Il caso

Chi è Simone Leoni e perché ha ridicolizzato il padre pro-Vannacci

Silvio Leoni si era scagliato contro il figlio, segretario dei giovani di Forza Italia, a difesa del generale: “Non sei degno di spolverargli gli anfibi”. Esemplare la risposta che tumula ogni possibile dato di familiarità oggettiva e morale

Politica - di Fulvio Abbate

10 Giugno 2025 alle 17:00

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Photo by Roberto Monaldo / LaPresse
Photo by Roberto Monaldo / LaPresse

La vicenda di Simone Leoni, segretario dei giovani di Forza Italia, che si è visto recapitare una ripugnante lettera dal proprio padre, apre ben oltre il suo dato specifico, la voragine del peso e dell’invadenza genitoriali. In questa nostra circostanza davvero ignobile, se non immersa nella retorica tendente al grigioverde, altra parola non c’è: raccapriccio “civile”. Ma andiamo con ordine. Si sappia che Leoni padre, ex paracadutista della Folgore, non ha tollerato le parole del figlio riferite al generale Vannacci, da tempo vicesegretario della Lega, verso i cui “valori”, a parlare troviamo qui sempre il padre, mostra adesione totale e incondizionata.

In una lettera al Tempo infatti così si esprimeva: “Ho conosciuto il generale Roberto Vannacci, allora giovane tenente incursore del 9º Col Moschin, nel 1993 in Somalia dove ero inviato di guerra. Insieme a quei ragazzi, paracadutisti della Folgore – come lo sono stato orgogliosamente anch’io nel 1980 – ho vissuto, nel cuore più profondo della Somalia, esperienze di autentica solidarietà in un contesto difficilissimo e pericoloso. E Vannacci era lì, nelle pattuglie a lungo raggio, rischiando la vita ogni giorno”, per poi mollare l’affondo, lo stigma al figlio: “Mi hanno oltremodo ferito e disgustato che gli hai addebitato, falsamente, pensieri contro disabili, gay e neri che lui non ha mai – e sottolineo mai – espresso né nel suo libro né in altre occasioni. Tutti argomenti che una miserabile sinistra – ripetutamente smentita – ha usato senza successo contro Vannacci. E ora tu hai fatto la stessa cosa. Tu lo sai che è falso ciò che hai detto”. Leoni padre definisce poi “miserabile” il tentativo di rovesciare addosso all’ “eroico” Vannacci la “responsabilità dei suicidi di alcuni ragazzi”.

Simone Leoni infatti aveva sollevato il tema dei molti suicidi tra i giovani, spesso proprio a causa delle discriminazioni. Silvio Leoni, padre e para’, dunque attacca: “Semmai dovreste chiedervi dove eravate voi mentre il vostro povero amico che si è tolto la vita nei mesi scorsi si tormentava l’anima, evidentemente non compreso nel suo disagio. Attribuire a Vannacci il suicidio di alcuni ragazzi è la cosa più bassa e spregevole io che abbia mai visto in vita mia”. Infine, con lessico da soffocante fureria: “Non sei degno di spolverare gli anfibi del generale. Tu sei l’ultimo che si può rivolgere a Vannacci definendolo codardo. Vergognati! E ricordati che il coraggio, che tu non hai, Vannacci lo ha messo a disposizione non solo della Patria, non solo dei suoi uomini che ha riportato a casa sempre vivi, ma anche di quelle centinaia di ragazzi in divisa, morti o che stanno morendo per l’uso, infame, di proiettili all’uranio impoverito”.

Prontamente Simone Leoni ha risposto al Padre con una esemplare lettera pubblicata altrettanto su Il Tempo che tumula, non c’è altra parola, ogni possibile dato di familiarità oggettiva e morale: “Pur avendo sofferto molto, ancora oggi non provo rancore per Silvio Leoni, con il quale non ho condiviso nulla dei miei 24 anni di vita”. Simone Leoni quietamente disconosce così l’autorità genitoriale stessa. E lo fa in modo appunto ammirevole, accartocciando ogni addebito che gli è stato rivolto, se non scagliato con violenza da porta carraia e palazzina comando, da chi sembri aderire in modo acefalo a un presunto “spirito di corpo” nel quale appare, fra molto altro, assente ogni spiraglio di spicciola familiare umanità, empatia, coscienza della discontinuità, semmai, volendo introdurre un elemento tragicomico, con la medesima postura caricaturale dei personaggi del film “Vogliamo i colonnelli” di Mario Monicelli.

Dimenticavo: Silvio Leoni oltre a descrivere il leghista Vannacci come un “eroe di guerra e di pace”, accusa in modo ricattatorio il figlio Simone di non aver rispettato i valori tradizionali, Dio, Patria e Famiglia, citando a supporto il “testamento spirituale” di nonna Gloriana, accusandolo così con plusvalore ricattatorio identitario, cioè muovendo dal “sangue”, ancora di “infangare” il cognome, il blasone, il piastrino stesso dei Leoni, paragonando il figlio, pur senza citarlo, a Gianfranco Fini: “Hai usato lo stesso metodo che usò un alleato, traditore, contro Silvio Berlusconi”. Alle parole “postume” di “nonna Gloriana”, segnate da retorica prossima a un Fogazzaro e a una Carolina Invernizio con basco amaranto: “Mio caro Simone, ricordati sempre che una Civiltà senza Valori genera mostri. Esattamente come sta accadendo in questi tempi in cui la cronaca ci rimanda, ogni giorno, storie squallide e violente. Ai miei tempi, oramai quasi preistorici, i Valori erano tre: Dio, Patria e Famiglia”. Simone Leoni ha ribattuto: “Lo perdono per avermi attaccato senza conoscere davvero me e i miei valori. Sono cresciuto senza di lui, ma con l’amore di una famiglia che mi ha voluto bene e che mi ha insegnato i valori cristiani del rispetto, della dignità e della centralità della persona. Vado avanti a testa alta, con la forza delle mie idee. Sempre da uomo libero”. Tradotto più prosaicamente: ma chi ti conosce?

10 Giugno 2025

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