80 anni fa la nascita
I mondi lontanissimi di Franco Battiato, l’astronauta della musica sublime
L’infanzia a Milo, il salto a Milano, le prime esibizioni sotto l’egida del suo mentore Giorgio Gaber. E poi album su album, dal progressive all’inno sacro, in un viaggio che fu continua scoperta e perdizione
Spettacoli - di Graziella Balestrieri

Lascia il mondo e ne sarai signore, esci da te, sarai compagno di Dio. | Dàtti, tu freccia, all’arco del Signore, | che egli ti scocchi rapido al tuo segno. | Cresci, tu grano, e sii campo di spighe, | poi lasciati mietere nel giorno della falce; | fatti nel forno ardente pane al mondo, | lascia lieto la terra e sarai stella (Gialal al-Din Rumi)
Avrebbe compiuto 80 anni il 23 Marzo, Franco Battiato, e forse nella sua vita nuova li ha compiuti di sicuro. Franco Battiato, l’unicità nella e della musica italiana. A pensarci bene, musicalmente, non c’era e non si trova ancora un altro che possa minimamente somigliargli. A partire proprio dagli esordi, da quella che in tanti chiamano sperimentazione, ma che in realtà è il frutto del lavoro di un uomo geniale e che sopra ogni cosa ha coltivato il suo genio con la dedizione al lavoro e la meditazione, lavorando sulla sua vita e osservando quella degli altri e che delle vite, terrene e non, non si è lasciato sfuggire niente, anzi ne ha colto e raccolto tutto, come un contadino che ha atteso per anni vedere il proprio campo carico di frutti, da raccogliere con gioia, sorpresa ed entusiasmo, appunto.
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Eppure a pensarci bene, ancora più di prima, Franco Battiato, ha vissuto in maniera estremamente privata ogni sua forma di sentimento, profondamente legato e “atterrato” ( usiamo questo verbo, perché sì Franco era di un altro pianeta) in quella sua Sicilia, in quella Milo, vicino a quel vulcano per il quale mai si è sentito in pericolo, così profondamente siciliano, Franco, come la forma della sua terra, che abbraccia ogni mare, che è un centro per altri, per quelli che arrivano, che raccoglie gente disperata, che raccoglie culture, che ha visto negli anni e nei secoli ogni forma di cultura, siciliano nell’apertura, ecco, che accoglie anche le tempeste e le barche capovolte, come le anime. Che accoglie l’essere umano, in ogni sua forma. E questa apertura poi è stata la base della sua scrittura e della sua ricerca musicale, verso Oriente, questa la scelta principale, a tratti, quell’Oriente così maltrattato, derubato e offeso, verso quei mondi lontanissimi da cui invece proveniamo.
Dalle origini ripartiamo, appunto; Franco nasce nel comune di Ionia (Giarre-Riposto, poi), da padre camionista e madre sarta. Finito il Liceo e dopo la morte del padre, Franco nel 1964, si trasferisce a Roma per poi stabilirsi a Milano… «Milano allora era una città di nebbia, e mi sono trovato benissimo. Mettevo a frutto la mia poca conoscenza della chitarra in un cabaret, il “Club 64”, dove c’erano Paolo Poli, Enzo Jannacci, Lino Toffolo, Renato Pozzetto e Bruno Lauzi. Io aprivo lo spettacolo con due o tre canzoni siciliane: musica pseudo-barocca, finto etnica. Nel pubblico c’era Giorgio Gaber che mi disse: “Vienimi a trovare”. Il giorno dopo andai. Diventammo amici». Ed è proprio Giorgio Gaber a fargli ottenere il primo contratto discografico con la Jolly e il primo singolo ufficialmente è La torre. A questo seguirà nello stesso anno Il mondo va così/Triste come me. Con il brano La torre , Battiato appare per la prima volta in tv, nel programma intitolato Diamoci del tu, condotto da Giorgio Gaber in coppia con Caterina Caselli.
Nel corso della puntata si esibisce un altro giovane cantautore ancora sconosciuto: Francesco Guccini. E in questa occasione che Giorgio Gaber propone a Battiato di utilizzare il nome Franco anziché Francesco, proprio per non confondersi con Guccini «Da quel giorno in poi tutti mi chiamarono Franco – ricorderà il musicista – persino mia madre». Si scrive e si dice di Franco Battiato che negli anni sia passato dal rock progressive, all’avanguardia, al rock, al pop, al cantautorato, al mistico. Ma voi ne siete così sicuri che Franco Battiato abbia fatto tutti questi passaggi e che sia così catalogabile? Siamo davvero sicuri di aver capito davvero quale fosse il messaggio di un uomo che da Milo parlava di Sufismo, che cantava di “dervisches tourners” che girano, di un uomo che scrive che “A Vivaldi preferisco l’uva passa che mi dà più calorie”, ad un uomo che nelle intervista sembrava rispondere con concetti talmente assurdi e lontani da sembrare quasi finto a tratti, perché le cose che non capiamo, che non concepiamo, che non conosciamo, che non abbiamo studiato, le cose di cui non abbiamo mai avuto premura di capire, quelle che ci appaiono diverse, in fondo poi ci sembrano assurde.
