Parla il regista

L’esordio alla regia di Edgardo Pistone con ‘Ciao bambino’: “È una storia universale che ha due anime. È un film che mi somiglia”

"Amo l'adolescenza perché è un'età fondamentale, quella delle scelte importanti. È un periodo affascinante perché caratterizzato dall'incoscienza: ci si sente immortali. Con il bianco e nero posso comunicare anche attraverso i silenzi e gli sguardi. Ho iniziato a fare cinema perché maturai dentro di me il desiderio di raccontare storie. Inoltre, già anni fa, ci dicevano che per noi giovani non c'era futuro. Allora decisi che non avrei più sprecato il mio tempo"

Interviste - di Andrea Aversa

16 Aprile 2025 alle 18:12

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L’esordio alla regia di Edgardo Pistone con ‘Ciao bambino’: “È una storia universale che ha due anime. È un film che mi somiglia”

Fotografo, sceneggiatore e regista. Si è diplomato al liceo classico e si è laureato a pieni voti presso l’Accademia di belle arti di Napoli. Edgardo Pistone, 35 anni napoletano del Rione Traiano, è continuamente in giro per la promozione del suo primo film. Un’opera prima che gli sta dando tante soddisfazioni: ‘Ciao bambino‘. Un film, “delle prime volte” (il lungometraggio ha segnato l’esordio per molti attori, tecnici e produttori), realizzato dopo tanta gavetta fatta, “sui set degli altri“. Dopo il cortometraggio ‘Le mosche‘ che gli è valso il premio come Miglior regista di cortometraggi alla Settimana internazionale della critica a Venezia nel 2020, con ‘Ciao bambino‘ Pistone ha vinto il premio come Miglior opera prima al Festival di Roma ed è stato candidato ai David di Donatello, proprio nella categoria dei registi esordienti.

Edgardo Pistone e il suo primo film ‘Ciao bambino’

La pellicola parla di “grazia e redenzione” e lo fa con l’eleganza e il fascino del bianco e nero. Una storia che ha per protagonisti due ragazzi, due adolescenti, che devono fare delle scelte che si riveleranno fondamentali per la loro vita. Che segneranno il loro passaggio dalla spensierata gioventù all’età adulta. E tutto ciò avverrà in una Napoli ferita, una città degradata e sofferente ma capace di regalare sprazzi di bellezza. Perché, “anche nel brutto si annida ciò che è bello“. Abbiamo intervistato il regista che ci ha raccontato molti aneddoti sul film. Di come è nata l’idea di realizzare questo lungometraggio e soprattutto perché Pistone, di umili origini, ha deciso di fare cinema, “un mezzo che mi permette di raccontare storie unendo realtà e fantasia“. E lui ci è riuscito, con tenacia e determinazione, anche grazie ad un incontro decisivo fatto molti anni fa.

Intervista ad Edgardo Pistone

Raccontaci ‘Ciao bambino‘, perché dovremmo guardare il tuo film?

Spero che ‘Ciao bambino’, nonostante ci sia una sorta di narrazione ormai satura per alcune tematiche, possa risultare originale. Io sono certo della sua originalità. È un film che non deve essere per forza attuale. Ciò che tratta è universale: parliamo di argomenti come la bellezza, la grazia e la redenzione. Non è un film di denuncia sociale, è un film che semplicemente racconta una storia“.

Che effetto ti fa guardare il tuo film?

Ormai non lo guardo più. Quando l’ho visto, però, sono stato contento. Nel film credo ci siano le due anime che volevo che avesse, quella di una storia popolare e quella spirituale. Di sicuro questo è un film che mi somiglia“.

Perché l’adolescenza, l’amicizia e la famiglia – in contesti sociali particolari – sono temi a te cari e ricorrenti nelle tue opere?

Il grosso dell’esistenza di una persona si vive in quell’età. In quella fase si gioca, forse, la nostra partita più importante. Si fanno scelte spesso decisive. Si incontrano gli amici della vita. Gli adolescenti hanno quella capacità di sentirsi costantemente in discussione. E in realtà lo sono. Hanno quell’incoscienza dovuto al fatto di sentirsi immortali. È un periodo esistenziale affascinante perché non si pensa mai alla fine delle cose“.

