Gli attacchi nella West Bank

Se quello che fanno in Cisgiordania ai palestinesi lo facessero agli ebrei a New York: la caccia grossa nella stagione delle olive

“Immaginate ogni giorno, per anni, gruppi di persone con kefiah al collo e spranghe in pugno andare in giro per Ny o Londra a picchiarli. Quale media ignorerebbe questa storia?”

Esteri - di Umberto De Giovannangeli

26 Ottobre 2025 alle 17:00

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AP Photo/Majdi Mohammed
AP Photo/Majdi Mohammed

Amira Hass conosce la Cisgiordania come le sue tasche. L’ha vissuta, l’ha raccontata negli anni. Con reportages che le sono valsi svariati riconoscimenti internazionali, ha documentato la violenza legalizzata dei coloni, i pogromisti ebrei che hanno fatto della Cisgiordania il “regno di Giudea e Samaria”. Il “regno” dei fanatici di Eretz Israel.

Scrive Hass su Haaretz, rivolgendosi in particolare all’opinione pubblica occidentale: “Immaginate che ogni giorno, da 10 a 20 gruppi di persone con kefiah al collo e spranghe di ferro o mazze in mano minacciassero, molestassero e tormentassero gli ebrei a New York o Londra. Immaginate che cantino mentre entrano negli uffici degli avvocati ebrei e cacciano via i loro clienti. A volte distruggendo i mobili con evidente gioia. Sempre sorridenti, prendono a calci il commesso del negozio di abbigliamento chiamato Levy’s o Cohen’s. In un altro negozio picchiano una cliente che indossa una parrucca e maniche lunghe. Alcuni si accontentano di impedire ai bambini di entrare nella loro scuola, quella con la stella di David, o di dare fuoco all’auto di uno degli insegnanti, o di occupare i giardini delle case ebraiche. A volte strappano lo smartphone dalle mani del proprietario. Di norma, avrebbero sorriso e riso davanti alle telecamere. I minorenni, anch’essi con indosso kefiah, avrebbero deriso le donne anziane che indossavano il velo e avrebbero urlato loro frasi come ‘Non mi toccare’, ‘Lascia il quartiere’, ‘Sei qui solo temporaneamente’ Avrebbero anche preso tutto ciò che volevano dalla gastronomia. E poi immaginate che tutto questo accada giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno. Esiste un’organizzazione ebraica che non solleverebbe un polverone e non chiederebbe che gli agenti di polizia vengano licenziati e processati per non essere riusciti a fermare tutto questo? Esiste un organo di informazione che ignorerebbe questa storia o si accontenterebbe di riportarla solo quando l’aggressore vestito con la kefiah e armato di pistola uccidesse o ferisse un ebreo che indossa la kippah? Quante volte verrebbe ripetuta la parola ‘antisemitismo’?”.

Ecco, rimarca Hass, “Ciò che in realtà non sta accadendo a New York o a Londra, e che se accadesse non incontrerebbe una risposta indifferente e complice, qui sta accadendo in modo massiccio. Ma i molestatori recidivi sono in realtà israeliani che, per il loro abbigliamento, si definiscono ebrei religiosi timorati di Dio. Le loro prede quotidiane sono i palestinesi. E la risposta è stata un abbraccio da parte dell’esercito e di altre istituzioni statali, accompagnato da una misera copertura mediatica”. È cronaca di questi giorni. Annota Hass: “La raccolta delle olive offre un’occasione speciale per manifestare la supremazia ebraica senza freni, nella piena fiducia dell’impunità[…] Nella settimana dal 7 al 13 ottobre, le Nazioni Unite hanno contato 71 attacchi contro i palestinesi in Cisgiordania. La metà di essi, in 27 villaggi diversi, era legata alla raccolta delle olive. Tra questi vi erano danni diretti agli alberi, furti di olive e aggressioni ai raccoglitori. In totale, 99 persone sono rimaste ferite in questi attacchi e un uomo è stato ucciso dal fuoco israeliano nel villaggio di Deir Jarir. Una famiglia è stata sradicata dalla propria casa. E queste statistiche non includono tutte le vessazioni e le intimidazioni di routine”.

Perché questa violenza seriale, che non sempre finisce in uno spargimento di sangue, è considerata dai media israeliani una notizia ‘non degna di essere pubblicata’ o trasmessa? Perché una volta che qualcosa è diventato normale e accettato, non è più sconvolgente. Attraverso la loro violenza palese e diretta, gli aggressori e i molestatori seriali stanno ottenendo ciò che anche le agenzie ufficiali – l’Amministrazione Civile Israeliana in Cisgiordania, l’esercito, il Fondo Nazionale Ebraico, l’Organizzazione Sionista Mondiale e le agenzie incaricate di proteggere la natura o di svolgere ricerche archeologiche – stanno ottenendo, ma troppo lentamente. Vale a dire, l’allontanamento di un numero sempre maggiore di palestinesi da questo luogo, che, dopotutto, è destinato esclusivamente a noi, gli ebrei in Israele e in tutto il mondo. Proprio come il sole che sorge a est non è una notizia, così non lo sono i quotidiani episodi di violenza di routine da parte degli ebrei (soldati o civili) contro i palestinesi, che, dopotutto, sono membri di una nazione superflua. E ai nostri istituti di ricerca, pieni di veterani dell’esercito di carriera o dei servizi di sicurezza dello Shin Bet, non viene mai in mente di considerare questa violenza e il suo obiettivo supremo e condiviso come il motore principale della nostra inevitabile discesa verso nuovi abissi”.

Continua Hass: “In tutta la Cisgiordania, Israele ha iniziato una guerra economica per impoverire la gente: negando ai palestinesi i permessi di lavoro in Israele; cacciando pastori e contadini dalle loro terre; trattenendo i fondi dell’Autorità Palestinese, così che il settore pubblico sopravvive con metà degli stipendi; sequestrando beni personali; e mettendo posti di blocco alle uscite di città e villaggi, isolandoli gli uni dagli altri. Di conseguenza, spostarsi per lavoro, istruzione e commercio sta diventando proibitivo e sempre più impraticabile. Quando si parla di politica antipalestinese, Smotrich – conclude Hass – non è una figura marginale. È nella corrente principale. Ecco perché il suo piano di annessione non è una fantasia irrealizzabile”.

26 Ottobre 2025

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