Il caos in Francia
MÉLENCHON PER L’UNITÀ | Polizia in Francia ha licenza di uccidere, invitiamo alla giustizia non alla calma
Cosa fa il governo dopo che due sindacati di poliziotti hanno scritto di essere in guerra contro il popolo?
Editoriali - di Jean-Luc Mélenchon
Sono ore molto gravi per la Francia. È il momento in cui ciascuno deve chiedersi come possiamo renderci utili al paese, al suo popolo, alla sovranità, alla pace civile. Se volete, ascoltate una voce che a volte può disturbare. In questa situazione è fondamentale che quelli che ascoltano possano capire, ascoltando, che il loro messaggio, le loro attese, il senso della loro rabbia siano stati capiti.
Se invece si fa alla rovescia, se ci si comporta come se tutto quello che sta accadendo non fosse il risultato di condizioni e fatti chiarissimi, la maggioranza delle persone coinvolte avrà l’impressione che la disprezziamo. Io ho sentito il presidente della repubblica buttare sul tavolo la questione dell’educazione dei bambini. Ha parlato anche della violenza dei videogiochi. A proposito dell’educazione vorrei fargli notare quale grave errore commette a non capire che per le nostre famiglie i ragazzi sono la priorità, sono l’essenziale e se non capisce che nei quartieri popolari le donne e gli uomini, a casa o a lavoro, fanno tutto quello che è in loro potere per educare al meglio, al meglio delle condizioni in cui sono, i loro figli.
Fanno l’impossibile per proteggerli in ogni circostanza. Non avevo mai sentito prima rivolgere a un ceto sociale le raccomandazioni che ho sentito rivolgere all’indirizzo dei ceti popolari. Questo non è giusto, signor presidente della repubblica. Questo è offensivo, signor presidente della repubblica. Ma di quale cattiva educazione parlate, ma quale cattiva educazione potete pensare abbia ricevuto Nahel (il ragazzo ucciso martedì scorso da un poliziotto che gli aveva intimato l’alt mentre era alla guida di un’ automobile, l’omicidio è all’origine della protesta n.d.r.) dalla sua mamma che adesso sta piangendo da sola il suo unico figlio.
Anche se davvero avesse rifiutato di fermarsi all’alt alla macchina, voi vi siete sentiti di abbatterlo per questo? Che genere di errore educativo avrebbe commesso lei per avere suo figlio morto adesso in casa? Di che cosa viene punita? Quale mancanza avrebbe commesso? Molto più grave è l’errore di educazione dei quadri dirigenti che hanno permesso che un poliziotto potesse pensare che abbattere un ragazzo di 17 anni non fosse così grave.
Che cattiva educazione avrebbe ricevuto Cédric Chouia per finire strangolato al suolo? Sono passati tre anni e i poliziotti imputati ancora non sono stati giudicati. Che errore di educazione avrebbe scontato Rihanna, 21 anni, abbattuta perché la persona che guidava l’auto in cui lei viaggiava avrebbe rifiutato di fermarsi all’alt? Anche lui si è preso una pallottola. Lei è stata uccisa. Anche lei era figlia unica. Come è possibile non vedere che il numero di questi omicidi è aumentato incredibilmente da quando è stata votata una legge che permette di sparare in queste situazioni? Legge adottata dal primo ministro Bernard Cazeneuve (nel 2017, presidente François Hollande, ministro degli Interni Manuel Valls che quella legge ha voluto n.d.r.).
Prima non c’erano così tanti omicidi di questo tipo: bisogna abrogare questa legge e fare in modo che le armi siano molto meno diffuse sempre, in tutte le circostanze, e in particolare durante le operazioni per garantire l’ordine nelle manifestazioni di piazza. La seconda questione tirata in ballo dal presidente della repubblica è la violenza dei videogiochi. Bene, sono d’accordo con lui, ma quindi cosa pensa di fare? Fa forse qualcosa contro i videogiochi e contro le grandi industrie che le vendono? No, perché per lui si tratta di affari. E del resto cattiva educazione e videogiochi sono argomenti che abbiamo già sentito citare, sono gli stessi usati da Donald Trump.
Mi sento in dovere di parlare per empatia, per simpatia, per senso di responsabilità verso persone esasperate, verso genitori che hanno paura quando i figli sono fuori di casa, paura che facciano brutti incontri, ma anche paura che incontrino qualcuno che dovrebbe invece essere lì per proteggerlo. Non dire questo, non essere espliciti su questo è essere complici. Bisogna cominciare da qui, ascoltare e ammettere, dire le cose vere per poter fare analisi razionali. Mi si stringe il cuore a pensare a tutti gli allarmi che abbiamo lanciato noi, gli Insoumises. Ricordatevi cosa è stato detto di me quando ho detto che la polizia uccide, ed era vero.
Mi si sono scatenate contro ogni tipo di critiche, come se il problema fossimo noi e non la situazione nella quale ci troviamo e le cause che questa situazione hanno creato. Abbiamo avvisato, abbiamo detto attenti che una cosa tira l’altra, di disobbedienza in disobbedienza i toni sono saliti. Succede che dei sindacati di polizia, in realtà delle associazioni di carattere fazioso, finiscono per credere che tutto permesso. Noi siamo una repubblica e il loro dovere è servire e obbedire, e per questo che il gruppo parlamentare degli Insoumise attraverso il nostro parlamentare Hugo Bernaleìs ha denunciato il procuratore della repubblica per l’ultimo comunicato pubblicato da due sindacati di polizia che dicono “non è il momento dell’azione sindacale ma di combattere contro questo soggetti pericolosi, nocivi”.
