Il caso del detenuto suicida
La vicenda di Emanuele De Maria scatena il populismo penale della destra
I capi dei partiti, se avessero un minimo senso dello Stato, richiamerebbero i propri parlamentari a un atteggiamento più responsabile.
Cronaca - di Redazione Web

La destra berlusconiana che votò l’indulto, pur dall’opposizione, nel 2006, è un ricordo antico e sbiadito. Ora la destra è Gasparriana. O se preferite delmastriana. E la sua bandiera è il giustizialismo puro e duro. Per capirci: quello di Travaglio e se si può un tantino di più. E’ successo che un detenuto in permesso di lavoro, a Milano, ha commesso un omicidio. Non era mai successo.
L’unico precedente forse è quello di Angelo Izzo, l’assassino neofascista del Circeo (1975) che, ottenuta la semilibertà, nel 2006 uccise una signora e sua figlia. Ma l’episodio di Milano è bastato perché la destra chiedesse la revoca dei provvedimenti di concessione della semilibertà e del lavoro esterno. Attualmente i detenuti che usufruiscono delle misure alternative al carcere sono circa 100 mila. Se dovessero rientrare tutti in prigione bisognerebbe fare i turni per dormire. La percentuale dei permessi di lavoro revocati perché il detenuto che ne usufruiva ha commesso un reato sono l’1 per cento dei permessi concessi.
Il populismo penale, l’ansia di forca, soprattutto tra i dirigenti politici, i giornalisti e i parlamentari è una delle forme più di basso livello di populismo. Una smania di potere, di accanimento, un tipo speciale di sadismo. I capi dei partiti, se avessero un minimo senso dello Stato, richiamerebbero i propri parlamentari a un atteggiamento più responsabile.