Al Torino Film Festival

Juliette Binoche, la diva lancia l’appello contro la violenza di genere: “Basta soprusi, rispettate i ‘no’ di noi donne”

Premiata con la Stella della Mole, la diva di “Film Blu” lancia un appello contro la violenza di genere e i femminicidi, proprio mentre la destra stoppa la legge sul consenso

Cinema - di Chiara Nicoletti

27 Novembre 2025 alle 17:00

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Photo by Matteo Secci/LaPresse
Photo by Matteo Secci/LaPresse

Al 43° Torino Film festival, l’attrice francese Juliette Binoche è arrivata per ricevere la Stella della Mole alla carriera e rappresentare il cinema europeo e la sua vivacità. Da circa un anno presidente dell’European Film Academy, che conferisce gli European Film Awards, gli Oscar d’Europa, succedendo alla regista polacca Agnieszka Holland, Binoche ha da poco fatto il passaggio dietro la macchina da presa, dirigendo il docu-film In-I in Motion presentato in concorso nella sezione documentari al Festival.

Il film racconta la preparazione, durata 7 mesi, dello spettacolo che dà il titolo al film, a cui l’attrice ha lavorato con il coreografo Akram Khan. “Il film nasce dopo l’incontro con Akram che alla fine di un suo spettacolo mi ha chiesto se avrei avuto voglia di creare qualcosa insieme e così è stato – racconta Binoche. A New York lo ha visto Robert Redford che, venendomi a trovare in camerino alla fine dello show, mi ha suggerito di farne un film”. Binoche non è solo presidente dell’EFA ma è anche reduce dall’esperienza, durante la scorsa Cannes 78, alla guida della giuria del concorso ufficiale del Festival, che quest’anno ha conferito la Palma d’oro a Un semplice incidente del regista iraniano Jafar Panahi. A tal proposito dice: “È un film che va visto. Sono felice del suo successo, perché parla di una realtà politica forte, che il regista ha vissuto sulla sua pelle. Ha una forza contemporanea che tende la mano verso un mondo migliore per la politica e il suo Paese”. In un incontro ristretto con la stampa, la protagonista di pellicole indimenticabili come Tre colori – Film blu di Krzysztof Kieślowski o Chocolat, si racconta senza remore.

Da sempre vicina alla causa delle donne vittime di soprusi e violenze nel mondo, risponde lungamente a chi le chiede se il suo attivismo sia dovuto ad una responsabilità che sente correlata al suo essere un’artista. “Assolutamente non ritengo che sia parte di un mio ruolo. Semplicemente non capisco come si possa fare diversamente, non dire nulla e tacere quando vediamo che le donne in paesi come il Sudan, l’Afghanistan, il Congo, l’Iran, ad esempio, sono private delle libertà fondamentali. È terribile ed è dovere di ciascuno di noi parlare, rendere nota questa situazione e manifestare pubblicamente il dissenso e sostegno a favore di un cambiamento. E vorrei però – aggiunge – che il numero di uomini che protesta per questa situazione aumentasse, perché non è sufficiente”.

Il numero di vittime di femminicidio, in Italia specialmente, non accenna a diminuire, informiamo Juliette Binoche, interrogandola sul perché, a suo avviso, non si riesce a interrompere il trend e gli uomini sono così fragili da sentirsi minacciati e colpiti dalla libertà delle donne: “Noi siamo abituati oggi nella nostra società a vedere da più fronti una rappresentazione del potere come una forza che deriva dall’esterno quando in realtà la forza delle donne è una forza interiore ed è in qualche modo naturale, è innata in noi e come tale più genuina. La donna dà la vita e quindi la protegge, è dotata e strutturata con questa forza proprio a livello istintivo. È un concetto molto difficile perché ci viene detto, su più fronti, di misurarci con una forza intesa solo in senso maschile e l’educazione che abbiamo ricevuto, anche dalle nostre madri, ci ha portato a pensare che possiamo ricevere protezione da chi possiede forza fisica e quindi un uomo. Io stessa ho per anni pensato di dover trovare un uomo forte accanto a me che mi avrebbe protetta. Mi sono resa conto che è assolutamente un’illusione e che questa figura maschile, sostanzialmente, non esiste. In questo senso le nuove generazioni sono un pochino più scafate rispetto a noi, però questo tipo di mentalità impiegherà moltissimo tempo per riuscire a cambiare. Ed è straordinario che si lotti contro i femminicidi per contrastare questa piaga sociale, che ci siano movimenti come il #Metoo, ma le nuove generazioni fanno ancora fatica a stabilire un rapporto di coppia su una base più equa. Per le donne, a livello domestico, c’è insita ancora una quantità di violenza che può emergere anche nelle piccolissime cose ed è fondamentale che una donna dica immediatamente di no a ogni tipo di tentativo, appunto, di “sopruso”, in modo da puntare i piedi per terra e interrompere l’instaurarsi di un certo modello comportamentale”.

Quasi in chiusura incontro poi, finalmente Juliette Binoche chiarisce la leggenda sulla veridicità dei tre No detti a Steven Spielberg: “La prima volta è stato mentre stavamo cercando i soldi per realizzare Gli Amanti del Pont-Neuf. La seconda volta Spielberg mi propose Jurassic Park, ma avevo già detto di sì a Film Blu. Sicuramente mi piaceva di più questo progetto che un film sui dinosauri. Spielberg mi chiamò anche per Schindler’s list, ma non me la sono sentita. Ero incinta, e il ruolo di una donna torturata, violentata e uccisa non faceva per me in quel momento. Una volta ci trovammo a parlare di un suo progetto su Eleonora Duse e Sarah Bernhardt. Gli dissi che avevo rilevato come lui fosse più interessato a personaggi maschili che a quelli femminili. Lui e Martin Scorsese fanno parte di una generazione di cineasti appassionati di storie di guerre e violenza”.

27 Novembre 2025

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