Continua la mattanza
Uccisi e giustiziati, così l’esercito israeliano ha sterminato i soccorritori palestinesi a Rafah
Le immagini satellitari e video girati sul posto confermerebbero la distruzione sistematica dei mezzi di soccorso in un grave tentativo di occultare le prove della strage
Esteri - di Umberto De Giovannangeli

Non è stata una strage. È stata un’esecuzione a freddo. Molti dei paramedici e i soccorritori uccisi in una sparatoria israeliana a Gaza il mese scorso sono morti principalmente per colpi di pistola alla testa o al petto. Lo scrive ieri il New York Times, citando dati delle autopsie che ha ottenuto. Truppe israeliane hanno sparato su ambulanze e un camion dei pompieri inviato dalla Società palestinese della Mezzaluna rossa e dalla Protezione civile, secondo i resoconti dei testimoni, i video e l’audio dell’attacco del 23 marzo. Israele ha riconosciuto di aver effettuato l’attacco, in cui sono stati uccisi 15 uomini: 14 soccorritori e un dipendente delle Nazioni Unite che è passato dopo che gli altri sono stati colpiti.
Secondo i referti visionati dal Nyt, 11 delle vittime presentavano ferite da arma da fuoco, in particolare colpi diretti alla testa, al torace o alla schiena. La maggior parte degli uomini è stata raggiunta da più proiettili. Altri tre mostravano segni di traumi compatibili con schegge o esplosioni, mentre alcuni corpi risultavano anche mutilati o gravemente danneggiati. Uno dei cadaveri, si legge, era completamente reciso dal bacino in giù. I cadaveri, secondo quanto riportato dai medici forensi, erano in stato di decomposizione parziale o avanzata al momento delle autopsie, effettuate tra il 1° e il 5 aprile. Le analisi sono state condotte dal dottor Ahmad Dhair, capo dell’unità di medicina legale del ministero della Sanità di Gaza, con il supporto del dottor Arne Stray-Pedersen, patologo norvegese dell’ospedale universitario di Oslo.
Il dottor Stray-Pedersen ha dichiarato di essere ancora al lavoro sull’analisi dei dati, ma ha già confermato che tutte le vittime indossavano divise della Mezzaluna Rossa o della Protezione Civile e che molte di esse sono state uccise con modalità che potrebbero suggerire esecuzioni a distanza ravvicinata. Secondo una portavoce della Mezzaluna Rossa, uno dei paramedici è stato trovato con mani e piedi legati. Questa informazione, però, non risulta confermata nei rapporti autoptici, che non menzionano segni evidenti di costrizione. Dopo l’attacco, i soldati israeliani hanno seppellito i corpi in una fossa comune e distrutto i veicoli di emergenza, inclusi un’ambulanza, un camion dei pompieri e un mezzo delle Nazioni Unite. Le immagini satellitari e video girati sul posto confermerebbero la distruzione sistematica dei mezzi di soccorso in un grave tentativo di occultare le prove della strage. Alcuni dei soccorritori erano fuori dai veicoli e perfettamente visibili nelle uniformi dotate di bande riflettenti. Testimonianze, riprese e autopsie smentiscono dunque inconfutabilmente la versione iniziale fornita dall’esercito israeliano, che aveva parlato di “movimenti sospetti” e veicoli privi di illuminazione.
Una giornalista palestinese e 10 membri della sua famiglia sono stati uccisi in un attacco aereo israeliano che ha colpito la loro abitazione a Gaza City, Lo riporta l’agenzia di stampa Wafa, secondo cui, gli aerei da guerra israeliani hanno bombardato l’abitazione della giornalista Fatima Hassouneh nel quartiere di Tuffah, a est della città di Gaza, uccidendola insieme ai suoi parenti. Dall’inizio della guerra a Gaza, più di 210 giornalisti e operatori dei media palestinesi sono stati uccisi da attacchi israeliani. La Striscia di Gaza «è stata trasformata in una fossa comune per i palestinesi e per coloro che li assistono». Lo afferma Amande Bazerolle, coordinatrice delle emergenze di Medici senza frontiere (Msf) a Gaza, secondo quanto riferito in un comunicato pubblicato ieri sul sito dell’organizzazione.
«Stiamo assistendo in tempo reale alla distruzione e allo sfollamento forzato dell’intera popolazione di Gaza», dichiara Bazerolle, sottolineando: «Con nessun luogo sicuro per i palestinesi o per coloro che cercano di aiutarli, la risposta umanitaria sta lottando duramente sotto il peso dell’insicurezza e della carenza di forniture critiche, lasciando le persone con poche, se non nessuna, opzioni per accedere alle cure». «Chiediamo alle autorità israeliane di revocare immediatamente l’assedio disumano e mortale su Gaza, di proteggere le vite dei palestinesi, del personale umanitario e medico, e a tutte le parti di ripristinare e sostenere il cessate il fuoco», si legge nel comunicato di Msf. Secondo le Nazioni Unite, dall’ottobre 2023 sono stati uccisi almeno 409 operatori umanitari, la maggior parte dei quali faceva parte del personale dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (Unrwa). La mattanza continua.