La lettera del Pontefice

Quando Papa Francesco incontrò Borges: “Si fece 8 otto ore di bus per incontrare i miei studenti”

La lettera inviata da un giovanissimo Bergoglio allo scrittore argentino che, già quasi cieco, salì su un autobus e viaggiò 8 ore per incontrare i suoi studenti

Cultura - di Angela Nocioni

22 Aprile 2025 alle 17:56

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Quando Papa Francesco incontrò Borges: “Si fece 8 otto ore di bus per incontrare i miei studenti”

“Leggete i classici, soprattutto Proust, T. S. Eliot e Borges”. Ieri il quotidiano el Clarin ricordava una lettera dell’anno scorso di Bergoglio ai seminaristi in cui il papa raccomandava di dedicarsi alla “letteratura dei classici perché leggere i romanzi e le poesie dei classici è una terapia. Trovare un buon libro può essere un’oasi che ci aiuta ad affrontare le tempeste fino a raggiungere la serenità. Amo gli scrittori tragici perché tutti possiamo sentire le loro opere come nostre, come espressione dei nostri drammi, del nostro vuoto interiore, della nostra solitudine”.

El Clarin riporta anche una pagina della autobiografia del papa “Speranza” uscita un mese fa. Lì Bergoglio racconta di quando, attraverso la sua vecchia insegnante di pianoforte, inviò due racconti brevi di suoi studenti a Jorge Luis Borges. E Borges salì su un autobus a Buenos Aires e viaggiò per otto ore fino alla lontanissima Santa Fe per incontrarli. «Ho ammirato e stimato molto Borges, sono rimasto impressionato dalla serietà e dalla dignità con cui viveva l’esistenza – si legge – era un uomo molto saggio e molto profondo. Quando, a soli ventisette anni, sono diventato insegnante di Letteratura e Psicologia alla scuola dell’Immacolata Concezione di Santa Fe, ho tenuto un corso di scrittura creativa per gli studenti e ho deciso di inviargli, per mediazione della sua segretaria, che era stata la mia insegnante di pianoforte, due racconti scritti dai ragazzi. Sembravo ancora più giovane di quello che ero in realtà, tanto che gli studenti mi avevano dato il soprannome di Carucha (faccino n.d.r.), e Borges era, invece, uno degli autori più riconosciuti del XX secolo. Tuttavia, glieli fece leggere – era già praticamente cieco – e gli piacquero anche molto. Lo ho persino invitato a tenere alcune lezioni sul tema dei gauchos nella letteratura e lui ha accettato; poteva parlare di qualsiasi cosa, e non si è mai dato arie.

A sessantasei anni, salì su un autobus e fece un viaggio di otto ore da Buenos Aires a Santa Fe. Siamo arrivati tardi perché, quando sono andato a prenderlo in hotel, mi ha chiesto di aiutarlo a radersi. Era un agnostico che ogni notte recitava un Padre Nostro perché lo aveva promesso a sua madre, e prima di morire ricevette i sacramenti. Solo un uomo di spiritualità poteva scrivere parole come queste: « Abele e Caino si incontrarono dopo la morte di Abele. Camminavano nel deserto e si riconoscevano da lontano, perché entrambi erano molto alti. I fratelli si sedettero sulla terra, accesero un fuoco e mangiarono. Stavano zitti, alla maniera delle persone stanche al tramonto del solo. Nel cielo c’era qualche stella, che non aveva ancora il suo nome. Alla luce delle fiamme, Caino notò sulla fronte di Abele il segno della pietra e lasciò cadere il pane che stava per portare in bocca e chiese che gli fosse perdonato il suo crimine. Abele rispose: “Mi hai ucciso tu o io ti ho ucciso? Non ricordo più; qui siamo insieme come prima”. “Ora so che mi hai davvero perdonato”, disse Caino, “perché dimenticare è perdonare. Anch’io cercherò di dimenticare”».

22 Aprile 2025

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