L'Eliseo tra due fuochi

Cosa sta succedendo in Francia, intervista a Eric Jozsef: “Così si è rotto il patto sociale”

«Parlare di guerra civile è eccessivo, ma certo la tensione è alta. Dopo i gilet gialli la popolazione ha perso fiducia nella polizia. E la destra soffia sul fuoco»

Esteri - di Umberto De Giovannangeli

1 Luglio 2023 alle 12:30 - Ultimo agg. 1 Luglio 2023 alle 17:52

Condividi l'articolo

Cosa sta succedendo in Francia, intervista a Eric Jozsef: “Così si è rotto il patto sociale”

La Francia e la rivolta delle banlieu. La polizia sotto accusa, l’Eliseo tra due fuochi. Con l’estrema destra che chiede lo stato di emergenza e la sinistra radicale schierata con le periferie e che accusa la polizia di essere diventata il braccio armato del governo. L’Unità ne discute con Eric Jozsef, corrispondente in Italia di Libération e di Rts, la radiotelevisione svizzera.

Nel raccontare gli ultimi giorni e notti di Parigi si usano terminologie da Medio Oriente: guerra civile strisciante, piazze in fiamme… Cosa sta succedendo in Francia?
Parlare di guerra civile strisciante è eccessivo. Quello che fa discutere molto in questo periodo è l’americanizzazione della società francese. C’è una tensione fortissima che precede il caso del ragazzo ammazzato dalla polizia. L’accostamento alla situazione americana è azzardato perché in Francia non c’è un razzismo istituzionalizzato e sistematico di una parte del paese, da un lato, e dall’altro non c’è una circolazione delle armi come la conosciamo in America. Bisogna mantenere la misura delle cose. Dopodiché la situazione è molto tesa e preoccupante. C’è un clima sociopolitico molto complicato. Parliamo di una società che, come le altre, è stata traumatizzata dal Covid e questo rinforza l’esasperazione della gente. A questo si aggiunge un fatto le cui conseguenze potrebbero risultare estremamente gravi…

Qual è questo fatto?
Si è rotto in qualche maniera un legame tra una parte della popolazione e la polizia. La polizia è vista da una parte significativa della popolazione come un organo repressivo, in particolare dopo la vicenda dei gilet gialli e la repressione contro manifestazioni di protesta per la riforma delle pensioni voluta da Macron. C’è poi la presenza nelle periferie della polizia che si fa sempre più massiccia, aggressiva e ostile, così almeno viene percepita. Ciò appare più evidente e drammatico di fronte all’aumento delle persone morte perché non si erano fermate ai controlli della polizia. Questo è un elemento molto dirompente. Reso ancora più incandescente dal clima politico.

Vale a dire?
C’è la sinistra radicale che soffia sul fuoco, su questo tema, attaccando in toto tutta la polizia, sostenendo che la polizia non è più repubblicana. Dall’altra parte abbiamo un governo che negli anni passati ha mandato la polizia a reprimere in modo molto forte le manifestazioni. Macron aveva promesso che avrebbe riformato la polizia, in termini di formazione anzitutto, e non l’ha fatto. E in questo contesto c’è l’estrema destra in agguato, che non fa altro che aizzare contro le periferie, contro il non rispetto delle forze dell’ordine e chiede misure sempre più repressive. Il ministro dell’Interno, Darmanin, ha cercato di farsi vedere come più forte, risoluto, inflessibile. Lui viene dalla destra repubblicana ma strizza l’occhio all’estrema destra ed è fautore di una politica repressiva. Ma per l’estrema destra non basta. Vuole ancora di più.

