La vendetta
La richiesta dei Pm: “6 anni di galera a chi manifestò per Cospito”
Per la procura fu guerriglia urbana. Zero attenuanti. I legali: “Richieste clamorosamente spropositate”
Giustizia - di Frank Cimini

La vendetta. La procura di Milano chiede condanne fino a 6 anni di reclusione per chi partecipò al corteo dell’11 febbraio del 2023 in solidarietà con Alfredo Cospito l’anarchico detenuto con il regime del 41 bis protagonista di un lunghissimo sciopero della fame. Per la procura fu “guerriglia urbana”. Secondo i pm “non fu una manifestazione come tutte le altre ma organizzata al fine di fare guerriglia urbana”. Il termine guerriglia è stato ripetuto in modo ossessivo dai magistrati dell’accusa davanti ai giudici della decima sezione penale del Tribunale di Milano descrivendo le fasi più concitate durate alcuni minuti delle colluttazioni tra agenti della questura e manifestanti.
Le imputazioni a vario titolo sono di resistenza a pubblico ufficiale aggravata, danneggiamento e travisamento. I manifestanti avrebbero indossato “un abbigliamento sintomatico di un atteggiamento aggressivo” secondo i pm Leonardo Lesti e Francesca Crupi che assumono nella requisitoria anche il ruolo di critici di moda. I magistrati ricordano gli imbrattamenti di banche e negozi, il danneggiamento di due auto l’accensione di fumogeni per permettere il travisamento di altri soggetti sempre come “tattica di guerriglia urbana”. La pena più elevata per l’accusa riguarda un giovane di Sesto San Giovanni gravato di recidiva e con precedenti per resistenza. Nel corso delle indagini sei indagati avevano avuto misure cautelari. È sparita l’accusa di getto di cose pericolose. Secondo la procura non vanno concesse le attenuanti generiche causa “la scarsa collaborazione nel processo”.
“Nessuno chiede abiure ma non è stato offerto nessun contributo processuale dagli imputati che si sono avvalsi della facoltà di non rispondere davanti al gip negli interrogatori di garanzia e non hanno reso esame né dichiarazioni spontanee in aula”, sono le parole dei pm, per i quali non rispondere sarebbe una aggravante. “Le richieste sono clamorosamente sproporzionate rispetto a quanto realmente accaduto che certamente non può essere definito guerriglia urbana” dicono gli avvocati Eugenio Losco e Mauro Straini. Il problema è Alfredo Cospito, le simpatie che aveva riscosso durante lo sciopero della fame che avevano messo in imbarazzo il sistema. Per cui una manifestazione con scontri normali con la polizia diventa guerriglia urbana, quella sorta di “terrorismo di piazza” che una buona parte della classe politica vorrebbe creare come nuovo reato, in aggiunta al disegno di legge sicurezza diventato decreto senza ragioni di urgenza.