La diplomazia dei vaccini
Cos’è Enteromix, il vaccino russo “contro il cancro” che si sperimenta in Serbia: l’asse Mosca-Belgrado dopo il flop Sputnik
Un accordo che almeno in parte ricalca quello, rivelatosi un flop, sullo Sputnik, il vaccino “made in Russia” contro il Covid-19, poi rivelatosi sostanzialmente inutile se non dannoso nel corso della pandemia.
Ancora una volta è sui vaccini che si rinsalda l’asse Mosca-Belgrado, due Paesi politicamente e ideologicamente vicini grazie ai rapporti strettissimi tra Vladimir Putin e Aleksandar Vucic, il presidente serbo da mesi al centro di proteste di piazza nel Paese per il suo regime sempre più autocratico.
È infatti in Serbia che viene testato il vaccino Enteromix, che per Mosca potrebbe addirittura sconfiggere i tumori. I test clinici sono iniziati già a giungo su 48 volontari tra i 18 e i 75 anni, provato su metastasi da melanoma o da cancro al colon: il vaccino, spiegano da Mosca, viene prodotto in soli 7 giorni e le dosi sono preparate all’interno dell’ospedale Torlak di Belgrado.
La comunità scientifica per ora è a dir poco scettica, anche perché il vaccino tecnicamente non previene il cancro: si tratta di un trattamento che, tramite l’inoculazione di quattro virus innocui e “capaci di distruggere al 60-80% la massa tumorale”, assicurano i ricercatori russi, “rafforza il sistema immunitario, non danneggiando gli organi e producendo pochi effetti tossici”. Dubbi rinforzati dalla scelta dell’Agenzia medica statale russa di “presentare” il vaccino non alla comunità scientifica internazionale ma nel corso del Forum economico di San Pietroburgo, appuntamento politico che con la medicina non ha nulla a che vedere.
L’operazione al momento pare più l’ennesima mossa propagandistica ispirata dal Cremlino ed in particolare dalla neurologa ed ex ministra della Salute Veronika Skvortsova. È state lei negli scorsi mesi a presentare da Putin i risultati della ricerca, convincendo lo Zar a tirare in ballo nel progetto la Serbia, Paese amico che, pur aspirando ad entrare nell’Unione Europea, non ha imposto alcuna sanzione contro Mosca per la guerra in Ucraina.
L’idea del non insolito asse russo-serbo è quella di testare il vaccino per poi tentarne la distribuzione sul mercato. In questo siamo ad un bis di quanto già accaduto con lo Sputnik ai tempi del Covid-19: il vaccino russo fu messo in circolazione prima di quelli prodotti da AstraZeneca e Pfizer, tanto da spingere anche molti italiani a recarsi a Belgrado per inocularsi “l’antidoto russo”. Mosca scelse la Serbia per costruire uno stabilimento per la produzione, con la previsione di penetrare in Europa: fu un totale fallimento tra reazioni avverse al vaccino, la “guerra” condotta da Big Pharma e alla fine la decisione di Belgrado e Mosca di rivendere Sputnik ad una serie di Paesi dell’Africa.