È così che chiamano queste persone e dicono: i poliziotti combattono perché siamo in guerra, saremo nella resistenza e il governo dovrà prendere atto. E che cosa ha fatto il governo dopo che la polizia rappresentata da questi due sindacati ha detto di essere in guerra contro il popolo? Cosa ha fatto? È questo che bisogna iniziare a fare, richiamare alla calma questi irresponsabili perché quando portano l’uniforme e indossano i tre colori della patria non sono singoli individui e le opinioni condannabili che rappresentano. Rappresentano tutti noi e noi non siamo d’accordo. Non vogliamo che si comportino in questo modo e che parlino in questo modo. Il ministro dell’interno ha già sciolto uno di questi cosiddetti sindacati, è tempo che si esprima in questo argomento.
No, mai e poi mai la patria sarà in guerra contro il suo popolo! Non so se noi da giovani eravamo tanto più saggi di questi giovani. So però qualcosa sulla polizia e sull’abbandono dei quartieri popolari. Noi abbiamo detto cento volte che sarebbe finita male, abbiamo detto infinite volte che non può che finire così se esistono quartieri dove non ci sono trasporti, negozi, uffici postale, commissariati, dove non c’è niente. Se volete parlare di educazione, signor presidente della Repubblica, parliamo della scuola. Com’è possibile che nei quartieri popolari manchino tanti professori e professoresse e che non sono mai sostituiti. Perché le scuole non sono le prime ad accogliere questi giovani per educarli in piccoli gruppi?
E gli alloggi? Sono stati deputato di Marsiglia per diversi anni, dato che andate spesso a Marsiglia signor Presidente della Repubblica volete che vi ci accompagni a vedere questi alloggi malsani in cui si esige con molta ferocia il pagamento dell’affitto, alloggi in cui l’acqua del rubinetto esce gialla? È tutto questo a far esplodere la rabbia. La collera si manifesta in una forma che a voi pare assurda perché la vedete da lontano, perché è violenta e perché finisce per distruggere il poco che c’è. E questa è la questione che ci viene posta. Io non ho mai mancato di lealtà ai settori popolari, è nota la nostra adesione alla loro causa, ed per questo che vi dico che noi siamo sempre stati contrari a ogni strategia di violenza, sempre non da oggi. Noi non abbiamo mai sostenuto la violenza ma ci rifiutiamo anche di essere gli adulatori del sistema che adesso dopo, che sono stati fatti errori enormi, ci scongiura di invitare alla calma.
Noi invitiamo alla giustizia, alla giustizia sociale, alla giustizia per le singole persone, per i genitori di quei ragazzi, per i loro figli, per quelli che chiedono giustizia. E capiamoci bene quando parliamo di giustizia. Il problema non è dei giudici. Non sta ai giudici di spegnere la rivolta, troppo facile mettere sulle spalle dei giudici un problema che è essenzialmente un problema politico, un problema di giustizia sociale e di rispetto delle persone umane. Non sta ai giudici risolverlo, i giudici devono risolvere i casi singoli delle persone imputate. Quel che bisogna fare è abolire la legge che permette di uccidere, e bisogna sistematicamente sradicare le cause che permettono che ciò accada.
Quando qualcuno deve affrontare una questione per violenza della polizia non dovrebbe essere giudicato dai giudici del dipartimento che lavorano tutti i giorni con i poliziotti perché la vita loro sarebbe resa impossibile e quei giudici non potrebbero fare giustizia con la distanza e serenità necessarie alla giustizia. Ora, tutti sanno che siamo abbastanza vicini al territorio per capire che i danni inflitti ai quartieri popolari colpiscono per prima la popolazione di quei quartieri. Dico a tutti quelli che contemplano questa situazione dall’alto e guardano le persone che ci vivono come se non fossero dei comuni mortali come ognuno di noi: gli Insoumises non sono mai stati per la violenza.
A tutti e ai giovani che sono numerosi coinvolti in queste azioni dico: la scuola è il tempio più sacro di cui disponete ragazzi e ragazze, non toccatelo, le biblioteche, tutto questo appartiene a tutti noi ed è il nostro bene comune. Lo dico con franchezza. E questo non toglie nulla alla condanna e alla vergogna che vorrei coprisse i colpevoli quando sono le autorità a usare violenza contro le persone. È tempo che ognuno ritorni in sé, più è grande la sua responsabilità più alto deve essere il senso della misura di una persona. Più devono essere ponderate le sue parole.
Nei quartieri popolari adesso le persone hanno paura per i propri figli, per loro stessi, per domani. A tutti, e per primo a chi ha la più grande autorità, chiedo di prendersi la responsabilità di risolvere con la politica i problemi che hanno origine politica. Quindi se l’alto Commissariato dei diritti dell’uomo delle Nazioni unite dice alla Francia che deve preoccuparsi del comportamento razzista delle sue forze dell’ordine la risposta non sia: non è vero, non lo sappiamo, non vogliamo saperlo. Perché queste sono le risposte che vengono date di solito dai regimi autoritari, dalle dittature. La Francia è una Repubblica. Repubblica vuol dire cosa comune, facciamola essere davvero comune e amiamo abbastanza la nostra patria da permetterle di uscire dalla crisi terribile che tutti stiamo vivendo.