Trattati e strategie
Emergenza migranti, è scontro a Bruxelles
Borrell contro il patto con Tunisi. Bocciatura anche dal Consiglio d’Europa: Ursula non poteva firmarlo
Politica - di David Romoli
“Voglio vedere se ora accuseranno anche la von der Leyen di voler affondare i barconi con i migranti a bordo”: ieri, aprendo la riunione del Cdm che ha varato la costruzione di nuovi campi e di prolungare a 18 mesi il periodo di detenzione per gli irregolari in attesa di rimpatrio, Giorgia Meloni ha rivendicato quella che considera quasi una sua vittoria personale: “La Commissione e buona parte dei governi si sono schierati sulle nostre posizioni. Il piano della von der Leyen è perfettamente in linea con le nostre posizioni”. Non ha torto.
Ora tutta l’Europa si è spostata sulla sua linea, nessuno parla di più di ricollocamenti o di rivedere il trattato di Dublino. La parola d’ordine adottata ovunque è quella invocata da sempre dalla destra xenofoba: non devono arrivare e chi riesce a mettere piede in Europa deve essere rimpatriato. Le parole della ministra degli Interni tedesca Nancy Faeser, Spd, potrebbe averle pronunciate la premier italiana o quello ungherese. I contenziosi con la Francia svaniscono quando non si tratta più di redistribuire, ma di mettersi a braccetto per fermare gli arrivi. Non che si possa parlare davvero di solidarietà.
Il ministro francese degli Interni Darmanin, che ieri pomeriggio era a Roma per fare il punto con Piantedosi, esclude di accogliere anche un solo irregolare sbarcato in Italia. La Germania condivide. L’Austria, dopo aver rafforzato la difesa delle frontiere con l’Italia, ha ordinato ieri di intensificare i controlli sui Tir in arrivo dall’Italia. Salvini sfrutta la circostanza per portare acqua al suo mulino antieuropeo: “Quello di Vienna è uno schiaffo alla solidarietà europea e a Francia e Ue dico: basta chiacchiere”. La premier preferisce guardare al bicchiere almeno un pochino pieno e considerare le blindature dei Paesi europei come particolari di secondaria importanza a fronte della vera missione comune, la Fortezza Europa.
L’obiettivo del governo italiano, ora, è portare il prossimo Consiglio europeo a varare una missione navale comune. “Siamo disponibili a esplorare la possibilità di missioni navali ma poi la decisione spetta agli Stati membri”, conferma la vicepresidente della Commissione Schinas, che andrà in missione nei “Paesi d’origine dell’immigrazione” per cercare accordi sui rimpatri. La strada europea di Giorgia però non è in discesa. L’opposizione alla sua strategia bellica c’è ed è stata lei stessa ad ammetterlo, non per la prima volta, in sede di Cdm. Ieri il Consiglio d’Europa, che non va confuso con il ben più decisivo Consiglio europeo, ha dato parere giuridico negativo sul memorandum con la Tunisia.
La presidente von der Leyen, secondo il Consiglio, non avrebbe potuto firmarlo dopo aver ottenuto il consenso solo di due Paesi, Italia e Olanda, e non di tutti e 27. Le due tranches di aiuti promessi alla Tunisia, una di 150 e l’altra di 105 mln, sono ancora congelate. Ufficialmente per intoppi burocratici ma, anche se i tempi della Ue sono effettivamente pachidermici, è evidente la regia politica, del resto esplicita nella lettera contro il memorandum del vicepresidente spagnolo della Commissione Borrell: “Parecchi Stati membri hanno espresso la loro incomprensione per l’azione unilaterale della Commissione e preoccupazione per alcuni suoi contenuti”.
Il Pd, con una lettera aperta alla presidente della Commissione firmata da Giuseppe Provenzano e Laura Boldrini, chiede di non dar seguito al memorandum, La presidente della Commissione reagisce facendo sapere che tutti gli Stati erano stati informati del memorandum e avevano dato la loro approvazione. Quella del consiglio italiano si è scagliata contro le critiche: “Dispiace constatare che parte delle forze politiche italiane ed europee, per ragioni ideologiche o, peggio, per calcolo politico, remino contro”.
Lo scontro insomma è a Bruxelles e con un simile braccio di ferro in corso non è facile che prenda il via quella nuova “Missione Sofia” che chiede l’Italia. Le nuove norme varate ieri, con una “aggiunta” al dl Sud, saranno seguite la settimana prossima da un dl sui minori, per facilitarne il rimpatrio. In mezzo Meloni parlerà domani all’Onu e chiederà interventi per l’Africa, unica strada per fermare l’esodo. Ma il danno culturale e politico apportato dalla drastica sterzata dalle discussioni sull’accoglienza a quelle sul respingimento è già fatto.