La maggioranza ci riprova?
Scudo penale per le forze dell’ordine, dopo la morte del brigadiere Legrottaglie la destra rilancia la sua battaglia

Ritorna lo scudo penale per le forze dell’ordine. L’idea, cavallo di battaglia della destra “law and order” che aveva già fatto capolino ad inizio 2025 nella discussione sul decreto Sicurezza, salvo poi essere accantonata perché giudicata irricevibile dagli stessi tecnici del ministero dell’Interno, torna a farsi spazio nel dibattito politico.
L’occasione per rilanciare il dossier su una “tutela processuale per gli agenti” è l’omicidio del carabiniere Carlo Legrottaglie, il brigadiere ucciso giovedì 12 giugno a Francavilla Fontana, nel brindisino, nel tentativo di fermare una coppia di rapinatori, ma soprattutto l’iscrizione nel registro degli indagati come atto dovuto dei due poliziotti che hanno sparato e ucciso il killer del loro collega dopo ore di caccia all’uomo nella zona.
A rispolverare il tema dello scudo penale è il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni, esponente della Lega, in un’intervista a Libero. “Abbiamo già allo studio una norma per completare quanto introdotto nel decreto Sicurezza: la sommatoria tra tutela legale, ovvero i 10mila euro per ogni grado di giudizio destinati agli agenti, e tutela processuale garantirà la piena operatività delle forze di polizia. Questa è la precondizione affinché siano messe nella condizione di fare al meglio il proprio lavoro. Serve una norma aggiuntiva: l’agente che nell’adempimento dei suoi doveri usa legittimamente le armi per uno stato di necessità non deve essere indagato. La criminalizzazione di chi indossa una divisa va evitata”, le parole dell’esponente del Carroccio.
Lega che è stato il partito più attivo nel criticare i doverosi accertamenti disposti dalla procura di Taranto in merio alla morte di Michele Mastropietro, il sospettato in fuga nelle campagne di Grottaglie morto nel conflitto a fuoco con la polizia.
Ondata di attacchi che avevano spinto la Giunta distrettuale di Lecce dell’Anm, l’Associazione nazionale magistrati, a prendere posizione parlando di valutazioni “né condivisibili né accettabili” espresse su “alcuni organi di stampa da parte di alcuni esponenti politici e dei rappresentanti di alcuni sindacati della Polizia di Stato sull’operato dei magistrati della procura di Taranto, impegnati, in queste ore, in delicati accertamenti sulle circostanze”.
La natura stessa degli accertamenti “impone la partecipazione ad essi, anche nel loro interesse, del personale” coinvolto “suo malgrado” nel conflitto a fuoco: “Tale partecipazione è imposta dalla lettera, dalla ratio e dalla finalità delle norme del Codice di procedura penale”, ricorda la Giunta leccese dell’Anm, presieduta da Giuseppe De Nozza, esprimendo “sostegno, vicinanza, solidarietà” ai colleghi tarantini che si stanno occupando dell’inchiesta.