La disarticolazione di fatti storici
Del cattolicesimo non sa nulla, il disastro della Meloni a Rimini
L’aveva già fatto commentando “Il manifesto di Ventotene”. La disarticolazione di fatti storici, con la semplificazione degli avvenimenti, è la cifra politica per acchiappare l’istante.
Politica - di Franco Vittoria
L’intervento della presidente del Consiglio al meeting di Cl scava un solco profondo tra i “cattolicesimi in politica”. Cito testualmente: “Voi che siete rimasti fedeli al carisma del vostro fondatore, non avete mai disprezzato la politica, anzi, non vi siete rinchiusi nelle sacrestie nelle quali volevano confinarvi. Vi siete sporcati le mani, declinando nella realtà quella scelta religiosa alla quale mezzo secolo fa altri volevano ridurre il mondo cattolico italiano e che San Giovanni Paolo II ha ribaltato quando ha descritto la coerenza nella distinzione degli ambiti tra fede, cultura e impegno politico”.
La presidente Meloni ci ricasca. Era già successo commentando Il manifesto di Ventotene. La disarticolazione di fatti storici, con la semplificazione degli avvenimenti, una sorta di comunicazione senza profondità culturale, rappresenta la cifra politica per acchiappare l’istante, il momento, non importa se l’argomento trattato, in questo caso il cattolicesimo politico, si presenta come una sorta di bandiera “ideologica” da sventolare per il proprio credo politico, nonostante durante il lungo intervento abbia citato più volte “mattoni nuovi” senza il peso delle incrostazioni ideologiche. Ma veniamo alla storia del cattolicesimo. Con l’enciclica di Leone XIII, Rerum novarum, fu proprio Papa Pecci che sollecitò il clero ad uscire dalle sacrestie riorganizzando attraverso L’Opera dei Congressi il laicato cattolico, per riprendere il filo della socialità; fino a giungere allo spartiacque tra il prima e il dopo della Chiesa, il Concilio Vaticano II, dove l’istituzione ecclesiastica si misura con il ruolo dei laici e il rapporto con il cambiamento della società. Una Chiesa in fermento e un laicato protagonista dei tempi nuovi. Il movimento cattolico indiziato a rinchiudersi nelle sacrestie è l’Azione cattolica, del duo Bachelet-Costa, che in un tempo di profondo declino di adesioni, virò verso la “ scelta religiosa” lasciando in stand-by la motivazione politica. La “scelta religiosa” si inserisce in due dinamiche di confronto: il rapporto tra religione e politica e il ruolo del laicato cattolico nel cuore della Chiesa.
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Questo “confronto” serrato nei primi anni Cinquanta vede la complessa “operazione Sturzo”, un fronte anticomunista insieme ai monarchici e fascisti; una operazione politica voluta e accompagnata da Luigi Gedda, nominato Presidente dell’Azione Cattolica, in sostituzione di Vittorino Veronese. Questa virata partecipazione alla lotta politica snatura nei fatti la identità e la missione dell’Azione Cattolica. Sono i giovani a “ribellarsi” a questa impostazione politica, tanto che Carlo Carretto, Presidente della gioventù maschile dell’Azione Cattolica scrive: «Noi giovani di Azione Cattolica non saremo mai con i reazionari di ogni colore, con i cattolici accomodanti e con coloro che sfruttano la classe operaia. Noi siamo di avanguardia e quindi con coloro che stanno facendo la riforma agraria, con coloro che hanno nel programma gli immortali principi delle Encicliche papali e del Vangelo. Io non concepisco un solo giovane di Azione Cattolica che voti M.S.I.» ( C. Carretto, La grande prova).
Senza questo preambolo storico diventa difficile incunearsi nel lungo cammino dell’associazionismo cattolico. Vittorio Bachelet fu sicuramente l’antesignano di una nuova percezione di stare dentro l’associazione cattolica. Nel 1964 prende parte ai lavori della XXXVI Settimana sociale dei cattolici e relaziona sul tema L’educazione al bene comune; una analisi che disegna dell’impegno sociale e politico dei cattolici italiani. La riflessione del futuro presidente dell’Azione cattolica, che la presidente Meloni dovrebbe leggere, spinge a ragionare sui principi della convivenza umana in rapporto all’agire politico e al rinnovamento cristiano della società come impegno quotidiano. Criticare questo impegno sociale, politico, religioso e soprattutto di analisi significa aver compreso poco dell’impegno dei cattolici, in rapporto alla dimensione della civiltà umana. Eppur vero che gli anni Ottanta sono un campo di battaglia tra l’integralismo cattolico rappresentato da Comunione e liberazione e la dimensione di conciliazione dell’Azione Cattolica. Due fronti di cattolicesimo che si presentano con strumenti e visioni divergenti. I cattolici che si sporcano le mani! Basterebbe citare la comunità di Sant’Egidio, tutti i giorni nei meandri delle periferie per stare accanto agli ultimi. Preoccupa che un leader politico sottovaluti la storia, anzi si ripromette di reinventarla, solo perché maneggia il potere; un potere che vuole cancellare memoria e “intelligenza degli avvenimenti”.