Sembrava così Franco Battiato, che parlava di ricerca, di “Altre Vite”, di anime, che passeggiando sulla Prospettiva Nevskij incontrava per caso Igor Stravinsky, e chi di voi/noi sapeva cosa fosse questa Prospettiva Nevskij prima di Battiato? Siamo sinceri. Alzi la mano chi, andando a Berlino, nel bel mezzo di Alexander Platz non si è messo a cantare “Alexander Platz, Auf Wiedersehen…hai le borse sotto agli occhi, come ti trovi a Berlino Est?” Chi di voi andando a Berlino non ha pensato a Battiato? Eppure, è un’associazione che sembra fuori dal mondo, fuori dal comune…cosa c’entra la Sicilia calda e assolata che si nutre di mare e sale, con la Germania, quella delle palazzine grigie e altissime dell’Est, di quella Berlino Est, che ancora oggi ha nel freddo e nel gelo quel tratto storico e che si specchia in un McDonald davanti al Check Point Charlie? Vedete; la grandezza straordinaria e insieme la bellezza di Franco Battiato è stata proprio diventare le sue storie, è stata saperle raccontare in maniera talmente originale, talmente colta, talmente alta, da renderle vive, impresse e nella sua grandezza e nella sua umiltà ha dato a noi comuni mortali la possibilità di vivere attraverso il suo pensiero, tante vite in tanti luoghi diversi, da un capo all’altro del mondo, dalla Piazza Rossa ad Alexander Platz, da Atlantide a Istanbul, dall’Etna all’Irlanda del Nord, dai danzatori bulgari ai Balcani, dagli sciamani fino alle balere estive e la Bassa Padana tanto cara ai leghisti.
Dunque, torniamo di nuovo a noi, alla terra, alle cose terrene. Torniamo agli anni, quelli del 1971, dove Battiato esce con Fetus, che trae ispirazione dal libro fantascientifico Il mondo nuovo di Aldous Huxley , poi nel 1973 Pollution, e ancora 1973 Sulle corde di Aries, 1974 – Clic, 1975 – M.elle le “Gladiator”, 1977 – Battiato, 1978 Juke Box , 1978 – L’Egitto prima delle sabbie 1979 – L’era del cinghiale bianco 1980 – Patriots 1981 – La voce del padrone 1982 – L’arca di Noè 1983 – Orizzonti perduti 1985 – Mondi lontanissimi , 1988 – Fisiognomica , 1991 – Come un cammello in una grondaia , 1993 – Caffè de la Paix , 1995 – L’ombrello e la macchina da cucire 1996 – L’imboscata , 1998 – Gommalacca , 1999 – Fleurs (cover + inediti) , 2000 – Campi magnetici , 2001 – Ferro battuto , 2002 – Fleurs 3, 2004 – Dieci stratagemmi , 2007 – Il vuoto (Universal Music), 2008 – Fleurs 2 , 2009 – Inneres Auge , 2012 – Apriti sesamo, 2014 – Joe Patti’s experimental group , 2019 – Torneremo ancora (con la Royal Philharmonic Orchestra).
È stato pittore, regista, è stato tante cose e tutte insieme a volte. A volte trascinato per le parole in politica, a volte criticato per le sue scelte di libertà, a volta spintonato a destra, a volte volontariamente a sinistra, operaio nella musica. Ma Battiato non ha mai avuto la spocchia dell’intellettuale o del cantautore di certi ambienti di sinistra, non è mai stato un saccente e superbo come molti registi di sinistra, non si sentiva superiore, Battiato era un uomo colto, curioso della vita, studioso delle altre vite, passate e future. Per questo quando hanno cercato di buttarlo nella becera polemica politica, lui ha risposto «Non sono né di destra né di sinistra, sto in alto. E sono per l’essere umano e per gli esseri umani. Che mi piacciono, attenzione».
Scegliere, la libertà di poter scegliere, a pochi è permesso, a Battiato è stato concesso. È vero che Franco Battiato è morto, che era malato, e che della sua malattia forse non ne conoscesse le radici, che forse non ricordasse più niente di quello che era stato, che forse non ricordasse niente dell’altra vita, in fondo però “niente è come sembra, niente è come appare, perché niente è reale”. Dunque, Franco Battiato ha festeggiato il 23 marzo il suo ottantesimo, forse circondato da balinesi nei giorni di festa, oppure seduto comodamente al Cafè de la Paix, discutendo con Igor Stravinsky della magnifica banalità del festival di Sanremo.