Calcio

Antonio Conte: “Allenare? È il ruolo peggiore, sono cresciuto in strada a Lecce, al Napoli mancava il coltello nel calzino”

Dopo aver vinto il suo quinto Scudetto da allenatore, ha deciso di rimanere sulla panchina degli Azzurri. "Vengono sempre di più a mancare le famiglie. Le cose si ottengono con la fatica, l’impegno. Il sacrificio, le rinunce"

News - di Redazione Web

20 Giugno 2025 alle 11:35

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Napoli’s head coach Antonio Conte during the Serie A EniLive soccer match between Napoli and Cagliari at the Naples Diego Armando Maradona stadium, Italy – Friday May 23, 2025 – Sport Soccer ( Photo by Alfredo Falcone/LaPresse )
Napoli’s head coach Antonio Conte during the Serie A EniLive soccer match between Napoli and Cagliari at the Naples Diego Armando Maradona stadium, Italy – Friday May 23, 2025 – Sport Soccer ( Photo by Alfredo Falcone/LaPresse )

Antonio Conte non consiglierebbe a nessuno il ruolo dell’allenatore di una squadra di calcio. “È il ruolo peggiore, si prende carico dei problemi di tutti. Gli viene consegnato un patrimonio dalla società: sta alla sua capacità farlo crescere, depauperarlo o lasciarlo così com’è”, ha raccontato in una lunga intervista a Sette, la rivista settimanale del Corriere della Sera, a quasi un mese dalla vittoria del quarto Scudetto del Napoli alla fine di un testa a testa culminato solo all’ultima giornata, come non se ne vedevano da anni in Serie A.

Anche se non consiglierebbe di fare l’allenatore, lui da allenatore ha vinto tanto. È diventato anche più famoso di quando giocava, con il Lecce, la Juventus e la Nazionale vincendo tutto o quasi. In panchina ha vinto tre Scudetti con la Juventus, riportata ai vertici del calcio italiano dopo anni di crisi totale, uno con l’Inter, uno con il Napoli e una Premier League con il Chelsea. Ha sciolto la riserva, resterà allenatore del Napoli anche per la prossima stagione, ha smentito di aver avuto contatti con altre squadre, come avevano scritto alcuni giornali anche a campionato in corso. “A questa squadra all’inizio mancava quello che io chiamo il coltello nel calzino. Serve cattiveria sportiva, si va in guerra senza scrupoli. Poi lo hanno trovato, altrimenti non avremmo vinto il campionato”. A Napoli è intanto arrivato Kevin De Bruyne, tra i centrocampisti più forti della sua generazione. Segnale chiaro alle rivali da parte della squadra campione in carica.

“Sono cresciuto in strada a Lecce, e lì devi imparare a cavartela, ad affrontare le situazioni. I miei genitori mi hanno insegnato che se vuoi chiedere, prima devi dare”, uno dei suoi mantra che ha raccontato anche nel suo libro appena uscito, Dare tutto, chiedere tutto che ha scritto con Mauro Berruto, con la collaborazione di Giulia Mancini (Mondadori). “Ho avuto un’educazione molto dura, noi siamo quello che riceviamo dalla nostra famiglia. In questo tempo vengono sempre di più a mancare le famiglie. Educazione, spirito di sacrificio, valori che si stanno perdendo. Vittoria sa chi siamo, come ci comportiamo, ha i nostri stessi principi. Siamo una famiglia senza dubbio agiata, il lavoro ci ha permesso una condizione da benestanti ma conosciamo il valore dei soldi. Le cose si ottengono con la fatica, l’impegno. Il sacrificio, le rinunce”.

La più grande rinuncia? Non aver vissuto molti momenti importanti della crescita della figlia 17enne. “Il lavoro mi porta spesso lontano dalla famiglia. Non aver visto tutti i momenti di crescita di mia figlia è stata una grande privazione”, ha raccontato. “È impossibile non essere me stesso, non ho filtri. Fare cose studiate prima in maniera artificiosa non mi appartiene. Non ho mai scritto o preparato un discorso da tenere ai ragazzi il giorno prima. Ho dei campioni davanti, capirebbero che non arriva dal cuore”.

20 Giugno 2025

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