Cosa?
Chiede lo stato di emergenza, chiede di difendere la polizia contro la feccia delle periferie. E oggi il Rassemblement National, l’estrema destra di Marine Le Pen, è dato dai sondaggi come il primo partito in Francia. Sappiamo che tanti poliziotti votano per l’estrema destra. Non direi che si sia rotto, ma certamente si è molto indebolito quel patto civico-sociale su cui fino a qualche tempo fa si era mantenuto un equilibro sociale, e anche di tenuta di piazza. Quel patto è stato messo a repentaglio. La situazione è molto tesa e non si sa bene come far calare la tensione. Macron e il suo ministro dell’Interno che è solito difendere la polizia, questa volta davanti alle immagini dell’uccisione del ragazzo, hanno subito preso le distanze. A differenza di quello che successe nel 2005, le rivolte delle banlieu un po’ simili a quelle di questi giorni. Allora due ragazzi morirono perché tentarono di sfuggire a un controllo della polizia. Ci furono tre settimane di tensione. A quei tempi, il ministro dell’Interno era Sarkozy che buttava olio sul fuoco. Stavolta, invece, l’esecutivo ha subito cercato di prendere le distanze. Macron ha fatto una dichiarazione che di solito non è comune, nel senso che già ai primi elementi dell’inchiesta, a fronte di tentativi di scagionare il comportamento del poliziotto, lui ha affermato sulla base delle immagini che aveva visto, che si trattava di un gesto inspiegabile e senza scuse. Lo stesso ha fatto il primo ministro, Élisabeth Borne, anche il ministro dell’Interno non ha cercato di difendere il poliziotto. Questo è un primo elemento. Il governo ha preso le distanze cercando di buttare acqua sul fuoco. L’altro elemento è che il poliziotto è stato indagato per omicidio volontario, contraddicendo tutto quello che aveva affermato il poliziotto all’inizio quando aveva detto che la sua era legittima difesa. La giustizia in qualche maniera va avanti. Gli elementi pe far calare la tensione in questa vicenda ci sono tutti. Dopodiché non sappiamo se basterà. È questo il grande interrogativo. Se la presa di posizione del governo da un lato e della giustizia dall’altro, non basteranno a calmare la situazione, vorrebbe dire che gli elementi di malessere e di rabbia sono più radicati e stanno a dimostrare che la protesta sociale ha radici più profonde e diffuse. Bisognerà vedere cosa accadrà questa notte e le prossime. Resta l’aggressività dell’estrema destra, con il Rassemblement National che chiede misure repressive. Anche il capo dei Repubblicani, Eric Ciotti, che vorrebbe dialogare con il Rassemblement National della Le Pen, ha chiesto subito lo stato di emergenza., come ci fu nel 2005. Il governo cerca di non infilarsi in questa spirale di violenza. Ma il rischio di una escalation esiste e non va sottovalutato.

La vicenda politica di Emmanuel Macron è ai titoli di coda?
Macron non può più ricandidarsi alle presidenziali. Non può fare tre mandati consecutivi. E questo gioca anche nell’esasperazione della situazione politica. Perché nel momento in cui si sa che non può ripresentarsi all’Eliseo, la corsa ha inizio. E’ vero che ha altri quattro anni di mandato presidenziale, ma già ci sono tutti gli altri che sperano di succedergli all’Eliseo che prendono posizione, che lo incalzano, per guadagnare punti per il prossimo giro presidenziale. E questo lo indebolisce senz’altro perché porta le opposizioni a esasperare i toni per poter apparire di più. Nonostante manchino ancora quattro anni, in qualche maniera siamo già in campagna elettorale. Questo è molto dirompente, anche se ci potrebbe essere nel frattempo un cambio di primo ministro, del governo, ma siamo già in una situazione in cui Macron è strutturalmente indebolito.

In tutto questo, la sinistra?
La sinistra fa molta fatica. C’è la sinistra radicale, Mélenchon con la sua La France Insoumise, che cerca di recuperare, di strizzare l’occhio alle periferie accusando, la polizia di non essere più una polizia repubblicana, una buona parte dei militanti dicono di odiare la polizia, c’è questa volontà di giocare molto in difesa delle periferie contro le violenze poliziesche forse al di là di quello che è necessario. È un elemento che la sinistra radicale cerca di utilizzare contro lo stato, vedendo la polizia come il braccio armato del governo per reprimere i movimenti sociali e le periferie. La sinistra di governo, chiamiamola così, è molto più imbarazzata perché con Hollande all’Eliseo è quella che aveva inasprito le misure di repressione, in particolare dopo gli attentati del 2015. La legge che permette ai poliziotti anche in situazioni dove non c’è legittima difesa personale ma che può esserci per una terza persona è stata introdotta con Hollande presidente e Cazeneuve primo ministro. Questo fa sì che la sinistra moderata è in grande difficoltà e fa molta fatica a trovare un suo proprio discorso che non sia di appaggio senza se e senza ma alle periferie ma che sia anche un discorso che critica le violenze poliziesche. In questa situazione è molto difficile per la sinistra moderata farsi sentire.

1 Luglio 2023

Condividi l'articolo