Le torture contro i Desaparecidos
Don Franco Reverberi a processo in Argentina per crimini contro l’umanità: sarà in contumacia, Nordio nega l’estradizione

Sarà processato in Argentina ma in contumacia don Franco Reverberi, il sacerdote italiano di 87 anni nato e cresciuto a Sorbolo, in provincia di Parma, che le autorità di Buenos Aires accusano di crimini contro l’umanità per il suo ruolo nelle torture commesse dalla dittatura militare argentina tra il 1976 e il 1983.
Il Tribunale federale di San Rafael (Mendoza) ha accolto la richiesta della Procura locale di procedere in contumacia: don Reverberi potrà infatti restare in Italia dato lo stop alla richiesta di estradizione per motivi di salute deciso nel gennaio del 2024 dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, nonostante il parere favorevole della Corte d’Appello di Bologna. La difesa di Reverberi fece ricorso alla Corte di Cassazione, respinto a ottobre del 2023.
Il processo in contumacia di don Reverberi
Reverberi, che oggi è tornato a vivere a Sorbolo, potrebbe essere interrogato in video conferenza. Il tribunale argentino, come riferisce l’Ansa, ha nominato un legale d’ufficio facendo però presente che Reverberi può, in qualunque fase del procedimento, nominare un difensore di sua scelta. I giudici hanno anche chiesto di inviare una lettera al Vescovado di San Rafael affinché il sacerdote venga informato “tramite i mezzi appropriati”.
Già nel 2012 dall’Argentina arrivò una prima richiesta di estradizione per don Reverberi, respinta perché all’epoca il reato di tortura non era ancora previsto dall’ordinamento italiano.
Chi è don Reverberi
Franco Reverberi si trasferì in Argentina nel secondo dopoguerra, divenne parroco a Salto de Las Rosas, nella provincia di Mendoza. Qui era cappellano ausiliare dell’VIII Squadra di esplorazione alpina di San Rafael: è in relazione a quel ruolo che i magistrati argentini lo accusano di complicità negli orrori che venivano commessi nel Centro di detenzione clandestina noto come ‘La Departamental‘, dove il regime militare incarcerava quelli che poi verranno definiti “Desaparecidos”.
Don Reverberi uscì dall’Argentina nel 2011, quando a Mendoza si stava svolgendo il primo processo per crimini contro l’umanità e le testimonianze dei sopravvissuti e dei familiari avevano iniziato a indicare le responsabilità del sacerdote italiano.
La complicità con la dittatura militare argentina
In particolare don Reverberi è accusato di coinvolgimento nell’omicidio, avvenuto nel 1976, di Josè Guillermo Beron, all’epoca ventenne e tuttora desaparecido e responsabile per “aver assistito a numerose torture alle quali erano sottoposti i prigionieri del regime di Videla prima di essere uccisi e fatti scomparire”.
“Gli atti attribuiti a Reverberi costituiscono crimini contro l’umanità, imprescrittibili, la cui persecuzione penale costituisce un obbligo inderogabile dello Stato argentino ai sensi del diritto internazionale”, è l’accusa contro il sacerdote di Ignacio A. Sabás, capo della Procura Federale di San Rafael, e Dante M. Vega, capo dell’Ufficio di Assistenza. Secondo la Procura federale argentina il parroco italiano “ha deliberatamente evitato di comparire dinanzi alla giustizia nonostante le ripetute richieste internazionali emesse”.
Secondo le testimonianze dei sopravvissuti alla dittatura, Reverberi era un assiduo frequentatore dei centri di detenzione: il sacerdote italiano, a volte vestito in divisa militare, avrebbe assistito impassibile a numerosi episodi di torture sui prigionieri. Un testimone, Mario Bracamonte, originario di Salto de Las Rosas, raccontò che una volta venne torturato per una notte intera e il giorno dopo Reverberi lo trovò sdraiato a terra pieno di sangue e non fece nulla: in altri casi invece avrebbe assistito alle torture tenendo in mano una Bibbia, dicendo alle vittime della dittatura che la volontà di Dio era che dicessero ai torturatori le informazioni che cercavano.