L'ex giudice della consulta
Se Sabino Cassese paragona Giorgia Meloni a De Gasperi…
Sul Corriere, l’ex giudice della Consulta si spertica in lodi per la premier paragonandola a De Gasperi: quanto ricorda l’Interminei della Commedia...
Politica - di Michele Prospero
Cosa spinge un giurista autorevole a cimentarsi nell’arte poco nobile dell’incensamento del detentore del potere? Perché un ex giudice della Consulta ricorre a una sviolinata così sperticata della donna della Provvidenza senza alcun timore di prenotare un bel posto a Malebolge? Con in dote una leggendaria influenza accademica e burocratica, per quale motivo egli ci tiene tanto ad emulare Alessio Interminei da Lucca e a piazzarsi tra le muffe e i miasmi di quel luogo riservato agli adulatori?
Nella seconda bolgia, dal pesante color ferrigno, Dante non prevede sofferenze fisiche di particolare gravità per i dannati alle prese con “i demon cornuti”. Però fa il nome per esteso del nobile lucchese come prototipo dei leccapiedi che versano insozzati. E soprattutto conferisce poetica espressione ad una condizione che, se davvero si intende raffigurare con efficacia gli “ignudi peccatori”, esige la fulminea discesa negli abissi del linguaggio volgare. La banale predilezione dei lusingatori per gli elogi smisurati porta costoro, per una sorta di imbarazzo che nell’intimo avvertono, a coprirsi il volto e a compiere gesti autopunitivi (“battendosi la zucca”). Il degrado della loro condotta viene reso con un mezzo ancor più abrasivo delle percosse, e cioè con metafore tratte direttamente dalla lingua più scurrile, quella della vita: “Vidi un col capo sì di merda lordo”. Lo sconcio dell’adulazione verso i potenti non permette alternative alla trivialità.
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Con l’intervista rilasciata al Corriere della Sera in occasione dei suoi novant’anni, Cassese si accinge ad attraversare quel misero spazio della bassezza umana, là dove tra i piaggiatori sgomita “gente attuffata in uno sterco”. Chiamato ad un confronto tra Schlein e Meloni, il professore ha replicato con prontezza: “Non c’è possibilità di paragone. Meloni studia, è la migliore allieva di Togliatti, come lui è realista. E ha capito, come prima di lei De Gasperi, che il modo migliore di fare la politica interna è fare la politica estera”. Negli “appunti di Giorgia” la premier avrà certamente superato la prosa ottocentesca dal gusto carducciano di Togliatti. Con il suo romanesco di ritorno (“Regà, arzateve pure voi”, “sto a morì, regà”), ha di sicuro arricchito l’idioma tedescheggiante di De Gasperi. Ad ogni modo, molto più onesta intellettualmente dei numerosi apologeti, nella conferenza stampa di inizio 2025 Meloni ha dissipato qualsiasi dubbio: “Purtroppo non riesco a leggere un libro da circa due anni. Un giorno tornerò a fare quelle cose che fanno gli umani, che attualmente a me non sono tragicamente consentite e che mi mancano”.
Ormai non dà un’occhiata ai testi da oltre tre anni, ma non fa niente, comincino pure le bacchettate alla lavativa Elly e si cantino infinite lodi alla secchiona Giorgia. Parole untuose e ritratti edificanti del Palazzo non possono che generare l’immagine meschina di “gente che col muso scuffa, / e sé medesma con le palme picchia”. Dopo aver descritto lo spettacolo nauseante (“che con li occhi e col naso facea zuffa”), Dante si congeda dai cattivi odori propri della commedia umana. L’ha dovuta rappresentare ricorrendo anche a rime plebee, e per questo gli tocca chiudere il canto con una sensazione di schifo: “E quinci sian le nostre viste sazie”. In ogni tempo varianti di Alessio Interminei da Lucca non mancano di comparire affollando le fosse di Malebolge. La venerazione del governo in carica obbedisce ad un appetito insaziabile che reclama di continuo il servizio degli ungitori.