La crisi dell'auto
Stellantis, disastro senza via d’uscita: solo 151mila auto prodotte nei primi 9 mesi del 2025 in Italia
Economia - di Carmine Di Niro
Numeri che evidenziano come Stellantis, e nella scia dell’ex Fiat anche il comparto automotive con gli storici fornitori del gruppo un tempo basato a Torino, sia ad un passo dal baratro.
Sono quelli che pubblicano oggi in un report la Fim-Cisl sulla produzione del gruppo automobilistico nato dalla fusione tra FCA (Fiat-Chrysler) e PSA (i francesi di Peugeot-Citroen): da gennaio a settembre, nei primi nove mesi del 2025, negli stabilimenti italiani del gruppo sono state prodotte 151.430 autovetture, il 36,3% in meno dello stesso periodo del 2024, e 114.060 veicoli commerciali (-23,9%), quest’ultimi concentrati nella fabbrica di Atessa.
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Un totale dunque di 265.490 unità con un calo del 31,5%, il peggiore risultato nella storia del gruppo automobilistico che vede come presidente John Elkann. Ma soprattutto è un risultato che pone come una chimera lo sbandierato obiettivo del management Stellantis di tornare a produrre almeno un milione di veicoli in Italia entro il 2030, piano condiviso o quantomeno auspicato anche dal ministro delle Imprese Adolfo Urso.
Le previsioni per l’anno corrente sono funeree. Il 2025, denuncia il sindacato, chiuderà con una riduzione complessiva di circa un terzo dei volumi produttivi, un risultato ben peggiore di quanto previsto a inizio anno. Le previsioni per la chiusura dell’anno restano fortemente negative: poco più di 310mila unità complessive, con le autovetture che scenderanno sotto le 200mila unità.

Di spiragli, come sottolinea il sindacato guidato da Ferdinando Uliano, non se ne vedono all’orizzonte per almeno un anno: le nuove produzioni che potrebbero ottenere buoni volumi di vendita nel nostro Paese, in particolare la ‘nuova’ Fiat 500 ibrida (in partenza a novembre 2025 a Mirafiori) e la Jeep Compass (in produzione da ottobre). Il risultato di questo stallo? Attualmente quasi la metà della forza lavoro del gruppo è interessata da ammortizzatori sociali.
D’altra parte se il disimpegno di Stellantis e dalla famiglia Elkann è evidente, al di là dei piani presentati negli scorsi mesi dall’azienda e che sono ora sul tavolo del nuovo Ceo Antonio Filosa, dal governo Meloni su quanto sta accadendo a Torino la risposta è il sostanziale silenzio.
Quello più grave riguarda probabilmente il “laissez faire” dell’esecutivo, in testa la stessa premier Giorgia Meloni e il ministro Adolfo Urso, alla scelta comunicata nel dicembre 2023 dal premier serbo Aleksandar Vucic, alla presenza della presidente del Consiglio, della produzione della Grande Panda nella fabbrica Stellantis di Kragujevac. Vettura fortemente spinta in questi mesi da Stellantis nelle sue concessionarie e che sta rapidamente “mangiando” mercato e quote alla sua rivale interna, ovvero la “vecchia” Panda oggi ribattezzata Pandina, le cui vendite sono crollate del 29% rispetto al 2024 e che viene prodotta nello stabilimento campano di Pomigliano d’Arco.
Ma all’orizzonte non c’è solo la crisi dell’impianto napoletano. Mirafiori si è fermata alla produzione di sole 18mila auto, tutte 500 elettriche, a Modena addirittura nei primi 9 mesi dell’anno sono state prodotte sole 75 unità Maserati. Per Cassino si rincorrono le voci di una cessione dell’impianto (chiuso per 84 giornate lavorative nel 2025), dove da gennaio sono uscite dalla catena di montaggio solamente 14mila unità tra Alfa Romeo Giulia, Stelvio e Maserati Grecale. Lo stabilimento lucano di Melfi si salva solo grazie alla produzione di Jeep Compass e Renegade, che valgono da sole l’81% della produzione: siamo a 26mila unità, un calo rispetto al periodo pre-Covid dell’87%. Silenzio assoluto da parte dell’azienda sull’ormai mitologico progetto della Gigafactory di Termoli, la fabbrica di batterie che dovrebbe rilanciare lo storico stabilimento molisano. Siamo al deserto industriale, a un passo dalla morte dell’auto italiana.