Il cao divide il Csm

De Maria uno su 100mila: le pene alternative funzionano ma la destra va all’assalto dei giudici

Fioccano le polemiche sul caso del detenuto di Bollate che ha ucciso una donna mentre era in lavoro esterno. Il tribunale di Milano: “Decisione in ragione di un percorso carcerario sempre positivo”.

Giustizia - di Angela Stella

14 Maggio 2025 alle 18:00

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De Maria uno su 100mila: le pene alternative funzionano ma la destra va all’assalto dei giudici

Era inevitabile che il caso di Emanuele De Maria scatenasse polemiche e uno scontro tra politica e magistratura. Il caso di cui parliamo è noto purtroppo da tre giorni: il detenuto, in permesso di lavoro all’esterno del carcere di Bollate, avrebbe ucciso una donna con cui aveva una relazione e ferito un altro collega dell’hotel dove lavorava anche lui e che si frapponeva nel loro rapporto; poi domenica pomeriggio ha deciso di farla finita gettandosi dalle terrazze del Duomo di Milano, morendo all’istante.

Non è escluso che il ministro Carlo Nordio possa disporre un’ispezione. Per il sottosegretario DelmastroÈ la magistratura, con il giudice che ha deciso per la sua scarcerazione, ad aver fatto una scelta. Non so se la decisione della scarcerazione sia corretta o meno, vedremo, ma di sicuro non l’ha presa il Dap”. Un commento molto meno sobrio è arrivato dal solito Maurizio Gasparri, capogruppo di Fi al Senato: “Sono sbigottito. I magistrati che hanno lasciato la libertà a questo pluriomicida sono degli irresponsabili. Spero che vengano cacciati dalla magistratura”.

Per cercare di raffreddare gli animi e spiegare come sono andate le cose ci ha pensato una nota del presidente della Corte di Appello di Milano, Giuseppe Ondei, e della presidente facente funzioni del Tribunale di Sorveglianza di Milano, Anna Maria Oddone: dopo i “tragici eventi ricondotti a Emanuele De Maria che suscitano un grande e condivisibile sconcerto, i magistrati del Tribunale di Sorveglianza partecipano al dolore delle vittime e dei loro familiari”. Poi spiegano: “il provvedimento emesso dall’Ufficio di Sorveglianza ha per oggetto l’approvazione del programma predisposto dall’area trattamentale della Casa di Reclusione di Bollate di ammissione al lavoro esterno” secondo l’art 21 o.p.. “Nel caso concreto – si legge ancora – il provvedimento è stato assunto previa acquisizione delle informazione dalle Forze dell’Ordine, all’esito di una istruttoria a cui hanno concorso, in piena collaborazione, l’Amministrazione penitenziaria e tutti i soggetti coinvolti nella gestione del trattamento del detenuto”. Infine “la decisione è stata emessa in ragione di un percorso carcerario che si è mantenuto sempre positivo anche durante i due anni di lavoro presso l’albergo Berna, senza che nulla potesse lasciare presagire l’imprevedibile e drammatico esito”.

A Gasparri e a Delmastro ha replicato Giovanni Zaccaro, Segretario di AreaDg, secondo il quale il caso De Maria è innanzitutto una “tragedia umana. Serve rispetto per le vittime, serve riflettere sulle poche risorse a disposizione della magistratura di sorveglianza e della esecuzione penale in generale, serve ricordare che i detenuti ammessi a misure alternative o al lavoro esterno tornano a delinquere in percentuale molto bassa e comunque di gran lungo più bassa di chi sconta la pena tutta in carcere”. Per Zaccaro quello che “non serve ed invece fa male è che chi ha responsabilità istituzionali colga l’occasione per l’ennesima delegittimazione della giurisdizione e per tornare alla propaganda carcerocentrica”.

Anche il Csm si divide. I consiglieri laici di centrodestra – Eccher, Bertolini, Bianchini, Giuffrè, Aimi – hanno richiesto l’apertura di una “pratica per eventuali profili di responsabilità del Magistrato di Sorveglianza che ha autorizzato il lavoro esterno”. Per il membro togato di Palazzo Bachelet, Marcello Basilico,l’iniziativa dei consiglieri si inquadra in un disegno, ormai ben definito, di avvalersi delle notizie di stampa per sollecitare iniziative disciplinari, che non competono al Consiglio, e aprire procedure di incompatibilità che escono dai binari ordinamentali. Non posso e non devo entrare nel merito specifico: spero però, visto il tenore dell’istanza dei consiglieri, che essi non vogliano sindacare il merito delle scelte del giudice”. Secondo il consigliere togato “la magistratura di sorveglianza è chiamata a fare per legge valutazioni delicatissime che pronosticano i comportamenti futuri che saranno osservati dai detenuti. Nonostante la povertà delle risorse con cui tale funzione viene esercitata, le statistiche dicono che gli illeciti accertati nel corso di misure concesse fuori dal carcere sono minimi. Allarmismi basati su un caso a oggi eccezionale non fanno il bene delle istituzioni”.

Intervenuta anche l’associazione Antigone che ha spiegato chiaramente come “le misure alternative al carcere sono sicure e producono sicurezza. Sono meno dell’1% quelle che vengono revocate per la commissione di nuovi reati, mentre la recidiva è del 70% per chi sconta l’intera pena in carcere”. Adesso quello che si teme tra gli operatori della giustizia è che il Governo o la maggioranza pensino a norme per limitare le misure alternative. Ed è una preoccupazione legittima tanto è vero che ieri il vice ministro della giustizia Francesco Paolo Sisto pur ammettendo che siamo dinanzi “ad un caso molto specifico e particolare” ha aggiunto che occorre “capire se, per certi tipi di reati, sia necessario un ripensamento riguardo alla possibilità di usufruire del lavoro all’esterno. Compito che spetta al Parlamento e alle sue riflessioni”.

14 Maggio 2025

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