Una prassi?

Incidente di Brandizzo, le telefonate inascoltate e la testimonianza dell’ex operaio: “Capitato molte volte”

Cronaca - di Redazione

4 Settembre 2023 alle 10:55

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Cosa è accaduto a Brandizzo

Un incidente frutto di una “prassi”, ovvero quella di iniziare i lavori prima perché “fanno tutti così” e le manutenzioni sulla rete ferroviaria vanno effettuate senza recare disagi alla circolazione e ai passeggeri. Per questo gli interventi vengono effettuati nei fine settimana e dopo le 22 ma, se nei contratti degli operai si prevedono solo due notturni a settimana, la norma viene facilmente aggirata con la formula della chiamata volontaria.

Sarebbe anche questo il contesto in cui è avvenuta la strage ferroviaria di Brandizzo, dove un treno regionale (senza passeggeri) sulla linea ferroviaria Milano-Torino ha travolto e ucciso cinque operai impegnati in lavori di manutenzione nella notte tra 30 e 31 agosto.

Di tale “prassi” ha parlato ai media Antonio Veneziano, ex operaio della Si.gi.fer. di Borgo Vercelli chiamato a testimoniare dai pm Valentina Bossi e Giulia Nicodemo, titolari dell’inchiesta della Procura di Ivrea che vede indagati i due superstiti: Antonio Massa, 47 anni dipendente di Rfi, che aveva la mansione di fare da scorta al cantiere e che secondo le procedure doveva impedire che gli operai iniziassero i lavori, e Andrea Gibin Giradin, 52 anni, capo cantiere della ditta Sigifer, che si è salvato soltanto per miracolo, riuscendo ad intravedere i fari del convoglio e spostandosi sull’altro binario.

È già capitato molte volte di iniziare i lavori in anticipo. In molte occasioni in cui ho lavorato lì (alla Si.gi.fer), quando sapevamo che un treno era in ritardo ci portavamo avanti con il lavoro”, ha raccontato Veneziano. Quindi i dettagli sulle procedure: “C’era una regolazione, cioè il restringimento del binario, da fare con un convoglio atteso fuori dall’orario corretto di passaggio? Iniziavamo a lavorare, svitavamo i chiavardini (sistemi di fissaggio delle rotaie alle traversine in legno, ndr). Dopodiché, prima del passaggio dei convogli ci buttavano fuori dai binari. Eravamo in sei-sette per ogni gruppo ma in quei casi c’era chi guardava le spalle. L’altra notte non è andata così, erano tutti sulla massicciata”. L’inchiesta dovrà accertare se della “prassi” erano al corrente anche i vertici di Rete Ferroviaria Italiana.

Al centro delle indagini vi sono le tre telefonate tra Massa, impegnato nei lavori da svolgere a Brandizzo, e la sala operativa di Chivasso. La prima chiamata c’è stata tra le 23.26 e le 23.29. “Possiamo cominciare?”, chiede Massa alla tecnica di Chivasso, che ha risposto: “State fermi. Deve ancora passare un treno, che è in ritardo. Aggiorniamoci dopo”.

La seconda telefonata fatta dopo le 23.30 ha permesso di fare un confronto con le immagini delle videocamere di sorveglianza: l’audio della registrazione ha fatto sentire le manovre degli operai a lavoro, scena confermata dai filmati. Anche in questo caso, alla domanda posta da Massa di poter iniziare le attività, la sala operativa ha risposto di ‘no‘. “Bisogna aspettare dopo la mezzanotte. Ci sono due fasce orarie possibili in cui lavorare dopo quell’ora, o prima o dopo l’una e mezza, ora in cui passerà un altro treno. Scegliete voi quale preferite”. L’ultima chiamata è stata quella durante la quale è avvenuta strage, registrando la frenata e il boato.

di: Redazione - 4 Settembre 2023

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