La citazione a San Giovanni Paolo II merita un approfondimento. La Chiesa di Papa Wojtyla insiste sulla dimensione sociale della religiosità, individuando nel 1980 i vescovi (CEI) come unici interlocutori tra lo Stato e la Chiesa. La crisi già profonda del partito unico dei cattolici impone un nuovo disegno per la Chiesa. «Se prima a mediare tra Santa Sede e Stato era il partito unitario dei cattolici, dalla metà degli anni Ottanta un ruolo di primo piano sarebbe stato svolto dalla CEI» (F. Traniello, Verso un nuovo profilo dei rapporti tra Stato e Chiesa in Italia). Una Chiesa, quella di Giovanni Paolo II, che ridisegna l’orizzonte e si concretizza in una dimensione sociale della religione. Contrariamente al messaggio che intende “costruire” la presidente del Consiglio Meloni. La difficoltà dell’approccio culturale che individua la Presidente del Consiglio sta nell’utilizzare un frammento e considerarlo il tutto, non tenendo conto degli avvenimenti, dei processi storici e del periodo interessato. L’altro errore, naturalmente secondo il sottoscritto è la condivisione asettica di CL, dove per stare alle parole di Papa Francesco li invitava a non “ripiegarsi su se stessi e non ridurre il tempo di crisi al conflitto, a divisioni e contrapposizioni”. Ma la Meloni ha voluto sottolineare una tipologia di cattolicesimo, quel nazionalismo cattolico imbevuto di un “gentilonismo di ritorno”, per stare alla riflessione che negli ultimi tempi amava chiosare Pietro Scoppola, dove il negoziato abbandona i valori e sceglie gli interessi. La Meloni al meeting di Rimini ha scelto gli interessi, non avendo nessuna cura e nessuna conoscenza del mondo del cattolicesimo sociale e politico. Una sorta di acrobazia senza rete. Una leader che si pone come interlocutore con un mondo così complesso come il cattolicesimo, non divarica le tensioni, e soprattutto racconta e declama dei “cattolicesimi” impegnati ogni giorno “fuori e dentro le sacrestie” a coltivare il seme della speranza. Una leader che si presenta ad una platea sociale e politica non cristallizza le fratture, aiuta a concorrere a riconoscere le alterità.
Aldo Moro il 18 luglio del 1974 al Consiglio Nazionale del suo partito dopo l’esito del referendum del 12 maggio del 1974 , pronuncia un discorso che rappresenta una sorta di presa di coscienza della nuova realtà: «Non si tratta quindi solo di riparare ai guasti politici prodotti dal referendum, ma anche di raccogliere talune indicazioni e di esplorare più a fondo quel che è il Paese oggi, per riuscire a guidarlo e per promuovere gli opportuni comportamenti sociali». Moro in questa fase difficile della vita del Paese e del suo partito si adopera per accorciare le distanze tra i “ No” e “ Si”, e spiega al suo partito (lacerato) che nessuna autorità del potere può disciplinare la libertà dell’umano e la convivenza democratica. Come cattolici spiegherà al suo partito, «dobbiamo imporci la discrezione, dunque, ma non la rinuncia. Discrezione rispettosa verso i cattolici che hanno fatto altra scelta e soprattutto verso coloro che s’interrogano circa il modo migliore di tradurre o almeno di non tradire nella vita democratica di oggi la concezione cristiana dell’uomo e del mondo». Moro in questa circostanza difficile della vita del paese, parla di significato umano, e «di reciproco rispetto tra coloro che hanno disposto diversamente la loro gerarchia dei valori, ma si sono trovati concordi nel riconoscere i diritti dell’uomo ed i limiti ed i problemi che intaccano il potere nella nostra epoca». La gerarchia dei valori sono quei bimbi ammazzati a Gaza in quei luoghi martoriati da distruzione e morte dove i sacerdoti e le suore della Chiesa della Sacra Famiglia, nonostante l’attacco israeliano del 17 luglio, decidono di rimanere e prendersi cura degli ultimi di questo tempo. Il cattolicesimo non rincorre mai interessi, ma valori non negoziabili sulla bilancia di una politica senza visione.