La risposta dell'ex magistrato

Mai insulti, agli avvocati solo critiche: Giordano mi conosce poco

Riceviamo e pubblichiamo la replica di Giancarlo Caselli a un articolo di Stefano Giordano che chiamava in causa l’ex procuratore Antimafia

Giustizia - di Giancarlo Caselli

13 Maggio 2025 alle 19:00

Condividi l'articolo

Foto LaPresse
Foto LaPresse

Spett. Redazione:
scrivo – con pregherà di pubblicazione – con riferimento all’articolo di Stefano Giordano comparso su l’Unità del 9 maggio.

A proposito di un mio articolo pubblicato da Il Fatto quotidiano del 7 maggio, Giordano mi accusa di aver usato un “linguaggio profondamente offensivo” creando ”un insieme di insulti”: mi sia consentito osservare che farebbe bene a rileggersi e forse alla fine gli verrebbe voglia di dirsi ”medice cura te ipsum”. Quanto al merito, preliminarmente osservo che ho sempre avuto stima e rispetto del ruolo degli avvocati: lo testimoniamo anni di servizio negli uffici giudiziari di Torino e Palermo. E poi, fin dall’incipit del mio scritto risulta ben chiaro che il mio obiettivo è un recente provvedimento governativo, in base a cui l’Ordine di Milano ha potuto varare la sua “piattaforma”: scambiare questo obiettivo con un “atteggiamento di completo disprezzo” della classe forense mi sembra, a dire davvero poco, fuorviante.

Ritengo che gli avvocati abbiano già strumenti sufficienti per giudicare i magistrati, a partire dai motivi di impugnazione di qualunque provvedimento, salvo quelli della Cassazione, che per altro possono essere discussi sulle riviste specializzate e non. Le nuove norme, da cui nasce la “piattaforma” che consente agli avvocati milanesi di giudicare la professionalità dei magistrati, introducono una novità che a mio avviso può essere pericolosa, perché se “mal dosata” (è la testuale premessa del mio articolo) può prestarsi (formula ipotetica) all’eventualità di uno degli usi strumentali che ho esemplificato: muovendomi all’evidenza ai limiti del paradosso, quindi con modalità che non coinvolgono, né mai potrebbero potuto, l’intera classe forense. In ogni caso, dal mio articolo risulta “per tabulas” che a pensarla in un certo modo non sono il solo, mentre (almeno a quanto ne so) a me solo sono indirizzati gli strali di Giordano. Il quale per altro dà il meglio di sé quando si cimenta con la mia carriera, che secondo lui “ha accumulato una serie di insuccessi”.

A parte il fatto che Giordano dovrebbe coordinarsi con se stesso, posto che poco prima mi aveva definito “magistrato di esperienza e prestigio”; sine ira ac studio posso dire che dovrebbe informarsi meglio. Per Andreotti, ad es., basta leggere il dispositivo su internet per apprendere che la Corte d’appello di Palermo (confermata in Cassazione) ha sancito che l’imputato ha commesso (sic!) il reato di associazione a delinquere con Cosa Nostra fino alla primavera del 1980, reato commesso ma dichiarato estinto per prescrizione. Mentre per i processi Contrada (conclusosi in Italia con sentenza di condanna), Mannino e Carnevale, mi sia concesso di rinviare al volume Lo stato illegale (Laterza 2020) che ho scritto con Guido Lo Forte, e precisamente al capitolo 1 intitolato “I processi ‘politici’ della Procura di Palermo”.

Si vedrà che le cose sono un po’ più complesse di come le presenta o se le immagina Giordano. E se l’autocitazione non piace, per il processo Carnevale consiglio allora due volumi di Giuliano Turone: Italia occulta (Chiare lettere 2021) e soprattutto Crimini inconfessabili ( Fuori scena, 2024), dove le cadenze incredibili e sconcertanti del processo Carnevale sono scandite con inesorabile e impietosa precisione. Penso che lo stesso Giordano potrebbe alla fine disconoscere la tesi degli insuccessi accumulati. Che in ogni caso non c’entrano proprio nulla con il tema del contendere, che è e rimane la piattaforma degli avvocati di Milano.

13 Maggio 2025

Condividi l'articolo