La lettera dal carcere
Dividi la famiglia e impera, così il carcere punisce gli affetti
L’ora d’aria serve proprio a questo: a toglierci i sassolini dalle scarpe e a svuotare il secchio della spazzatura
Giustizia - di Cesare Battisti
Oggi l’ex ufficiale della Marina ha qualcosa che non va, ma non dice niente. Ha ripreso il suo andirivieni come niente fosse, magari aspettandosi che sia io a dar voce al suo turbamento. È così che qui funziona, le domande infastidiscono, ma se non ce le fanno non vediamo l’ora di rispondere. E si capisce, chi avrebbe voglia di tornarsene in cella con un peso sul cuore e poi lasciarlo lievitare fino all’indomani? L’ora d’aria in carcere serve proprio a questo, a toglierci i sassolini dalle scarpe e a svuotare il secchio della spazzatura. Con qualche variazione, ma non le barzellette, qui non fanno ridere. Ci vuole ben altro per scalfire lo spesso strato di malinconia del detenuto. Qui, l’attività più comune è fingere di ascoltare le altrui vicende giudiziarie. Sempre le stesse, cambiano le sfumature e col tempo si diventa bravi a insaporirle con un po’ di umorismo. C’è anche chi parla di lavoro e lo fa con tale applicazione che sembra vero. Parlano di professioni, le più svariate, di quando erano liberi.
Mi è capitato di passeggiare all’aria con un tale sulla trentina che era già stato saldatore, camionista, poi sommozzatore in Sardegna, bagnino ad Acapulco. Il resto me lo sono dimenticato, ma si trattava di piccole funzioni di ripiego. Da chiedersi dove aveva trovato il tempo di farsi una quindicina di anni di galera. Ma a nessuno verrebbe in mente di mettersi a fare il pignolo, quando toccherà a lui esagerare, non gliela perdoneremmo. Anche il mio ex ufficiale parla delle proprie sfighe. Racconta storie, come me, qui lo facciamo tutti. Ma lui è uno di quelli che sintonizza la sua TV su programmi di politica e di scienza, cose impegnate e grazie alle quali ha il vantaggio di intrattenere senza farsi capire. Tranne quando ha bisogno di sfogarsi per una iettatura, allora mi affianca all’aria perché crede che io non sia capace di fingere di ascoltare come fanno tutti. È un progressista, di sinistra non si dice più ormai, e poi da queste parti sarebbe una rarità. Uno che non parlerebbe mai di una donna nei modi come una volta succedeva solo al bar, ma che adesso si sente dire anche alla televisione.
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D’altronde, quello della donna qui è un argomento a rischio, non si sa mai: sulla scala dell’alto fattore troneggiano le mamme, ben al di sotto se la giocano le mogli e le sorelle – salvo invertire i ruoli dopo una lite al colloquio. Le altre sono tutte poco di buono, i più scafati dicono escort. A questa ultima categoria vanno spesso ad aggiungersi le ex mogli, il cui disprezzo aumenta secondo la quantità di beni, spesso immaginari, che si sarebbero fatte intestare dal marito galeotto, prima di dileguarsi. L’eventualità che la donna, invece, lo abbia abbandonato solo per disperazione sembrerebbe tanto remota quanto azzardato sostenerla. L’ex ufficiale di marina di sua moglie parla poco e quando lo fa sceglie le parole. Un vero gentleman, alla nostra Gruber piacerebbe averlo a tavola a discutere. Certo, qualche problemuccio ce l’ha pure lui, e quale coppia non ce l’ha? Solo chi ha perso le speranze di farne una, di coppia, può considerarsi dispensato da dispiaceri simili.
I crucci di coppia tendono ad aumentare in modo esponenziale quando uno dei partner sta dentro e l’altro o l’altra sta fuori. Lui tutto questo lo capisce, ma l’aver letto e studiato le Luci di Toni Morrison, o anche tifato per le femministe in certi comodi salotti, qui non aiuta. Il dubbio che rode l’anima per la donna lasciata in libertà è affar privato. Nessuno qui oserebbe confessarlo senza passare per un debole, o anche per cornuto. Tranne, come dicevo prima, avendo già provveduto a modificare la qualifica della donna in questione. Non è il caso dell’ex ufficiale, lui sa ricorrere alla ragione, analizza i suoi timori, li scompone e ricompone fino a farne un’arma contro un sistema penitenziario che, oltre al reo, condanna i famigliari, distruggendone l’affettività: dividi la famiglia e impera, sembra il motto della giustizia penale.
Anche se fatta per lo più di occhiate, questa nostra conversazione potrebbe degenerare, l’intimità è una cosa sacra, inconfessabili sono i desideri. L’ex ufficiale di marina è prudente, gira sui tacchi e con me cambia esca: «Hai visto? Ieri alla televisione i politici hanno ricordato gli anni di piombo, ma per le stragi nere nemmeno una parola». Ho alzato gli occhi al cielo. Nella porzione di azzurro che spetta a noi, nemmeno un batuffolo bianco per tamponare la ferita. Appena il fiato per dire: «Già, se le commemorassimo tutte, le stragi, vecchie e nuove, non ci basterebbe un calendario.» Ma già stavo pensando ad altro, che sarebbe lo stesso, ma visto da un ragazzo di cinquanta anni fa.