Quando racconti una storia, come riesci a mantenere l’equilibrio tra gli aspetti biografici e quindi reali, con quelli di fantasia?

Lo faccio grazie al cinema, grazie ai mezzi che mi da il cinema. Fare film mi permette di costruire immagini non reali, di realizzare una realtà verosimile e alternativa, a partire da quella vera. Con la forma cinematografica posso raccontare una storia anche in modo ‘bugiardo’“.

Perché la scelta del bianco e nero?

Innanzitutto il bianco e nero mi piace. Ha un’estetica e un’eleganza che amo. Poi mi aiuta a raccontare una storia mantenendo quell’equilibrio che ti spiegavo prima tra realtà e finzione. Il bianco e nero da la possibilità allo spettatore di concentrarsi sui sentimenti, sulle emozioni che un film trasmette. Un film non è tutto nella sua trama o in quello che vuole denunciare. Con il bianco e nero posso comunicare anche con il ‘non detto’, cioè attraverso i silenzi o anche attraverso uno sguardo“.

Come ti fa sentire il pensare alle tue origini, a quanto hai dovuto lavorare per raggiungere determinati risultati e al fatto che stai pian piano realizzando il tuo sogno?

Di sicuro mi fa uno strano effetto. È capitato che qualcuno mi ha riconosciuto e chiesto un autografo o una fotografia. Ma di fatto non è cambiato nulla. Vivo sempre al Rione Traiano, il mio conto in banca è rimasto pressoché uguale e frequento gli amici di sempre. Insomma, in linea di massima sto continuando a vivere la stessa vita che avevo prima di questo film“.

Come è nata la tua passione per il cinema e come hai iniziato a fare questo mestiere?

Un primo approccio con una macchina fotografica e una video camera l’ho avuto grazie a mio padre che lavorava ai matrimoni. Ma colui che ha fatto scattare la giusta scintilla dentro di me, è stato un professore incontrato all’Accademia di Belle Arti. Non era neanche un mio docente, però trovavo talmente interessante e stimolante quello che insegnava che spesso mi intrufolavo ‘clandestinamente’ ai suoi corsi. Dentro di me si faceva largo un desiderio: quello di raccontare storie e di parlare dell’adolescente che ero stato. Il mio immaginario iniziava ad allargarsi ed era anche influenzato dall’attualità. Nel 2008 avevo 18 anni e c’era la crisi economica di cui si parlava incessantemente. Visto che sembrava che noi giovani non avessimo un futuro, decisi che avrei sfruttato il mio tempo per fare ciò che amavo fare“.

La tua è una Napoli lontana dal folclore, è una città che dalla sofferenza sprigiona la bellezza. Che luogo è oggi quello in cui vivi?

Napoli oggi vive e si riflette per lo sguardo esotico che i turisti hanno di lei. Se l’immagine della città è in parte cambiata è anche vero che spesso non rappresenta la città reale. Sembra che in questa città si debba sempre fare festa, si debba sempre mangiare. Non è certo un dramma ma di sicuro si sta perdendo quella unicità e quella autenticità culturale che la caratterizza. È come se Napoli stesse diventando sempre di più la città che vogliono e che immaginano gli altri“.

Che atmosfera si respirava sul set? Considerato che siete un gruppo di esordienti, c’è qualche aneddoto che ti va di ricordare?

C’è sempre stato un clima sereno e positivo. Parlavamo tutti la stessa lingua. Personalmente ho vissuto momenti di grande stress e tensione. Ricordo il primo giorno di riprese, sarà stata l’emozione, ma mi sentii talmente male che credevo mi stesse venendo un infarto. Quel giorno pensai: ‘Ecco, stai diventando un adulto’“.

Che progetti ci sono nel futuro di Edgardo Pistone?

Innanzitutto, devo mettermi a scrivere al più presto una nuova sceneggiatura. Oggi ho poco tempo grazie alla promozione del film che mi vede spesso in viaggio. Ho già un progetto sul quale lavorare ed è una storia tratta da un libro scritto da uno dei miei autori napoletani preferiti. Ma non posso anticipare nulla. E poi c’è una vecchia storia che avevo iniziato a scrivere prima di ‘Ciao bambino’ e chissà, magari riuscirò a finirla e trasformarla in film“.

Foto

16 Aprile 2025

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