A Napoli
Suicida nel carcere di Secondigliano Pietro Ligato, figlio del boss Raffaele: si è soffocato con delle buste di plastica
Arrestato insieme ai fratelli Antonio e Felicia nel 2023, aveva iniziato a collaborare con la giustizia: si è ucciso inalando anidride carbonica. Il papà, capo dell'omonimo sodalizio egemone della provincia di Caserta, è deceduto a Opera nel 2022. Si tratta del 25esimo detenuto che si è tolto la vita quest'anno nei penitenziari italiani
Cronaca - di Andrea Aversa

Un ultimo colloquio con il magistrato Vincenzo Ranieri che stava seguendo il suo percorso di collaborazione con la giustizia. Il giorno dopo Pietro Ligato, 52 anni, è stato trovato senza vita nella sua cella del carcere napoletano di Secondigliano. Secondo le prime ricostruzioni, pare che il detenuto si sia tolto la vita soffocandosi con delle buste di plastica e inalando anidride carbonica. Colui che è stato ritenuto dall’autorità giudiziaria il reggente del clan Ligato – Lubrano, dopo l’arresto e decesso del padre (l’ex boss Raffaele Ligato, che è morto nel carcere milanese di Opera – dove stava scontando l’ergastolo – nel 2022), è di fatto il 25esimo suicidio del 2025 avvenuto nei penitenziari italiani.
Suicida nel carcere di Secondigliano Pietro Ligato, figlio del boss Raffaele: il clan egemone nel Casertano
Pietro Ligato è stato arrestato nel 2023 insieme ai fratelli Antonio e Felicia. Il suo corpo senza vita è stato trovato in cella, ieri, giovedì 3 aprile. La notizia è stata data dal Garante per i diritti dei detenuti della Regione Campania Samuele Ciambriello: “Ogni 3 giorni muore una persona in carcere, non c’è una sola motivazione che porta al suicidio ma ci sono più concause, credo che il gesto di Pietro non sia dato da un’unica causa. Non parliamo di una logica lineare causa-effetto ma di un sistema complesso. I suicidi in carcere sono un tema scabroso e cruciale. Il tema carcere non può essere ristretto a pochi o connotato ideologicamente, ma riportato sull’utilità della pena.
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Chi è Pietro Ligato e come si è tolto la vita: sono 25 i suicidi nelle carceri italiane del 2025
Ci deve essere un’effettiva presa in carico delle persone con professionisti dell’ascolto (assistenti sociali, psicologi, psichiatri), non con soluzioni temporanee e provvisorie. Occorre restringere la platea dei detenuti presenti in carcere per meglio accudirli. Bisogna essere rispettosi di un dolore che prende i familiari e la stessa comunità penitenziaria. Bisogna riconoscere la dignità in quanto persona al di là del reato commesso“. Ciambriello ha specificato che in Campania si sono verificati già 3 suicidi in carcere, di cui 2 a Napoli e 8 tentativi di suicidio solo nel carcere di Poggioreale, ed 1 suicidio nella Rems di San Nicola Baronia (località in provincia di Avellino).