Il cappellano di Mediterranea
Don Mattia Ferrari: “Quei corpi distrutti dalle torture con la nostra complicità”
Il cappellano di Mediterranea dopo il voto in Aula sui patti con la Libia: “Io stesso ho dovuto dare la benedizione in videochiamata a ragazzi cattolici catturati in mare, portati nei lager e lì ridotti in fin di vita”
Interviste - di Angela Stella
Don Mattia Ferrari, cappellano della Mediterranea Saving Humans, cosa ne pensa del fatto che ieri la Camera abbia approvato la mozione della maggioranza che procede al rinnovo del Memorandum Italia Libia?
È un grande dolore apprendere questa notizia per me, per noi, per il nostro Paese. Lo dico non a partire da determinate posizioni politiche ma in nome della fraternità. Come noto, io stesso ho dovuto dare la benedizione in videochiamata a ragazzi cattolici catturati in mare, portati nei lager e lì ridotti in fin di vita. Durante quelle videochiamate, ho visto corpi scarnificati, distrutti dalle torture che avevano subìto. Queste persone denunciano una violenza incredibile e sofferenze oltre ogni limite, oltre ogni immaginazione. Ogni persona porta in sé una storia, un volto, una speranza, che viene tradita da questo sistema di violenza indicibile che avviene di fatto con la nostra complicità o a volte anche semplicemente con la complicità della nostra indifferenza.
Il deputato di +Europa, Riccardo Magi, nel suo intervento in Aula ha denunciato il fatto che il memorandum altro non è che una “forma di cooperazione con dei poteri mafiosi”. Lei che ne pensa?
Grazie ad una inchiesta di Nello Scavo abbiamo scoperto che Abd al-Rahaman al-Milad, detto Bija, uno dei capi della mafia libica e trafficante di esseri umani, era seduto al tavolo per questi accordi con la Libia nel 2017. Poi c’è Mohammed al-Khoja, un altro boss della mafia libica, che è diventato direttore del DCIM, un dipartimento che gestisce dodici lager a Tripoli nel sistema che beneficia dei finanziamenti europei. E come non ricordare Almasri, capo della polizia giudiziaria, ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e abusi nelle carceri. Io non sono un giornalista, né un magistrato ma quelli che sto elencando sono dati di fatto. La mafia libica ricopre purtroppo un ruolo apicale nella politica migratoria e detentiva di quel Paese con cui noi abbiamo accordi. Proprio l’Onu ha pubblicato un report in cui spiega come la guardia costiera libica cattura le persone in mare e le riporta a terra consegnandole alla mafia libica, che poi le mette nei lager per cercare di ricattare le famiglie o le utilizza per i lavori forzati.
In Parlamento poi sono state bocciate due mozioni: quella a prima firma Schlein che voleva stracciare memorandum, quella del M5S che voleva rivederlo. Qual è la sua posizione in merito?
Non entro nel merito delle mozioni, ma quello che è fondamentale subito è interrompere i finanziamenti ai respingimenti e scrivere una pagina nuova nel Mediterraneo. La cooperazione internazionale è fondamentale, ma va fatta nel rispetto dei diritti umani e coinvolgendo le società civili.
Secondo lei perché l’Italia persiste a mantenere questo tipo di rapporti?
C’è un problema a monte ossia la mancanza di coinvolgimento delle associazioni e dei movimenti dei Paesi di partenza sia le associazioni dei migranti, come Refugees In Libya. Noi non vogliamo mettere in discussione la cooperazione internazionale ma auspichiamo che un giorno il Parlamento possa all’unanimità prendere coscienza che non possono più continuare questi respingimenti. La vita trova compimento nella solidarietà e nella fraternità, non nel cinismo o nell’indifferenza. Dobbiamo evitare questi processi di disumanizzazione. Noi non perderemo mai la speranza e continueremo ad operare per aiutare i nostri fratelli e le nostre sorelle migranti, perché nelle relazioni di fraternità con loro troviamo la vera bellezza della nostra vita.