Chi non ha pianto
“Io non sono in lutto”: l’Italia contro la cerimonia nazionale per Silvio Berlusconi, proteste e disobbedienze
Femministe e collettivi studenteschi, movimenti e privati cittadini. "Oggi non siamo in lutto, siamo in lotta". La protesta di Silvia in Piazza Duomo: "È per i miei figli che sono qui, per persone più meritevoli come Falcone e Borsellino questo onore non c'è stato"
News - di Antonio Lamorte
Era dalla notizia della morte di Silvio Berlusconi che si discuteva, si polemizzava, per la decisione del governo di indire il lutto nazionale. Non era mai successo per un ex Presidente del Consiglio che non è diventato anche Presidente della Repubblica. Quelle stesse riserve sono state espresse anche nel giorno dei funerali, anche in Piazza Duomo a Milano dove sono state celebrate le esequie dell’ex premier e fondatore di Forza Italia. In tutta Italia ci sono state manifestazioni di protesta contro la procalamazione del lutto nazionale – per il quale non esiste una norma precisa, e viene indetto fondamentalmente a discrezione del governo, a differenza di quanto invece è previsto per i funerali di Stato, previsti per tutti gli ex premier.
L’iniziativa più mediatica è stata quella di Silvia, 56 anni, che si è presentata in Piazza Duomo con una maglietta bianca con la scritta: “Io non sono in lutto”. Non sono mancati momenti di tensione, insulti. “È per i miei figli che sono qui, non volevo che vedessero la tv. Sono qui per queste celebrazioni che Silvio Berlusconi, a mio modesto parere, non merita”, ha detto la donna. “Non sono d’accordo con la proclamazione del lutto nazionale per la morte di Silvio Berlusconi, considerato che per persone molto più meritevoli di lui, come Falcone e Borsellino, questo onore non è stato riservato. Una scelta inopportuna per chi ha fatto dell’illegalità un modello di vita“.
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Potere al Popolo ha invitato i suoi sostenitori a scatenare una tweetstorm con l’hashtag #luttostatomafia. Alcuni si sono scattati delle fotografie mentre reggevano nelle mani un cartello con la scritta “non in mio nome” in riferimento al lutto nazionale. A Roma uno striscione firmato “transfemministe e antifasciste di Roma” recitava “Oggi non siamo in lutto, siamo in lotta”. Anche Non una di meno, il collettivo femminista, ha partecipato al sit-in organizzato all’Altare della Patria accusando l’esecutivo di aver proclamato il lutto nazionale “per un uomo bianco, etero, cis, ricchissimo, che ha sempre ostentato sessismo, omofobia, razzismo con cui ha contribuito alla violenza culturale che avvelena la nostra società da anni”.
Le femministe hanno accusato l’ex premier di “aver personificato la maschilità tossica egemonica, sprezzante verso tutti i corpi che non fossero nella norma e nel privilegio. Un uomo che ha dimostrato al Paese che è proprio anche grazie a quella maschilità, sfoggiata come modello vincente, che si può acquisire potere, che si può disporre di qualunque cosa e di chiunque. Il collettivo di studenti Exploit dell’Università di Pisa ha scritto una lettera al rettore criticando la scelta di far aderire l’ateneo al lutto nazionale, al contrario di quanto aveva deciso in disobbedienza lo storico dell’arte Tomaso Montanari, rettore dell’Università degli stranieri di Siena, in segno di disobbedienza. “L’unico lutto nazionale è per le macerie che lasci sulla nostra generazione. Silvio non ci mancherai”.
Contro il lutto anche alcuni studenti e studentesse della Scuola Superiore Normale di Pisa. Il direttivo della Società italiana delle storiche ha pubblicato una nota per dissociarsi dalle celebrazioni per “un uomo che, pur avendo rivestito un ruolo istituzionale, ha sistematicamente offeso i valori costituzionali incrinando la sfera dei diritti e dei doveri propri della cittadinanza. Né sono meno inquietanti e inopportuni gli onori tributati a Berlusconi se si guarda alla sua vicenda da una prospettiva di genere: ha legittimato, nella comunicazione e nei comportamenti pubblici, la reificazione e la mercificazione delle donne e dei corpi femminili, esaltando una maschilità patriarcale e paternalistica e contribuendo così a rallentare, e in qualche caso addirittura a invertire, il percorso verso una società più paritaria e rispettosa delle differenze di genere avviatosi con la caduta del fascismo, la Resistenza e la nascita dell’Italia repubblicana, e poi reso più celere dai femminismi degli anni Settanta del Novecento”.