Le parole del cantautore
Femminicidi, Ermal Meta: “Cosa possiamo fare noi uomini: spaventato dal mostro dentro di noi, un lupo spaventoso”
All'Auditorium Parco della Musica: "Ho una figlia piccola che è la luce dei miei occhi. La mia domanda è: 'Ma io cosa posso insegnare a questa bambina? Siamo capaci di qualsiasi cosa. Ognuno di noi siamo capaci del bene, siamo capaci anche del male"
Cronaca - di Redazione Web

Sta facendo il giro dei social e deik media un intervento di Ermal Meta, cantautore, durante un suo concerto in un tour appena partito nei teatri. “In quanto uomo sono spaventato del mostro che dorme dentro di me. Perché io so che c’è, così come lo sente dentro di sé ogni uomo. Quando io e quella Fondazione di cui faccio fieramente parte, Una Nessuna Centomila ci riuniamo, nei laboratori ci chiediamo sempre ‘Ma noi uomini cosa possiamo fare? Cos’è che possiamo dire noi?’”.
Lo ha detto alla prima tappa del suo tour nei teatri, a Roma, all’Auditorium Parco della Musica. Lo ha detto dopo i casi che hanno sconvolto l’Italia di Sara Campanella e Ilaria Sula, le due ragazze vittime di femminicidio, entrambe uccise la settimana scorsa. Meta è membro del Laboratorio Artistico della Fondazione Una Nessuna Centomila, che sostiene Centri Antiviolenza, che promuove la prevenzione e il contrasto alla violenza sulle donne.
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“Dobbiamo prendere consapevolezza del fatto che dentro di noi c’è un cane che dorme – ha detto Meta – Il più delle volte è un lupo ed è spaventoso. Attraverso l’educazione, attraverso l’amore, attraverso il dialogo il più delle volte, la maggioranza delle volte in verità, riusciamo a tenerlo a bada. Riusciamo a non cedere a quel tipo di istinto, ma c’è. Inutile negarlo, c’è”. Ha parlato anche di victim blaming, vittimizzazione secondaria. “Un’altra cosa che mi spaventa è quando la vittima viene vittimizzata due volte. Quando la colpa è sempre sua. In quale percorso della nostra società si è interrotto qualcosa, dove si è spaccato qualcosa per colpevolizzare chi sta soffrendo? Per addossargli anche questo peso?”.
Cantante, autore, polistrumentista e produttore musicale, nato a Fier, in Albania, nel 1981. A 13 anni si è trasferito a Bari con la madre, il fratello e la sorella. Ha spesso raccontato della sua infanzia difficile a causa di un padre violento. Ha scritto le canzoni Lettera a mio padre e Vietato morire, ispirate da quell’esperienza. “Molti di voi conoscono la mia storia. Io ci sono passato, quando ero piccolo. Però adesso non sono più piccolo, adesso ho una figlia piccola che è la luce dei miei occhi. La mia domanda è: ‘Ma io cosa posso insegnare a questa bambina? Ed è giusto insegnarle di non avere paura? perché a volte la paura è autoconservazione’. Io non ho una risposta a questa domanda, ma secondo me noi tutti insieme ce lo chiediamo forse ad una risposta ci arriviamo, ognuno nel suo piccolo. Di cosa bisognerebbe veramente avere paura? Di se stessi. Perché noi siamo capaci di qualsiasi cosa. Ognuno di noi così come siamo capaci del bene, siamo capaci anche del male”.
“Dobbiamo decidere da quale parte della palizzata vogliamo cadere ogni volta. Cerchiamo di cadere dal lato della gentilezza. Dal lato del non irrimediabile perché si può essere irrimediabili anche a parole, non solo nei gesti. Le cose che più mi ricordo con dolore della mia vita non sono schiaffi, non mi hanno mai lasciato tanti lividi, ma sono le parole che più mi hanno accoltellato, che più mi hanno fatto sanguinare. Partiamo da quelle. A tutti i miei fratelli dico: ‘Tenete gli occhi aperti, un occhio verso di voi e un occhio verso quella donna lì, quella ragazza, quella bambina lì. Perchè tutti insieme possiamo fare rete e la rete è il simbolo del salvataggio”.