La sfida aperta
Niente armi con i fondi del Pnrr, l’appiglio per Schlein dalla mozione con 5 Stelle e AVS: voto unitario Dem in Europa
Unanimità ieri nella mozione di Pd, M5S e Avs sul punto che impegna il governo a non produrre armi con i fondi del Pnrr. Più facile ora per la segretaria dem chiedere voto unitario ai suoi a Strasburgo
Politica - di David Romoli

Le difficoltà restano tante ma ieri in Parlamento la segretaria del Pd ha segnato un punto a suo favore. Nel dibattito sul Pnrr, Pd, M5S e Avs hanno chiesto di votare per parti separate la loro mozione comune e sul punto che impegna il governo a non produrre armi e munizioni con i fondi del Pnrr si è registrata l’unanimità.
Il ministro Fitto aveva già assunto l’impegno in apertura di dibattito. Il voto formale ufficializza e offre alla segretaria del Pd l’appiglio necessario per chiedere a tutto l’eurogruppo Pd di restare unito nel voto finale a Strasburgo sulla legge Asap, quella che consente agli Stati di adoperare i fondi del Recovery per le armi. Il voto unitario di tutti e 16 gli europarlamentari non ci sarà ma i dissensi dovrebbero diminuire, nell’ultima votazione i voti a favore di Asap erano stati solo 10, e soprattutto la segretaria dovrebbe riuscire a evitare la figura debolissima fatta al momento del voto a Bruxelles, quando per non essere sconfessata dalle sue truppe era stata costretta a non dare indicazioni di voto.
L’esito della Direzione di lunedì è più ambiguo. “Quanto meno è stata una direzione vera e non era affatto scontato. Invece ce le siamo dette in faccia”, commenta un esponente della minoranza. Per dirsele se le sono dette davvero Elly Schlein da un lato e i suoi molti critici dall’altro: se si fosse arrivati come d’abitudine al voto sulla relazione la spaccatura sarebbe stata clamorosa perché la minoranza non la avrebbe votata. Essendo stata avvertita dall’ex rivale Bonaccini, la segretaria ha ripiegato sui 7 punti sui quali chiede la “mobilitazione estiva” e lì sull’unanimità non potevano esserci dubbi, essendo l’abc di un partito d’opposizione di centrosinistra. Ma le ha cantate chiare anche Elly, perché, al netto delle diplomazie d’obbligo, il senso della sua relazione è stato secco: “Io vado avanti sulla linea scelta dal congresso, cioè dalle primarie, e chi non ci sta osi uscire allo scoperto”.
Una sfida aperta lanciata sapendo di avere al momento il coltello dalla parte del manico, perché di qui alle europee i borbottii sono destinati a restare tali senza alcuna possibilità di tradursi in lotta aperta. C’è però un motivo se la minoranza riesce comunque a vedere il bicchiere mezzo pieno. “La piattaforma è quello che è, un elenco di titoli. Ma ora su quella base dovranno confrontarsi i gruppi dirigenti”, spiega un altro esponente della minoranza. In fondo la vera posta in gioco della fase apertasi ieri è proprio questa: l’apertura del confronto interno, il ritorno di una “agibilità politica” che in questi quattro mesi di segreteria ha lasciato a desiderare non solo secondo la minoranza ma anche secondo le correnti che hanno sostenuto l’outsider.
Molto più che non improbabili sterzate su questo o quel fronte il problema era ed è la fine di una gestione separata dal grosso del partito. Lo hanno chiesto, amici e avversari, chi più chi meno esplicitamente. Il supporter Peppe Provenzano con la formula “luoghi in cui maturino le decisioni”, l’immaginifico Cuperlo con la metafora della cordata in cui “chi sta dietro non è mai zavorra”, Orfini chiedendole di “fidarsi del partito”. Elly non si fida e in realtà ha concesso pochissimo. Il bicchiere mezzo pieno sta nella promessa pubblica di convocare la segreteria una volta la settimana e nell’impegno privato di farsi vedere più spesso e comunicare di più con il Parlamento. Impegni che probabilmente la segretaria onorerà davvero, anche perché non sono per nulla vincolanti.
I nodi arriveranno al pettine quando alle questioni di metodo si sostituiranno, o si aggiungeranno, quelle di merito. Da questo punto di vista la segretaria è stata in realtà molto chiara: i 7 punti non sono tanto un’agenda alternativa quanto la piattaforma di una “mobilitazione estiva” che presumibilmente diventerà permanente, sulla quale chiamare a raccolta contro il governo non solo la base reale ma anche e forse soprattutto quella potenziale, gli elettori sin qui vinti dalla delusione e dalla disaffezione, e sulla quale andare a un incontro con il M5S di Conte. L’appuntamento è considerato inevitabile. Quel “da soli non si vince” pronunciato lunedì è un segnale definitivo e su una piattaforma come quella snocciolata in direzione le possibilità di incontro con i centristi stanno praticamente a zero.
Per ora la tensione resterà sottopelle. Bonaccini ieri è stato rassicurante sulle intenzioni di dar vita un correntone con la sua manifestazione di fine luglio a Cesena: “Non ho mai partecipato a correnti, per quanto non vadano demonizzate. Inviterò Elly Schlein e mi auguro che venga perché è la segretaria e tutti dobbiamo darle una mano”. Ma, rassicurazioni doverose a parte, il rischio che sulla strada che ha imboccato Elly Schlein non riesca a “tenere insieme tutti” e si perda un pezzo di partito non se lo nasconde nessuno.