La sinistra in piazza
Cosa è il macronismo: meno libertà e welfare, più repressione
Esteri - di Jean-Luc Mélenchon
L’assassinio di Nahel, ucciso da un poliziotto a distanza ravvicinata il 27 giugno 2023 a Nanterre, ha fatto ancora una volta luce sull’orrore che deve finire: il razzismo sistemico, la violenza della polizia e le disuguaglianze sociali che la politica di Macron sta creando. Una politica neoliberista imposta con metodi autoritari, leggi sulla sicurezza e una dottrina del mantenimento dell’ordine denunciata anche nei più grandi organismi internazionali. Una politica regressiva che fa il gioco dell’estrema destra e calpesta sempre più le nostre libertà pubbliche, il nostro modello sociale, il nostro futuro di fronte al collasso ecologico.
In prima linea tra le vittime di queste scelte politiche sono tutti quelli che vivono – e tra loro in particolare i giovani – nei quartieri popolari e nei territori d’oltremare. Sono prima di tutti loro quelli che pagano maggiormente l’acuirsi i di tutte le disuguaglianze sociali in un contesto economico di inflazione, affitti in aumento, alti prezzi dell’energia e brutali politiche urbanistiche. Le riforme di Macron aggravano la povertà restringendo in particolare l’accesso alle prestazioni sociali. La modifica dell’indennità di disoccupazione è un esempio significativo in un momento in cui la precarietà del lavoro è in aumento. Le rivolte nei quartieri popolari possono essere analizzate solo in questo contesto globale. Gli abitanti di questi quartieri, e in particolare le madri sole, sopperiscono molto spesso in completa solitudine alla mancanza di servizi pubblici, la cui distruzione accelera di giorno in giorno.
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E non c’è soltanto questo. Sono molte le forme di violenza messe in atto contro il popolo: delocalizzazione e distruzione di posti di lavoro, elusione ed evasione fiscale, stile di vita ecocida degli ultra-ricchi, super profitti delle multinazionali, metodi di produzione iper-inquinanti responsabili della crisi climatica. Lo stato lascia che tutto ciò accada! Inoltre, le persone che hanno già subito razzie di ogni genere e quelle appartenenti alle classi sociali più svantaggiate, che vivono nei sobborghi e nelle, aree rurali e urbane impoverite, o nei territori d’oltremare sono vittime di violenza istituzionale sistemica, in particolare da parte della polizia.
La politica repressiva dello Stato è ulteriormente rafforzata dall’ultimo rimpasto che ha esteso i poteri del ministero dell’Interno alla città, ai territori d’oltremare e alla cittadinanza. La repressione si sta diffondendo con sempre maggiore intensità e violenza poliziesca, divieti di manifestazione, contro il movimento sociale e ambientalista, come durante la lotta contro la riforma delle pensioni bocciata dalla stragrande maggioranza dei lavoratori e dei loro sindacati. La libertà di associazione, è sempre più messa in discussione. Direttamente e indirettamente.
Questa situazione è tanto più preoccupante in quanto l’istituzione di polizia sembra al di fuori del controllo del potere politico. Dalle dichiarazioni faziose di alcuni sindacati di polizia dopo l’assassinio di Nahel alle dichiarazioni del Direttore Generale della Polizia Nazionale e a quelle del Prefetto di Polizia di Parigi nonché del Ministro dell’Interno, è l’istituzione di polizia stessa che oggi mette in discussione lo stato di diritto, piuttosto che porre fine all’impunità per gli autori della violenza della polizia.
I nostri sindacati, associazioni, collettivi, comitati di quartieri popolari, vittime della violenza della polizia e partiti politici si stanno mobilitando insieme a lungo termine per avere una giustizia antirazzista, sociale ed ecologica, femminista e per la fine delle politiche di sicurezza e antisociali.
La crisi democratica, sociale e politica che stiamo attraversando è molto grave. Non possiamo accettare che ci siano ancora altri morti come Nahel, o altri feriti, vittime della violenza della polizia. Chiediamo a tutti di scendere in piazza sabato 23 settembre, di organizzare manifestazioni o altre iniziative in tutto il Paese, di schierarsi insieme contro la repressione delle proteste sociali democratiche ed ecologiche, per la fine del razzismo sistemico, della violenza della polizia e per il clima , giustizia sociale femminista e libertà civili.
Chiediamo risposte immediate e urgenti. Chiediamo l’abrogazione della legge del 2017 sull’alleggerimento delle norme sull’uso delle armi da fuoco da parte delle forze dell’ordine; una profonda riforma della polizia, delle sue tecniche di intervento e del suo armamento; la sostituzione dell’Ispettorato Generale della Polizia Nazionale con un organismo indipendente dalla gerarchia di polizia e dal potere politico; la creazione di un servizio dedicato alla discriminazione dei giovani all’interno dell’autorità amministrativa presieduta dal Difensore dei diritti e il rafforzamento dei mezzi di contrasto al razzismo, anche nelle forze dell’ordine; un piano ampio di investimenti pubblici nei quartieri popolari e in tutto il Paese per ripristinare i servizi pubblici, finanziare associazioni e centri sociali.
Andiamo in piazza tutti insieme il 23 settembre!