluppo oltre il Mediterraneo. Poi ciò ha preso il volto dell’accordo con la Tunisia che se ne frega del rispetto dei diritti umani.
Per noi bisogna ripartire da due cose essenziali: un grande piano per l’Africa, costruito con l’Africa. E il sostegno alla cooperazione allo sviluppo, motivo che ha spinto il PD ad aderire ad una campagna della società civile che fissa un obiettivo giusto. Portare allo 0.7% del Pil la spesa in materia di cooperazione.
A proposito di patti. Il presidente tunisino, Kais Saied, tanto lodato dalla premier Meloni, ricatta l’Europa: Soldi senza condizioni o salta il memorandum.
Io credo che il patto con Saied sia partito malissimo come hanno giustamente raccontato i nostri parlamentari Provenzano e Boldrini, recandosi in Tunisia. Il governo italiano voleva esibire l’accordo sull’immigrazione come uno scalpo e non si è realmente occupato delle condizioni che poneva Saied. Bisogna stare molto attenti perché il punto oggi deve essere quello di non favorire un regime che lede i diritti umani e di avere garanzie per aiutare il popolo tunisino.
Nel suo videomessaggio la premier ha affermato che è colpa dei “governi immigrazionisti” se esistono “centri di permanenza per i rimpatri scandalosamente esigui“.
Sono continue bugie. La verità è che i Cpr oggi sono un luogo ambiguo che mescola al suo interno chi deve essere certamente rimpatriato, chi non è chiaro che vada incontro a quel destino perché non si capisce se verrà ripreso dal paese d’origine e perfino chi è ancora in attesa di comprendere se dovrà essere rimpatriato o meno. Sono un pericoloso pasticcio. Comunque, le dico la verità: non voglio inseguire la destra su questo terreno. Presentino i loro provvedimenti oltre i videomessaggi. Commenteremo quelli. Spieghino numeri alla mano cosa si ottiene con questi provvedimenti. Chi di noi conosce la materia lo sa bene: nulla. O meglio qualche urlo in televisione e un po’ di sofferenza per quei migranti per bene – e ci sono – che finiscono nei Cpr senza nessun motivo.
La sinistra, il PD che ne è la forza maggiore, è attrezzata per sostenere una battaglia che non è solo politica ma culturale, di valori e su questo costruire un fronte ampio e unitario delle opposizioni?
Abbiamo appena presentato sette proposte che si fondano sui canali d’accesso legali, sulla lotta politica per un’Europa più solidale, sull’accoglienza diffusa e di qualità, sulla necessità di avere un grande piano integrazione, sul rapporto con i Sindaci, sul fatto che esista, come chiede ANCI, un Fondo nazionale immigrazione a cui si possano rivolgere i Comuni, sull’attenzione ai minori e alle donne vittime di tratta e abuso e altro ancora. Insisteremo su questa strada, consapevoli dei danni della narrazione tossica della destra e del fatto che, quando i numeri in Parlamento, c’erano non si è riusciti a compiere alcune grandi scelte, prima tra tutte il superamento della Bossi Fini. Insisteremo con grande determinazione dialogando con tutti. Non solo forze politiche ma pure associazioni, terzo settore, operatori del diritto con cui vogliamo scrivere una proposta per una nuova legge quadro sull’immigrazione. Sappiamo benissimo quanto sia una battaglia culturale dura che vinceremo, personalmente non smetterò mai di dirlo, quando si percepirà un altro aspetto.
Quale?
L’intransigenza nostra, del PD, delle opposizioni, sulle questioni sociali, sulla lotta alla precarietà. Per questo c’è un effetto, come dire, indiretto delle lotte, sacrosante in sé, sul salario minimo e giusto o su quelle sul diritto alla Casa che stiamo cominciando con nettezza a portare avanti: è quello di rompere la saldatura che ci ha fatto più male. La saldatura tra i “razzisti” che ci sono e ci sono sempre stati e gli impauriti dalla dimensione di insicurezza sociale. Quella saldatura è stato il terreno perfetto per veder crescere la malapianta della destra nazionalista. Ma soprattutto è stato il terreno di coltura di un senso di competizione nei confronti dei cittadini d’origine straniera patito dalle persone più povere. Un pezzo di “popolo” di cui sarebbe folle non ascoltare l’allarme. C’è un bisogno di giustizia che deve unire tutti, che rappresenta la necessità di un salto culturale della società italiana. Inoltre credo che parlare di accoglienza diffusa voglia dire insistere su questo terreno: interventi di qualità, ben distribuiti sul territorio, per integrare e non disastrose concentrazioni di centinaia e centinaia di persone per le quali magari non viene nemmeno immaginato un vero corso d’italiano. Se sento parlare di una tendopoli a Lampedusa ad esempio rabbrividisco. Infine c’è la questione, che non sottovaluto per niente, della sicurezza urbana.
Tema scivoloso, cavalcato dalla destra.
Nelle nostre città servono spesso più agenti e forze dell’ordine. Il ministro dell’Interno e la Presidente del Consiglio invece che contribuire all’aumento dell’allarme sociale dovrebbero aumentare il numero di agenti realmente operativi sui nostri territori. Viene il sospetto che non lo facciano perché amano una società fondata sull’insicurezza che è da che mondo è mondo il miglior alleato della paura.